Scor-date: 3, 4 e 5 ottobre

Kos: vicende del tutto ignote, dal 3 ottobre 1943

Le truppe tedesche sbarcano a Kos, isola del Dodecanneso, occupata da 4mila soldati italiani e 1500 britannici. E’ il 3 ottobre 1943 e sta per iniziare il massacro. Una delle tanti stragi da dimenticare per certo nazionalismo ital-fascistoide e dunque, nonostante la democrazia, destinata a finire nell’«armadio della vergogna». Grazie a Isabella Insolvibile ora possiamo conoscere tutta la storia (dunque anche il prima e il dopo). Il suo libro è uscito un anno fa – da Edizioni Scientifiche Italiane (300 pagine, con molte preziose fotografie, per 27 euri) con una bella prefazione di Paolo De Marco – e si intitola «Kos 1943-1948: la strage, la storia». Non ha avuto, né poteva avere, il successo di Giampaolo Pansa perché nessuno dei sedicenti grandi media informa sull’uscita di queste pubblicazioni. Il motivo? E’ semplice: quanto più l’Italia si incanaglisce e tanto più tutto ciò che ricorda le pagine coraggiose e importanti della nostra storia (come l’antifascismo, compreso quello di non pochi militari) è un tabù quasi assoluto.

Scrive nella prefazione De Marco che «le dolorose vicende dei militari italiani di stanza a Kos» dopo l’8 settembre ’43 sono «del tutto ignote agli italiani». Eppure…. «a Kos, come nei casi più noti di Porta Pia e di Cefalonia si registrò uno dei primi episodi di resistenza militare ai tedeschi» e come a Cefalonia i militari italiani furono esposti (se pure con un massacro di minori dimensioni) alla rappresaglia tedesca. Furono trattati secondo “le regole di guerra” – con tutta l’ambiguità che questa espressione comporta – i prigionieri inglesi ma gli italiani furono massacrati perché erano “traditori”. Ma anche per greci, turchi e soprattutto ebrei (praticamente tutti sterminati nei lager) dell’isola si aprirono le porte del terrore.

Dopo l’8 settembre – esattamente il 13 – arrivano a Kos truppe inglesi: 1473 militari che si aggiungono ai circa 4mila italiani. In vista di un ovvio attacco tedesco ci si adagia sulla superiorità navale inglese. E invece, all’alba del 3 ottobre, i soldati nazisti attaccano dal mare, senza fuoco di copertura e convinti – loro stessi lo dichiarano – di andare verso un disastro. Un misto di presunzione e disorganizzazione nei comandi anglo-italiani li favorisce e nel giro di due giorni non più di mille tedeschi hanno ragione di circa 5.500 avversari, «facendo prigionieri 3145 italiani e 1338 britannici». Sono certamente 96 – forse di più – gli ufficiali italiani «passati per le armi»: oggi, grazie alla minuziosa documentazione raccolta da Isabella Insolvibile, siamo certi dei loro nomi. O meglio: «39 sono identificati con assoluta certezza e 2 con qualche dubbio».

Dobbiamo a Isabella Insolvibile anche la ricostruzione di vicende personali ma con carattere quasi esemplare. Vi furono italiani che subito passarono con i tedeschi: come il capitano Camillo Nasca, «così zelante nei confronti dei tedeschi da opporsi personalmente al recupero delle salme degli ufficiali tedeschi fucilati». Ma vi furono anche quelli che coraggiosamente si batterono fino all’ultimo, come il tenente Franco Di Giovanni, «l’indiscusso eroe di Kos» al quale la squallida Italia degli «armadi della vergogna» non dedicò neanche una onorificenza.

Ed è la memoria mutilata il tema che attraversa la seconda parte del libro.

Un ottimo lavoro, veramente da studiare e meditare. Aggiungo solo che l’Italia dei berluscones (e di chi li lascia fare) ha paura anche del passato e preferisce non avere pietre di paragone; se mi è concesso adattare all’oggi un vecchio modo di dire «Franza o Pansa basta che qua se magna».

4 ottobre: Violeta, grazie alla vita nonostante tutto

Poco dopo aver inciso «Gracias a la vida», che diverrà un inno internazionale alla gioia del vivere, in 100 lingue e 100 versioni, si uccide nel 1967. Uno strano destino.

Violeta Parra era nata in Cile il 4 ottobre 1917 e da sempre aveva lottato contro la depressione e un duro vivere (nonostante la popolarità) per una donna povera, dagli amori difficili e sospetta di comunismo.

Poetessa, pittrice, cantante. Sempre impegnata nel sociale. Cercò, rielaborò e rese celebre la musica popolare cilena: «Il mio lavoro consiste nel raccogliere le canzoni del mio Paese e nel farle conoscere lontano dal luogo in cui sono state trovate». Quelle scritte da lei diventano la voce dei popoli in lotta. Senza giri di parole: «Levo un clamore […] il Cile confina col centro dell’ingiustizia». Oppure: «Guarda come sorridono / i presidenti / quando fanno promesse / agli innocenti […] Guarda come puntano / i loro fucili / per rubare al povero / il suo pezzo di pane». In «Mi piacciono gli studenti» fa la seria e gioca: «Viva gli studenti […] che ruggiscono come il vento / quando si avvicinano tonache o reggimenti […] Caramba y zamba la cosa / vita tutta la scienza […] Caramba y zamba la cosa / i libri che spiegan la verità». Una delle sue canzoni più famose si intitola: «Ci vuole un guerrigliero». Fu durissima con i silenzi della Chiesa: «Che dirà il santo padre / che vive a Roma / che gli stanno sgozzando/ le sue colombe?» è il ritornello che rivolge 5 volte: «Guarda come ci parlano del Paradiso / mentre piovono pallottole come la grandine». Versi che, almeno in America latina, non sono stati dimenticati.

