Scor-data: 9 maggio 1965

Muore Ernesto de Martino
di Remo Agnoletto (*)

Ernesto de Martino era nato a Napoli il 1° dicembre 1908, si laureò nel 1932 con una tesi in storia delle religioni che lo introdusse nella cerchia di Benedetto Croce. Il suo primo libro, «Naturalismo e storicismo nell’etnologia» (1941), segnò l’inizio di una laboriosa e metodica riflessione critica nel campo delle teorie etnologiche dominanti in ambito internazionale. Il contatto con Raffaele Pettazzoni – che a cominciare dal 1934 ne pubblicava vari contributi nella rivista da lui fondata e diretta, «Studi e Materiali di Storia delle religioni» – maturò e orientò sempre più gli interessi di De Martino verso l’etnologia religiosa e la storia delle religioni.
A questa prima fase di ricerche appartengono vari contributi che rivelano precisi interessi per la metapsichica, il magismo e i fenomeni sciamanici. In questo senso si dimostrava pionieristicamente avviato ad affrontare temi che avrebbero sollecitato crescenti contatti e rapporti con l’etnologia, così da sviluppare una nuova branca autonoma, nell’ambito delle discipline psichiatriche.
Una svolta decisiva fu la sua esperienza di militante nei partiti della sinistra. Dal 1945 come segretario di federazione del Partito socialista (prima Psiup poi Psi), nell’Italia meridionale: a Bari, Molfetta, poi Lecce. Dal 1950 nel Partito Comunista Italiano.
Il contatto diretto con i contadini del Sud, e con i problemi del Meridione, impresse un marchio originale sulla personalità dello studioso, che in quell’esperienza ricevette lo stimolo a muoversi verso un’etnologia o antropologia fatta di ricerche sul terreno. Da allora fu spinto ad assumere come problema centrale della propria ricerca l’analisi del folklore religioso nella cultura contadina del Sud. Oltre che dall’esperienza della militanza politica, De Martino fu indotto a questa scelta anche dalla convergenza di alcuni altri fattori o eventi: in particolare l’uscita di «Cristo si è fermato a Eboli» di Carlo Levi nel 1945 e il conseguente incontro con Levi; la frequentazione con Rocco Scotellaro, poeta-contadino lucano, e infine l’uscita dei «Quaderni del carcere» di Antonio Gramsci nel 1948.
Le origini, il significato, il persistere di credenze e pratiche magico-religiose arcaiche fra i ceti rurali del Sud sono studiati da De Martino nel contesto di una storia sociale che ne costituisce la base determinante. In particolare oggetto della sua investigazione furono: il complesso mitico-rituale della fascinazione in Lucania («Sud e magia», 1959); le persistenze del pianto funebre in Lucania («Morte e pianto rituale nel mondo antico», 1958); il tarantismo del Salento («La terra del rimorso», 1961).
La miseria culturale – afferma De Martino – è lo specchio di una miseria psicologica determinata a sua volta da condizioni storico-sociali imposte all’intero Mezzogiorno da un regime di subalternità plurisecolare e che pure in epoca contemporanea in certa misura persiste o fa pesare le sue conseguenze a lungo termine: il folklore religioso appare dunque come il riflesso della “non storia” del Sud, e cioè della continua repressione subita.
Particolare importanza innovativa assume l’indagine interdisciplinare che De Martino adottò soprattutto nello studio del tarantismo pugliese: riunendo in equipe uno psichiatra e una psicologa oltre allo storico delle religioni, all’antropologa culturale, all’etnomusicologo e al documentarista cinematografico.
Divenne professore di ruolo di Storia delle Religioni nella facoltà di Lettere di Cagliari dal dicembre 1959: al periodo meridionalista seguirono approfondimenti e sviluppi problematici. Da un lato scoprì e pose in questione una serie di manifestazioni religiose o para-religiose di tipo extraufficiale nel cuore della società borghese occidentale: rigurgiti di magismo in Germania, feste carnevalesche a carattere orgiastico-contestativo nella Svezia di fine anni ‘50, insieme con altre manifestazioni rituali d’ambito ufficiale nella società socialista dell’Urss come il simbolismo cerimoniale sovietico.
Raccolse materiale non solo dal campo della storia religiosa in un’accezione ampia che include accanto al giudeo-cristianesimo anche le religioni “primitive”, ma anche dalla letteratura moderna della crisi (Sartre, Moravia, Camus), dalla filosofia e dai teorici del marxismo classico, dalla psichiatria.
Anche nell’ultimo e incompiuto lavoro si rivelavano la ricchezza e la densità di riflessione. De Martino parte da esperienze dell’oggi e del qui, da problemi, situazioni, crisi incombenti nella civiltà contemporanea, per risalire all’osservazione e all’analisi di mondi “altri” in senso psicologico, ovvero in senso storico cronologico e storico-culturale.
Non aveva perduto occasione per esprimere un proprio “senso di colpa” di fronte alla miseria culturale e psicologica delle plebi meridionali: sensi di colpa che intorno a quella stessa epoca ispiravano pagine e riflessioni di un altro illustre esponente del pensiero antropologico in Europa, Claude Lèvi-Strauss.
Nello sviluppare la sua tesi sull’etnocentrismo, De Martino rifiutò ogni forma di etnocentrismo dogmatico, con i suoi corollari di razzismo e pregiudizio sociale. Tuttavia respinse altrettanto decisamente la prospettiva del relativismo culturale d’origine statunitense, per il quale ciascuna “cultura” vale per se stessa né deve essere valutata dall’esterno se non in riferimento ai parametri validi per i suoi diretti esponenti.
De Martino affermava e proponeva la validità di una posizione che egli stesso aveva assunto nel confronto della cultura contadina meridionale nel corso delle sue precedenti indagini e da lui definita da lui “etnocentrismo critico”. Da intendersi come sforzo supremo di allargamento della propria coscienza di fronte a ogni cultura “altra”, e come sofferto processo di presa di coscienza critica dei limiti della propria storia culturale, sociale, politica.
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 9 maggio avevo, fra l’altro, queste ipotesi: 1206: Gengis diventa Khan; 1850: muore Lussac; 1904: muore Stanley, un tipaccio; 1904: nasce Bateson; 1907: processo a Big Bill Haywood; 1921: nasce Sophie Scholl; 1933: cominciano i delitti di Alleghe; 1943: bombe “amiche” su Palermo; 1945: i sovietici a Terezin; 1960: la pillola; 1976: muore Ulrike Mainhof; 1985: il Vaticano contro Boff; 1993: voto libero in Paraguay; 1997: uccisa Marta Russo. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

Remo Agnoletto

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