Scrittore e assassino – Ahmet Altan

(letto da Francesco Masala)

traduzione di Barbara La Rosa Salim, il libro è pubblicato in Italia dalla casa editrice E/O

 

In quell’immenso carcere che è la Turchia di questi anni è rinchiuso, fra gli innumerevoli, anche Ahmet Altan; fa parte di una generazione di intellettuali che osano criticare il potere.

Ricordo che la civilissima Europa (noi compresi) è complice di questo stato di cose, paga per non vedere, per non sentire, per non far parlare. Quelli che in Europa sono diritti inalienabili, altrove, come in Gran Bretagna, per Julian Assange, in Turchia, per milioni di persone, in Israele e nei Territori Occupati e a Gaza, per milioni di palestinesi vittime di apartheid, nell’Egitto dei militari, per coloro i quali marciscono torturati nelle galere, insomma per tutti quanti vivono fuori dall’Europa la nostra vita è un sogno.

A quei pazzi di migranti che rischiano l’ultima goccia del loro sangue per fuggire dall’inferno di tutti i giorni, nei loro paesi, per raggiungere l’Europa (che non sarà il paradiso, ma qualsiasi purgatorio, pensano, sarà sempre meglio dell’inferno), l’Europa ha chiuso le porte, è diventata un’immensa ZTL.

Scrittore e assassino racconta di uno scrittore che si autoesilia per cambiare vita, per ritrovare l’ispirazione, per scrivere. Arriva in una cittadina contesa da diversi clan, in una lotta prima psicologica, poi con qualche atto di forza, per finire in una carneficina; lui è benvoluto, è un intellettuale e uno scrittore, utile per tutti, per scrivere documenti e per farsi vedere in giro con qualcuno migliore di loro. Lo scrittore ha anche delle storie d’amore, pericolose, in quel posto, e si confronta con Dio, entrambi dei creatori, ciascuno a suo modo.

Non dico altro, scopritelo da soli, è un libro potente, lungo e ogni pagina è necessaria e vedrete che si tratta di uno scrittore davvero straordinario.

Intanto, se volete, potete firmare QUI un appello di Amnesty per la sua scarcerazione.

da qui

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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