Sea Watch e Alarm Phone: disperati appelli dal Mediterraneo

di Pressenza (*). A seguire Il comunicato stampa delle «Veglie contro le morti in mare»


Foto di Alarm Phone

«Una tempesta sta per abbattersi al largo delle coste siciliane. Molte delle 463 persone ancora a bordo di SeaWatch4 sono in mare da più di una settimana. Altre 19 sono state evacuate per motivi medici. Questo stillicidio non può continuare, devono poter sbarcare tutte subito» chiede la Ong tedesca su twitter.

Un altro appello, drammatico e urgente, arriva dalla pagina Facebook di Alarm Phone:

Un’imbarcazione con a bordo circa 430 persone, tra cui decine di bambini, è in grave pericolo nel Mediterraneo centrale. Ci appelliamo urgentemente alle autorità italiane ed europee: non ritardate ulteriormente i soccorsi, non lasciatele annegare!

L’imbarcazione in pericolo è stata segnalato ad Alarm Phone per la prima volta alle 11:57 CET del 24 novembre 2021. Le persone a bordo ci dicono che la barca sta cadendo a pezzi e non credono di poter resistere ancora a lungo. Ci riferiscono anche che diverse persone sono già morte. Ci sono più di cento persone nella stiva – se l’imbarcazione naufragasse, queste rimarrebbero inevitabilmente intrappolate all’interno della nave, e affonderebbero con essa. L’ultima posizione che abbiamo ricevuto dalla barca, alle 07:54 di questa mattina (25 novembre), è: E 34 45, N 011 34.

Alarm Phone ha sistematicamente informato le autorità italiane e a maltesi. L’MRCC Roma ci ripete di non essere “l’autorità competente” per questo caso, mentre il JRCC Malta semplicemente chiude la chiamata quando cerchiamo di trasmettere informazioni sul caso.

È chiaro che né la Guardia Costiera libica né le autorità tunisine sono in grado di affrontare adeguatamente tale situazione di emergenza. Temiamo che il loro coinvolgimento possa provocare il panico a bordo, dato che le persone non vogliono tornare in un luogo per loro pericoloso ma piuttosto cercano protezione in Europa. Inoltre, le autorità tunisine stanotte alle 00:44 ci hanno detto per telefono che sarebbe stato per loro impossibile effettuare un’operazione di salvataggio con più di 400 persone. Questa mattina, la guardia costiera tunisina ha comunque inviato due motovedette che però, come ci dicono le persone a bordo, non stanno intervenendo.

Le autorità tunisine ci hanno anche detto di star cercando di coordinarsi con l’MRCC Roma, mentre a noi l’MRCC Roma continua solo a ripetere di non essere l’autorità competente. Tuttavia, secondo le convenzioni pertinenti e i principi consuetudinari del diritto internazionale e del diritto del mare, i centri di coordinamento del soccorso informati sono responsabili del coordinamento di un’operazione di soccorso.

L’allegato della Convenzione SAR, par. 3.1.8 e seguenti e il par. 4.1.3, stabilisce chiari obblighi per gli Stati costieri di coordinare e proteggere la vita in mare, indipendentemente dalla rigida divisione delle aree di ricerca e soccorso per quanto riguarda l’attribuzione delle responsabilità.

Nel caso dell’Italia, questo principio è stato recentemente ribadito nel piano nazionale SAR, che prevede espressamente che “al di fuori dell’area di responsabilità nazionale l’IMRCC coordina le azioni a favore dei mezzi e delle persone in pericolo, nei casi in cui agisce come primo C.R. informato dell’evento e fino a quando il C.R. competente, o altro C.R. in grado di meglio assistere, assume il coordinamento delle operazioni SAR”.

Infine, vogliamo ricordare che l’Italia è già stata condannata per aver violato il Patto ONU sui diritti civili e politici, anche sulla base del principio sopra menzionato, così come è stata riconosciuta l’illegittimità del mancato coordinamento maltese, nella decisione del Comitato ONU per i diritti umani del 27 gennaio 2021 (CCPR/C/130/D/3042/2017) riguardante il noto “caso Libra”.

Chiediamo l’avvio immediato di un’operazione di soccorso verso un luogo sicuro per le persone a bordo, cioè l’Europa. Non perdete tempo, non ritardate ulteriormente i soccorsi.

(*) ripreso da www.pressenza.com

Il comunicato stampa – nella serata di ieri – delle «Veglie contro le morti in mare» (**)

Sono stati soccorsi, ma non nel modo migliore. Ben 24 ore dopo il primo allarme, la Tunisia (che non può essere considerata porto sicuro) ha inviato 4 navi a soccorrere I 430 migranti in pericolo. L’iniziativa sotto la prefettura di Genova è pertanto SOSPESA, con la triste consapevolezza che molto presto “le veglie contro le morti in mare” dovranno tornare in piazza.

(**) cfr Contro le morti in mare: «non rimanere a guardare» , Contro le morti in mare: una proposta dal basso e Soccorso in mare negato: in corso prèsidi per…

 

Redazione
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2 commenti

  • Sul numero di febbraio di «AltrEconomia» un articolo di Duccio Fachini racconta i nuovi affari ignobili fra Italia e Libia per bloccare (o far morire in mare) migranti e profughi. Nel desolante, cloroformizzato panorama della carta stampata in Italia «AltrEconomia» è una delle pochissime cose leggibili: si trova in alcune liberie e botteghe del commercio equo oppure ci si può abbonare andando su http://www.altreconomia.it

  • Revoca immediata del Memorandum Italia-Libia: l’appello della società civile
    APPELLO
    Il 2 febbraio 2022, giorno del quinto anniversario del Memorandum, decine di organizzazioni italiane, libiche, africane ed europee presentano un documento di analisi e denuncia degli effetti del Memorandum e lanciano un appello al governo e alle organizzazioni internazionali: l’unica strada per tutelare le persone migranti in Libia è la revoca immediata del Memorandum.

    Il blocco delle partenze determinato dall’attuazione del Memorandum attraverso gli ingenti finanziamenti garantiti dall’Italia alle autorità libiche, si è rivelato un fattore che agevola la strutturazione di modelli di sfruttamento, riduzione in schiavitù e violenze, definiti come crimini contro l’umanità dalla Missione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite.

    Al contempo, le misure previste per consentire l’uscita legale delle persone migranti dal paese – evacuazioni, corridoi umanitari e resettlement – si sono dimostrate gravemente insufficienti a garantire l’accesso ai diritti e alla protezione in maniera generalizzata, sia per la limitatezza dei mezzi, sia per l’assenza di garanzie procedurali e il carattere concessorio proprio di questi sistemi.

    Spesso, l’adesione a programmi di rimpatrio “volontario” rappresenta l’unico strumento per sottrarsi alle violenze e agli abusi, anche quando il ritorno nel Paese di origine espone le persone alle medesime persecuzioni da cui sono fuggite.

    A fronte dell’esperienza maturata negli ultimi cinque anni e all’aumento di violenze e repressione a cui assistiamo negli ultimi mesi, le organizzazioni firmatarie, attraverso l’appello richiedono
    – al governo italiano di revocare immediatamente il Memorandum. Si tratta dell’unica scelta praticabile di fronte all’impossibilità strutturale di apportare miglioramenti significativi alle condizioni di vita di migranti e rifugiati in Libia e di garantire loro un adeguato accesso alla protezione, come dimostrato dall’evoluzione della situazione libica;
    – all’UNHCR e OIM, in ottemperanza al loro mandato di tutela dei cittadini stranieri presenti in Libia, di aderire alla richiesta di revoca del memorandum, così da evitare qualsiasi rischio di connessione tra le gravi violazioni dei diritti umani che derivano dal Memorandum e le proprie iniziative.

    Il documento che analizza e denuncia gli effetti del Memorandum è disponibile in italiano, francese, inglese e arabo: cfr https://2iwat.r.ag.d.sendibm3.com/mk/mr/K3XCuranLqz8ht3BVgOECXAP8inCG8knXnVYGhw_SUzFNYVnx3wP2b44o0aNbAG5GilCLkvAQ5fQZv5jT1BslT6um2jIr2wmTUMYOImqum12V1iQz3jMbSNJhbrblWb-t4lS5FrhkA

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