Seconda fogna a destra

recensione a «I denti del drago» di Saverio Ferrari: ovvero «Storia dell’Internazionale nera fra mito e realtà», Bfs edizioni (176 pagine per 15 euri). Non per soli specialisti, perché conoscere il nemico è sempre una necessità.  

«Con l’espressione Internazionale nera si intende fare riferimento a esperienze del secondo dopoguerra caratterizzate da rapporti organici e continuativi tra partiti, gruppi o movimenti di matrice neofascista o neonazista, volti a incidere sulla scena politica»: così Ferrari apre il suo ultimo libro.

Che c’entrano i «denti del drago» con i nazifascisti? Come sempre cianciando di un passato mal compreso, i camerati amano rifarsi all’impresa mitologica degli Argonauti e alla semina dei denti dei draghi sconfitti «per far nascere schiere di nuovi guerrieri armati».

Chi è digiuno di questi argomenti si appassionerà al quadro d’insieme ma faticherà forse a distinguere i momenti storici importanti dal folclore. Io proprio digiuno non sono (avendo studiato – con sudore, tristezza e Guttalax per il mio povero stomaco – questo argomento a lungo negli anni ’70) e, oltre a fare molte lodi al ricercatore Ferrari, mi permetto di fargli una piccola critica: in altri suoi libri, pur scritti con lo stesso rigore, c’era un quadro più “narrativo”. Qui alcuni capitoli sono un lungo elenco di nomi, dati e fonti: necessario certo ma io resto convinto che se i saggi storici fossero un poco giornalistici (nel senso buono del termine) molte più persone ne godrebbero. E questo libro poteva essere costruito in modo avvincente come evidenziano, a esempio, alcuni passaggi sull’Oas e sulla lotta di liberazione in Algeria.

Pur con questa riserva (si può sempre fare di più) viva il libro di Ferrari che può guidare i tanti profani a capire che «il ventre» del nazifascismo purtroppo è ancora fecondo, come temeva Primo Levi.

Con ogni evidenza una vera Internazionale Nera non si è mai concretizzata ma alcuni di questi gruppi (in collegamento fra loro) sono stati pericolosi, specie quando potevano contare su appoggi – cioè soldi e copertura – di Paesi amici: apertamente la Grecia dei colonnelli e il Portogallo prima del 1975, più sotterraneamente gli Usa. Ma ex nazisti di primo piano hanno avuto un ruolo non secondario in alcuni Paesi dell’America latina e anche nell’Egitto di Nasser.

Perché l’Internazionale Nera non si fece? Era massima la confusione anche nella destra estrema e non solo per la mancanza di un pensiero (“pensiero”?) unificante ma per rivalità personali, per brama di soldi (ne sono sempre arrivati parecchi), per il seguito di massa tendente a zero (con l’eccezione dei francesi d’Algeria). Per un delitto di Stato occorrono mandanti molto determinati: nella lunga fase storica dal 1945 a oggi nella maggior parte dei Paesi europei i padroni (sono loro i padri di ogni fascismo) non erano “interessati” e/o non si sentivano abbastanza sicuri del risultato; non è qui il caso di approfondire questo complesso discorso.

Ovviamente chi legge sarà soprattutto interessato dalle ricadute italiane; e qui, specie se è giovane e/o novellino sull’argomento, troverà sorprese di ogni tipo: dal convegno sulla «guerra rivoluzionaria» del maggio 1965 alla questione del’Alto Adige (che fa litigare fra loro i camerati sino a portare alla scissione, nel 1963, di Jeune Europe), dai camuffamenti intorno al 1968 al lungo connubio con i servizi segreti italiani, dal controspionaggio che a proposito di fascisti coinvolti nella strage di piazza Fontana – non dunque un fattarello qualunque – suggeriscono «di tacere questa notizia alla pubblica sicurezza e ai carabinieri» fino alla strategia delle bombe e del terrore che purtroppo abbiamo conosciuto soprattutto fra il 1969 e il 1980.

