Se il deficit di bilancio salva la vita

di Francesco Masala

Mi sono ricordato di questo episodio di una decina d’anni fa, l’ho ritrovato in un articolo del Corriere della Sera e lo ripropongo, pensando possa essere utile per capire i termini delle questioni di oggi. Questi giorni si parlava di tagli alla sanità. Ci deve essere il pareggio di bilancio, ci dicono, ci fanno il lavaggio del cervello, ma non ci lasciano scegliere quali sono i costi che bisogna tagliare.
Bombe o sanità? Tav o istruzione? Non hanno il coraggio di farci scegliere, ma neanche sappiamo come costringerli a farci decidere, purtroppo .

ecco l’articolo:

La conversione dell’ opinionista ultraliberista: «Il deficit della sanità mi ha salvato la vita»

«Della sanità pubblica francese conoscevo solo il pauroso buco di 3 miliardi di euro. Ora posso dire che quel deficit mi ha salvato la vita». La conversione di Jean-Marc Sylvestre, 55 anni, uno dei più celebri – e odiati – giornalisti economici di Francia, è stupefacente. Ultra-liberista gelido, sostenitore dell’ efficienza come unica bussola della società e dell’esistenza, un giorno di luglio Sylvestre si è ammalato. «Un’ estate spaventosa, tra infezioni, radiografie, sala operatoria, blocco cardiaco, rianimazione, rieducazione. Oggi sono vivo, grazie agli ospedali pubblici. Ho cambiato idea: il sistema sanitario francese è formidabile». Per anni Jean-Marc Sylvestre ha dato la sveglia ai francesi alle 7.30 con la cronaca economica per la radio France-Inter (servizio pubblico), e tutti i sabati sulla rete televisiva Lci (canale privato di informazione continua) conduce Décideur: passerella di capitani d’ industria osannati e glorificati in contrapposizione ai boiardi di Stato, «uomini del passato». Nel corso di uno stesso servizio, Sylvestre è stato capace di annunciare il taglio di 1.500 posti di lavoro alla Michelin nonostante utili favolosi, e di commentare poco dopo che «i profitti di oggi vogliono dire posti di lavoro domani». Aedo del mercato e acrobata della logica, Sylvestre è stato qualche volta fonte di imbarazzo pure per chi avrebbe dovuto difenderlo. Come il suo direttore a France-Inter, Jean-Luc Hees, che un giorno si è visto arrivare sul tavolo la petizione di un gruppo di ascoltatori per la rimozione del giornalista dal servizio pubblico. «Non l’ ho scelto io, è un’ eredità dalla gestione precedente – ha spiegato Hees -. Personalmente non sono d’ accordo con la sua visione dell’ economia, ma bisogna riconoscere che ci sono anche dei neo-liberali in questo Paese. E poi, viste le reazioni che scatena, mi domando se in fondo Sylvestre non sia utile più che altro alla causa opposta, quella degli anti-liberali». Sanità, pensioni , scuola: tutto secondo lui doveva essere riformato, razionalizzato, liberalizzato. Persino la sacra lingua francese: «L’ Europa deve parlare inglese – ha osato dichiarare su Tf1, la prima rete Tv -. Oggi, un europeo su tre sa parlare inglese, vent’ anni fa il rapporto era solo di uno su cinque. Bene, stiamo progredendo verso l’ obiettivo. A moneta unica corrisponda una lingua unica». La malattia ha cambiato Jean-Marc «il cattivo». Proprio adesso che la sinistra è in frantumi e il governo di destra fa della riduzione della spesa pubblica una priorità, lui, un’ altra volta controcorrente, loda il deficit della Sanità. «Ero destinato a morire, la setticemia che mi ha colpito era gravissima – si è confessato sul giornale finanziario Les Echos -. Credevo che l’ ospedale fosse un’ azienda come le altre, adesso non la penso più così. In base a una logica puramente finanziaria, nessun controllore di gestione avrebbe mai potuto autorizzare le cifre che sono state spese per salvarmi la vita, perché ero un caso disperato. E senza il sistema di sicurezza sociale, non avrei mai avuto i mezzi per pagarmi due mesi di ricovero in tre ospedali diversi, i pesanti trattamenti antibiotici, le radiografie, l’ operazione all’ aorta dove si annidava il germe dell’ infezione. Spero solo che tutti i cittadini possano accedere a questi servizi». E al Nouvel Observateur: «Credo che sarò un giornalista diverso. Meno brutale, meno perentorio. Rimango un liberale, ma quando hai sfiorato la morte tendi a relativizzare. A essere più umano». (Stefano Montefiori)

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

Un commento

Rispondi a Daniele Barbieri Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *