Scuola: quel poco che io so…

… e il molto che Bagnasco non sa

di Daniela Pia

DanielaPia-BAGN

Amo, non senza sudore, lavorare nella fatica delle mie classi così eterogenee. La donna che sono, l’insegnante che sono diventata, è frutto della molteplicità delle situazioni che la scuola pubblica mi ha messo innanzi. Una sfida continua, una fucina di strategie: questo l’agone in cui molte/i, come me, si sono cimentati. Il premio? Uomini, donne, cittadini con qualche strumento in più per interpretare la vita, la società, se stessi.

Molti i disabili, quelli che la scuola privata, parificata, confessionale lascia alla scuola pubblica come «problema» da gestire.

Molti i “colori”: appartengono a famiglie problematiche, che provengono da quartieri difficili e talvolta da Paesi in guerra, appannaggio esclusivo della scuola pubblica.

Sempre più coloro che devono fare i conti con l’identità di genere: bivio faticoso in una società che vive di stereotipi e gioca all’esclusione.

Naturalmente le scuole dove ho insegnato negli ultimi anni sono state perlopiù “di frontiera”: istituti professionali che accolgono ragazze/i con richieste che non sono certo incasellabili negli insani quesiti “Invalsi”, questioni umane che richiedono capacità di relazione difficili da quantificare.

Eppure, proprio in queste scuole ho visto applicare, senza nessuna investitura, senza alcuna benedizione, il dettato evangelico «ama il prossimo tuo»: un amore capace di farsi cura e ascolto. Qual è il prossimo? Spesso quello più fragile, capace di assorbire quasi tutte le nostre energie perché ha bisogno che lo si guardi e lo si riconosca nella sua interezza di individuo. Ne dovrebbe essere entusiasta la Chiesa, eppure non è così. Questa istituzione, con le sue sempre più invasive interferenze nel mondo della scuola pubblica, ha giocato e continua a giocare una partita scorretta: la storia ci racconta di un sodalizio poco virtuoso fra Chiesa e potere in cui un popolo poco alfabetizzato era da preferire come funzionale all’obbedienza. I potenti ricambiavano elargendo benefici e leggi a favore della Chiesa, privilegiando le scuole confessionali con sgravi e finanziamenti che sono in aperto contrasto con il dettato costituzionale dove, all’articolo 33, si afferma: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». Una Chiesa dunque che ha spesso preferito appoggiare i potenti di turno capaci di garantire leggi a suo favore piuttosto che schierarsi dalla parte di chi – con maggior senso dello Stato, dell’onestà, della democrazia – rivendicava libertà di insegnamento.

Una libertà non certo contemplata dalle ultime (e penultime e terzultime) dichiarazioni rese dal cardinal Bagnasco in qualità di presidente della Cei, il quale spesosi contro l’«insegnamento della parità di genere in tutte le scuole» ha affermato che «l’educazione alla parità di genere, oggi sempre più spesso invocata, mira in realtà a introdurre nelle scuole quella teoria in base alla quale la femminilità e la mascolinità non sarebbero determinate fondamentalmente dal sesso, ma dalla cultura». Che Bagnasco non frequenti la scuola pubblica è ovvio; che non abbia in mente quanto il popolo delle pecorelle (più o meno smarrite) di cui dovrebbe occuparsi sia variegato stupisce; che non sappia come la mascolinità e la femminilità non siano così ben definite nemmeno dentro la Chiesa, ecco, questo fa paura.

Aver liquidato in modo così banale questioni che riguardano le libertà individuali e di insegnamento, anch’esse sancite dalla nostra Costituzione è molto preoccupante.

Da cittadina italiana, insegnante della scuola pubblica, trovo intollerabile che posizioni così estremiste-confessionali siano imposte in modo sempre più invasivo da rappresentanti della Cei e di Cl (ne ha parlato Pietro Ratto in questa “bottega”). Il “porporato” nella prolusione dell’assemblea generale della Cei ha speso la sua oratoria e il suo ingegno per puntare doviziosamente il dito contro il disegno di legge sulle unioni civili e le convivenze, definite una “minaccia alla famiglia” – che è noto essere il paradiso terrestre dell’immaginario cattolico – e, a suo dire, una scelta che «ancora una volta conferma la configurazione delle unioni civili omosessuali in senso para-matrimoniale» cosa per lui inconcepibile. Non pago ha aggiunto anche che «questa equiparazione riguarda anche la possibilità di adozione, che per ora si limita all’eventuale figlio del partner». Aspetto, naturalmente, che non può essere contemplato dalla sua infinita umanità, la stessa che lo ha portato a definire il pensiero gender “Sbaglio della mente umana”.

Da una parte sbagli e dall’altra perfezione. Filosofia e teologia da secoli riflettono sulla molteplicità dell’uno presente in ognuno di noi. Bagnasco lo sa o crede ancora che un pensiero simile sia così eretico da giustificare i roghi? Fiamme materiali divampate 4 secoli fa in Campo dei fiori. Fiamme mediatiche oggi per bruciare la presunta congiura gender e chiunque (anche in abito talare) non la pensi come lui. E, guarda caso, come i gruppi neonazisti.

 

Daniela Pia
Sarda sono, fatta di pagine e di penna. Insegno e imparo. Cammino all' alba, in campagna, in compagnia di cani randagi. Ho superato le cinquanta primavere. Veglio e ora, come diceva Pavese :"In sostanza chiedo un letargo, un anestetico, la certezza di essere ben nascosto. Non chiedo la pace nel mondo, chiedo la mia".

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