Le ultime pagine del libro di Saverio Ferrari indagano sui confusi, ma comunque sanguinosi, tentativi – fra gli anni ’80 e il 2000 – di costruire una nuova rete: da Euronat all’alleanza dei diversi movimenti nazionali, da Blood and Honour ai combattenti di Hitler ad Hammerskin. Anche se la memoria pubblica (cioè quella orientata dai presunti grandi media) rimuove in fretta i delitti dell’estrema destra sono anni che – negli Usa, in Inghilterra, in Germania e altrove – vedono omicidi, attentati e stragi.

Dopo le conclusioni, cioè una sintetica valutazione delle varie versioni di una (sempre incompiuta) Internazionale Nera e dei nuovi tentativi di “arruolamento” fra i giovani attraverso gruppi musicali naziskin, Ferrari offre una dettagliata appendice su «populismi e destre estreme» oggi in Europa, sia a Est che a Ovest; è un testo del 2012 – successivamente aggiornato – di Ferrari per un convegno che ho postato anche in blog (Estrema destra in Europa): una delle «tre diverse facce del variegato universo delle destre populiste e radicali europee» è l’italiana Lega Nord; e sarà bene non dimenticarlo.

Il libro si conclude qui ma la preziosissima ricerca di Ferrari continua: in un Paese dove i grandi massmedia strizzano spesso l’occhio anche alle destre più estreme mentre le complicità giudiziarie-istituzionali restano purtroppo una costante, il lavoro di memoria e di raccolta dati di Ferrari – che dal ’99 dirige l’Osservatorio democratico sulle nuove destre (www.osservatoriodemocratico.org) – resta un fondamentale e aggiornatissimo punto di riferimento.

Infine un dubbio: perché Saverio Ferrari nomina due volte Franco Cardini – prima come esponente di Giovane Europa e poi come facente parte del comitato scientifico della rivista «Eurasia», affiancando il suo nome a quello di Mario Borghezio anche in un titoletto e mostrandone una foto (pag 114) – senza chiarire se sia il famoso storico oppure un omonimo?

Se il dubbio assale anche voi e volete controllare… non c’è da faticare granché: persino su Wikipedia potete leggere che quel Franco Cardini storico – ogni tanto scrive su «il manifesto» (ma anche su «L’avvenire») e nel 2004 a Firenze è stato candidato sindaco per varie liste anche di sinistra – «in gioventù è stato iscritto al Movimento Sociale Italiano, poi alla Jeune Europe, il movimento transnazionale fondato da Jean Thiriart. Sebbene sia a volte definito dai media come politicamente di “destra”, Cardini respinge questa etichetta».

La questione mi pare interessante sotto vari punti di vista e ovviamente non riguarda solo Cardini ma anche altri (pochi mi pare) “ex”. Ne accenno… anche a costo di andare fuori tema. Una prima riflessione, relativamente semplice, è che in mezzo a infiltrati, provocatori e voltagabbana esistono persone che cambiano idea: è ovvio e se servono esempi recenti, faccio il nome di Dax (cioè Davide Cesare) che a Milano fu ucciso nel 2003 dai fascisti e che in gioventù aveva avuto forti simpatie per la destra. Se qualcuno/a cambia idea e abbandona le fogne io grido evviva-evviva. Una seconda riflessione può invece riguardare punti di contatto tra fascisti e antifascisti su singole questioni: neanche questa è una novità (tanto per fare un solo esempio, l’anima razzista di molti che votano Pd è un fatto verificabile non una mia opinione) che ovviamente va affrontato caso per caso, tantopiù oggi in Italia che la sinistra non brilla per idee, presenza, memoria, coerenza. Fine della digressione, ammesso che lo sia… perché le ambiguità nella lotta contro le destre estreme evidentemente affondano anche qui le loro radici.

Redazione
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