Scor-data: 5 giugno 1646

Nasce Elena Lucrezio Cornario Piscopia, la prima donna laureata
di Fabrizio Melodia (*)
Venezia, anche in piena decadenza – a causa dapprima della scoperta del continente americano nel 1492 e poi dopo la vittoriosa ma durissima vittoria nella battaglia di Lepanto per il predominio del Mediterraneo – era un ricovero per tutti coloro che volevano trovare pace e una possibilità di riscatto.
Fu culla della scienza e della filosofia, visto che il Braccio Secolare dell’Inquisizione non poteva agire sul suolo lagunare per precedenti e ferrei accordi con il Dogado. E fu anche culla del piacere e degli scambi: oltre al fiorente commercio, la città offriva una vasta scelta di case da gioco e di prostituzione, arte quest’ultima regolarmente tassata e regolamentata, definita non a caso l’ «honorato mestiere».
Venezia fu anche un porto franco per molte diverse culture e minoranze etniche, purché convivessero in pace e cercassero di sovvertire lo status quo.
Ma – e questo purtroppo è spesso dimenticato – fu la città natale della prima donna laureata, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, nata il 5 giugno del 1646, in un periodo appunto in cui la Serenissima mostrava gli ultimi vagiti di forza prima del settecentesco periodo di austerità e dell’avvento dell’Illuminismo con i suoi moti rivoluzionari.
Elena Lucrezia fu la quinta dei sette figli di Giovan Battista Cornaro e di Zanetta Boni. Il padre, appartenente a una delle più importanti famiglie veneziane, ebbe con Zanetta, donna di umilissime origini, una lunga relazione durante la quale nacquero tutti i loro figli: sempre legittimati alla nascita, ma la coppia si sposò soltanto nel 1654.
A causa delle origini non nobili della madre Zanetta, i figli maschi furono esclusi dai pubblici uffici fino a quando il padre non ottenne la legittimazione “nobiliare” sborsando la considerevole cifra di 105.000 ducati.
Elena Lucrezia si mise in luce per le sue indubbie qualità intellettuali oltre che – così i testi dell’epoca – «per la modestia e l’educazione».
Il padre volle impartirle un’istruzione di prim’ordine, essendo un evento raro che una donna all’epoca eccellesse negli studi come la figlia, mirando probabilmente a dar lustro e vanto al prestigio familiare durante le varie occasioni di mondanità, espediente che gli avrebbe permesso un’ulteriore legittimazione.
Dal canto suo, Elena Lucrezia Cornaro non era particolarmente interessata a essere usata come un bel gioiello dalla stupefacente erudizione da sfoggiare nei salotti buoni della Repubblica Serenissima ma comprese bene la posizione e i problemi di suo padre, di certo non volle deluderlo.
Alla fine arrivò a un compromesso, diventando un’oblata benedettina. Avrebbe osservato in questo modo le regole dell’Ordine ma senza la reclusione monastica, avendo in questo modo la possibilità di essere libera nei movimenti e nel proseguire i propri studi con mezzi adeguati.
Il padre non le fece mancare i migliori docenti: suoi insegnanti di greco antico furono, fino al 1668, Giovan Battista Fabris, parroco della chiesa di San Luca, e poi Alvise Gradenigo, bibliotecario della Marciana, mentre Giovanni Valier,canonico di San Marco le diede lezioni di latino. Forse fu il gesuita Carlo Maurizio Vota a darle nozioni di scienze e Carlo Rinaldini, cattedratico a Pisa e poi a Padova, la istruì nella filosofia. Elena Lucrezia apprese anche l’ebraico e lo spagnolo dal rabbino Shemel Aboaf e la teologia da Felice Rotondi.
Lei apprendeva «con una velocità e una vivacità straordinaria», tanto da essere poi accolta nel 1669 nell’Accademia dei Ricoverati di Padova, e successivamente nell’Accademia degli Infecondi di Roma, nell’Accademia degli Intronati di Siena, negli Erranti di Brescia, e in quelle dei Dodonei e dei Pacifici di Venezia. Certo che queste accademie avevano nomi buffi… almeno per il linguaggio di oggi.
Elena Lucrezia Cornaro Piscopia si conquistò onori e meriti, primeggiando sui più blasonati colleghi maschi e distinguendosi in varie discipline fra cui geometria, medicina, teologia e filosofia, materia quest’ultima in cui eccelleva.
Dopo non molto tempo la sua fama percorse le distanze, tutti parlavano della straordinaria nobildonna veneziana di grande acume e vasta erudizione, a tal punto da valicare i confini della Serenissima e arrivare all’orecchio del cardinale Federico d’Assia-Darmstadt, che volle consultarla nel 1670 su problemi di geometri solida. La sua fama arrivò anche a Ginevra, da dove Louise de Frotté (nipote del celebre medico Théodore de Mayerne) persuase nel 1675 Gregorio Leti a inserire la Cornaro nella sua raccolta di biografie di personaggi celebri. Inoltre, nel 1677, il cardinale Emanuele de Bouillon fece «esaminare» Elena Lucrezia dai due eruditi Charles Cato de Court e Ludovic Espinay de Saint-Luc, che ne rimasero «profondamente sbigottiti».
Dopo che Elena ebbe tenuto a Venezia una pubblica disputa di filosofia in lingua greca e latina, il padre Giovan Battista chiese che lo Studio di Padova assegnasse alla figlia la laurea in teologia ma si oppose il vescovo di Padova, il cardinale Gregorio Barbarigo, la cui autorizzazione, in qualità di cancelliere dell’Università, era vincolante. Fu così che il padre di Elena Lucrezia trovò un modo «per evitare alla celebre università di rendersi ridicola davanti al mondo intero nominando dottore una femmina» come scrisse il Barbarigo e fece laureare Elena Lucrezia in filosofia, il 25 giugno 1678. In quanto donna non poté esercitare l’insegnamento ma almeno il ghiaccio era stato rotto .. anche se purtroppo i risultati durano solo poco tempo.
Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, già malata da molto tempo, morì a Padova il 26 luglio 1684, appena trentottenne, lasciando come ultime disposizioni di distruggere tutte le sue carte e appunti. Sopravvisse infatti solo l’unica sua opera pubblicata in vita, nel 1669, una traduzione dallo spagnolo di un opuscolo spirituale di Giovanni Lanspergio, «Colloquio di Cristo all’anima devota».
Ancora oggi il suo esempio viene ricordato da una targa apposta all’edificio di Cà Farsetti, sede del municipio di Venezia, e da due statue che si possono ammirare a Padova, alla sede universitaria del Palazzo del Bo e alla chiesa di Sant’Antonio.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 5 giugno avevo, fra l’altro, ipotizzato: 1316: muore Luigi X; 1536: l’Inquisizione sbarca nelle Americhe; 1783: primo volo dei fratelli Montgolfier; 1900: nasce Dennis Gabor, ideatore olografia; 1905: denunce contro i massacri in Congo; 1906: la camorra alla sbarra; 1937: secondo «Civiltà cattolica» è bene segregare gli ebrei; 1945: fucilato il torturatore Pietro Koch; 1952: nasce Dino Frisullo; 1967: guerra dei 6 giorni; 1972: prima conferenza Onu sull’ambiente; 1981: primo allarme sull’Aids; 1983: muore Keynes; 2003: muore Dino Frisullo. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi, come oggi: magari solo una citazione, un disegno o una foto. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

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