Scor-data: 7 luglio 1912

Wa Tho Huch, forse il più grande atleta di sempre

di d. b. (*)  

Ogni anno ci spero. Che qualche giornalista italiano. meglio se sportivo, si ricordi di raccontare la storia di Wa Tho Huch cioè Sentiero lucente. Era noto anche come Jim Thorpe ma temo che, con qualunque di questi nomi, poche persone – anche fra chi si appassiona di sport – sappiano di chi sto parlando. Peccato.

Il suo gran giorno fu il 7 luglio 1912quando vinse due medaglie ai giochi olimpici di Stoccolma. Probabilmente è stato il più grande atleta, il più completo dell’era moderna. E’ difficile far paragoni fra sport diversi, con differenti regimi alimentari, tecniche, medicine (non parlo di doping), allenamenti eccetera; per questo uso «probabilmente».

In ogni caso la storia di questo grandissimo atleta venne macchiata di inganni e razzismo. Gli tolsero le medaglie olimpiche. La sua vera colpa? Era un pellerossa.

Solo nel 1982 il Cio (ovvero il Comitato internazionale olimpico) revocò la squalifica «per professionismo» a Jim Thorpe, il pellerossa della nazione Algonquin che trionfò alle Olimpiadi di Stoccolma nel 1912. L’allora sconosciuto Thorpe gareggiò nel pentathlon (una gara eliminata per i maschi nelle successive Olimpiadi) e vinse con risultati straordinari per l’epoca: 7,07 nel lungo; 46,41 col giavellotto; 33,57 con il disco; 4’44”8 sui 1500 metri e 22’09 sui 200 metri. Già che c’era Thorpe partecipò anche alle gare del salto in alto e lungo dove arrivò solamente – forse sentite l’ironia – quarto e settimo rispettivamente. Ma il successo più clamoroso lo ottenne nel decathlon e in almeno 4 gare (su 10) fece registrare risultati che lo avrebbero portato a vincere medaglie anche in quelle specialità individuali se avesse partecipato alle finali. Retorica vuole che, nel dargli la medaglia d’oro, re Gustavo di Svezia abbia detto: «signore, lei è il più grande atleta del mondo».

All’inizio del 1913 però un giornalista statunitense (già noto per essere un razzista, come d’altronde quasi tutti negli Usa di allora) vide una fotografia di Wa-Tho-Huch in tenuta da football. In cerca di uno scandalo indagò e scoprì che nel 1909 Thorpe aveva giocato sia a baseball che a football per qualche decina di dollari al mese. La federazione Usa di atletica leggera lo squalificò a vita. Fu costretto a restituire le medaglie e il suo nome venne cancellato dall’elenco dei vincitori olimpici.

La “faccia pulita” dello sport (che ci sia tutti lo dicono, dove sia nessun lo sa) avrebbe voluto che a quel tempo tutti fossero molto dispiaciuti per Thorpe. La verità è ben diversa. In primo luogo, nessuno mosse un dito per difendere il pellerossa, nonostante episodi di “professionismo” (più o meno mascherato) fossero già allora tollerati. In secondo luogo, il clima olimpico era ben diverso da quell’ideale di “fratellanza” attribuito a De Coubertin e soci: soprattutto non piacquero le vittorie di neri, indiani e di un hawaiano contro i bianchi; al punto che gli Usa ritirarono dalla finale dei 100 metri di Stoccolma il più veloce, un afro-americano, per far vincere il connazionale con la pelle assai più chiara.

Contro quella ingiustizia Wa-Tho-Huch protestò. Da solo. Inutilmente. Il resto della storia è ovvio. Cominciò a bere. Nel 1952 finì all’ospedale dei poveri di Filadelfia e il 23 marzo venne trovato morto in una vecchia roulotte. L’anno prima il regista Michael Curtiz aveva realizzato su di lui il film «Jim ThorpeAll-American» (ma il titolo italiano fu nientemeno che «Pelle di rame») con Burt Lancaster.

Chi nel novembre 1969 avesse sfogliato con attenzione i giornali statunitensi avrebbe trovato questa piccola notizia: «Grace Thorpe, figlia di Jim, fa parte del primo gruppo di pellerossa che occupa l’isola di Alcatraz, al largo di San Francisco. Chiedono il rispetto dei Trattati firmati dal governo con le tribù indigene». Sull’isola si radunarono più di 600 nativi americani, in rappresentanza di oltre 50 tribù. Il Red Power Movement reclamò i propri diritti sull’isola. Gli occupanti intendevano trasformare Alcatraz in un centro studi sui popoli indigeni: offrirono lo stesso prezzo pagato ai nativi per l’isola di Manhattan, 300 anni prima: 24 dollari in perline di vetro. Alla fine le truppe federali cacciarono le «ombre rosse» ma la lotta non è finita.

 

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”. Ma qualche volta ci sono argomrenti più leggeri che… ogni tanto sorridere non fa male.

Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 7 luglio fra l’altro avevo ipotizzato:1647: rivolta di Masaniello; 1905: nasce l’ Iww; 1937: Cina invasa da giapponesi; 1944: le donne di Carrara insorgono disarmate; 1960: i morti di Reggio Emilia. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

 

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