C’è anche la Violeta innamorata, delusa. Per questo la rappresentano canzoni che sembrano opposte ma in realtà la racchiudono.

Queste due, fra le tante. «Lasciai un occhio nei laghi […] Ricordo tutte le stragi / che vidi sin dall’infanzia / miserie e cattiverie / si intrecciano nei miei pensieri […] Un piede mi si è impigliato […] Lasciai i miei nervi a Graneros / il sangue a San Sebastian » canta in «Exilada del Sur» che finisce: «Han visto Violeta Parra / senza corde alla chitarra / e l’albero senza foglie». E «Gracias a la vida» (nelle sue ultime incisioni) dove spiega che con gli occhi aperti «distingue perfettamente il nero dal bianco», il giusto e l’ingiusto… e, in mezzo agli altri, può vedere «l’uomo che amo».

Violeta grazie per averci parlato così: «Non prendo la chitarra / per ottenere un applauso / io canto la differenza / che c’è tra il vero e il falso / Altrimenti non canto».

E grazie alla vita che ci ha dato Violeta.

Dal 5 ottobre (69) “qualcosa di completamente diverso”

Quant’era seria (spesso noiosa) la Bbc prima che, al grido di «E ora qualcosa di completamente diverso» il 5 ottobre 1969 arrivasse il «Flying Circus» dei Monty Python, 6 pazzi totali venuti da Cambridge (ma uno, Terry Gilliam, è yankee). Son tornati i fratelli Marx ma stavolta più cattivi.

Nel mirino le chiese, il sesso algido, la classe media imbalsamata, la sacra City e le banche, il buon gusto, la morte, l’Impero, la serietà. Pirati che attaccano armati di nonsense assoluto: 45 episodi che sconvolsero la tv. Poi tour, film, album, libri. I comici più cattivi son tutti figli (rare le figlie ma ce n’è) dei Pytoni.

Fuori i nomi: Graham Chapman, John Cleese, Terry Gilliam, Eric Idle, Terry Jones e Michael Palin.

Se qualcuna/o non li conosce… in rete o in dvd molto si può recuperare. Meglio se in lingua originale anche perché certi doppiaggi gridano vendetta. Il migliore dei critici cinematografici italiani, cioè Morando Morandini (non il mummificato Paolo Mereghetti) ricorda a proposito di «Brian di Nazareth» – un conterraneo di Gesù, confuso con lui – che i Pytoni considerarono il loro più grande successo aver fatto «arrabbiare cattolici, ebrei, protestanti, buddisti». Ma anche la presa per il culo in quel film dei gruppi rivoluzionari ultra-ortodossi e iper-frazionati guarda più all’oggi che all’anno 33 o giù di lì. Il film uscì nel 1979 ma in un Paese periferico (indovinate quale?) del pianeta e colonizzato da una potente Chiesa (ci siete?) circolò solo dal 1991.

La loro intera produzione è vivamente sconsigliabile a persone che si considerano perbene ma anche a chi è oggettivamente debole di stomaco. Un famoso sketch in «Il senso della vita» è l’apoteosi del vomito in senso letterale.

Molte informazioni sui Pytoni ovviamente sono su Wikipedia che, a proposito, oggi nella sua prima pagina protesta contro la censura: ma «la prima pagina» in che lingua, di che Paese? Lo stesso che per 11 anni bloccò «Brian di Nazareth», un posto dove il grido più amato nei mass media suona così: «e ora qualcosa di perennemente uguale».

UNA PICCOLA NOTA

Care e cari, da quando è nato Il Dirigibile (www.ildirigibile.eu) mi impegno – non da solo però – in una rubrica quotidiana (salvo sabato e domenica) di scor-date. Ecco alcune delle mie … se ve le siete perse lì. (db)

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

  • Grazie per queste informazioni!

  • scrivere molto (e quando si è stanchi) significa che dopo aver controllato 5 volte una data… sbagli a scriverla oppure che rileggendo non ti accorgi degli errori.
    Mi segnalano questa frase nella “scor-data” su KOS:
    così zelante nei confronti dei tedeschi da opporsi personalmente al recupero delle salme degli ufficiali tedeschi fucilati
    e mi chiedono se si riferisce agli ufficiali italiani
    sì, è il classico errore da stanchezza
    grazie a chi mi ha avvisato e ripeto all’invito di segnalarmi errori (ma anche di inviarmi critiche o suggerimenti o… le vostre “scor-date”)
    db
    PS: beh almeno per Wikipedia (citata in coda ai Pytoni) il bavaglio si è allentato, vedremo se è un bluff

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