Sei referendum e un funerale … della giustizia

di Gianluca Cicinelli

Si torna a parlare di giustizia in queste settimane che hanno visto l’Italia condannata dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo a riformare l’istituto dell’ergastolo “ostativo”, in quanto viola il divieto di trattamenti inumani e degradanti sancito da Bruxelles. Pochi giorni fa invece veniva scarcerato, grazie alla legge sui collaboratori di giustizia voluta dal giudice antimafia per eccellenza Giovanni Falcone, Giovanni Brusca, pluriomicida, di Falcone tra gli altri, stragista e braccio destro del capo dei capi della mafia dei corleonesi Totò Riina. Infine, inedita accoppiata politica, la Lega di Matteo Salvini e i Radicali di Maurizio Turco hanno depositato in Cassazione sei quesiti referendari sui quali, se ammessi dalla Corte e una volta raggiunte le firme necessarie, dovranno esprimersi i cittadini italiani. Il tutto mentre la ministra Marta Cartabia sta lavorando a una riforma della Giustizia che è tra le condizioni poste dall’Unione Europea nell’erogazione all’Italia dei circa 200 miliardi di euro di finanziamenti del Recovery Fund.

Sulla magistratura pesa ancora, oltretutto, lo scandalo seguito alle intercettazioni sull’ex magistrato Luca Palamara quando era membro di spicco del Csm, che disegnano un quadro desolante del meccanismo delle nomine nelle Procure in combutta con la politica e gettano discredito sull’organo di autogoverno dei giudici. Più che un articolo servirebbe un libro per analizzare in a fondo una situazione diventata gravissima proprio perchè la Giustizia è un pilastro fondamentale dello Stato. Proviamo allora a semplificare senza essere superficiali, utilizzando un semplice meccanismo, quello che ci vede prima di tutto cittadini. Come tali non possiamo dirci soddisfatti di come funziona la giustizia nel nostro Paese, soprattutto quando un illustre magistrato va in televisione a dire che un innocente è soltanto un colpevole che non è stato scoperto, mostrando così un’idea fanatica e “manettara” della giustizia, purtroppo diventata senso comune tra gli italiani. Anche perchè permane la sensazione che a tanta pomposa affermazione non corrispondano nemmeno i fatti, visto che la corruzione in Italia non tende minimamente a diminuire.

Sabino Cassese, presidente emerito della Corte Costituzionale, voce tra le più autorevoli in materia, sostiene il tentativo di riforma di Cartabia sulla lunghezza dei processi e sul Consiglio Superiore della magistratura. “Qui si scontrerà – dice Cassese – con quel 20% di magistrati che sono addetti alle funzioni investigative e che hanno trasformato gli organi di accusa in un nuovo potere dello Stato”. Cassese ribadisce che le inchieste su Palamara e sui verbali Amara-Csm pongono molte domande, prima tra tutte: “Possono i procuratori muoversi del tutto liberamente, come se fossero giudici giudicanti?”. Uno dei quesiti referendari posti da Radicali e Lega affronta la questione proponendo la separazione delle carriere dei magistrati inquirenti da quelli giudicanti, come avviene già in Francia, in Spagna, in Portogallo, in Germania e, uscendo dall’Europa, negli Usa. Un altro dei quesiti referendari riguarda l’altra faccia della medaglia, la responsabilità civile dei giudici che creano danno con la loro sentenza. Attualmente il cittadino può rivalersi contro lo Stato, il referendum invece chiede che sia chiamato in causa direttamente il magistrato a rispondere individualmente.

Sempre in tema di discrezionalità della magistratura un terzo quesito chiede la limitazione della custodia preventiva, cioè di quel periodo in cui l’imputato rimane in carcere prima del processo. Il giurista Mauro Palma, garante dei detenuti, ha evidenziato che le persone in carcere in attesa della sentenza di primo grado sono il 13% di tutta la popolazione detenuta, numero che arriva a un terzo dei carcerati se parliamo di attesa della sentenza definitiva. Un altro quesito, come accennato, riguarda le modalità di elezione del Csm, proponendo che chi si candida possa farlo individualmente senza appartenere per forza alle liste in cui è diviso attualmente l’organo di autogoverno. Ho lasciato per ultimi i due quesiti su cui, ma è opinione del tutto personale, le perplessità che contribuiscano a migliorare la giustizia sono più forti. Pochi cittadini conoscono i Consigli giudiziari, organi che valutano l’operato dei singoli magistrati, composti sia da avvocati che da magistrati, ma solo questi ultimi con diritto di voto, mentre i fautori del referendum propongono che votino anche gli avvocati. Infine viene chiesta l’abrogazione della legge Severino che vieta a chi è stato condannato in via definitiva per delitti non colposi di poter ricoprire incarichi di governo o di candidarsi alle elezioni.

Ho qualche dubbio che la maggior parte dei cittadini, nonostante i lamenti sulla situazione della giustizia italiana siano sempre presenti nelle conversazioni, in questo momento storico vadano oltre il sangue agli occhi del giustizialismo manettaro, che trova pace soltanto in sogni di condanne eterne e di chiavi della cella gettate via per sempre. La politica scaturita da Tangentopoli in poi, in particolare il giustizialismo come fondamenta culturale dei 5 stelle, anche se adesso l’ex leader Luigi Di Maio ha fatto parziali passi indietro, ha nutrito l’Italia di principi molto lontani da quelli di uno Stato laico moderno e democratico. Va detto però che questi referendum possono costituire una pressione importante per costringere la politica a riformare la giustizia e fornendo alla ministra Cartabia ottimi spunti per convincere governo e Parlamento ad andare stavolta fino in fondo. Intanto perchè questa riforma è necessaria per ottenere dalla Ue i soldi del Recovery Fund, ma soprattutto perchè fondamentale se vogliamo avere almeno la speranza che l’Italia riparta in un quadro di giustizia sociale ed economica dove le pari opportunità dei cittadini siano realtà e non teoria.

ciuoti

2 commenti

  • A parte il pregevole lavoro giornalistico, il merito di Gianluca Cicinelli – parlo in generale – è far capire la complessità senza esagerare in semplificazioni e manicheismi. Sarà che sono d’accordo al 98 per cento con le sue “interpretazioni del mondo” ma io trovo sempre ottimi gli articoli di Gianluca.
    Stavolta mi sa che scivolo nel 2 per cento di (mio) disaccordo.
    Vero che ci vorrebbe un libro per ragionare della “giustizia” e delle leggi che la regolano o sregolano; vero che la corruzione non cala; verissimo che i tempi dei processi sono assurdi e così la “custodia preventiva”; ed è probabilmente anche vero che molta gggggente ha il sangue agli occhi, invocando sempre e ovunque manette e gabbie (ma contro tutti? oppure contro i ricchi impuniti e i loro maggiordomi? o invece solo contro i poveracci già in carcere per reati lievi? la differenza è rilevante). Però in questo discorso manca, secondo me, un aspetto essenziale: negli ultimi decenni il gangsterismo organizzato in Italia si è impadronito dei partiti (purtroppo tutti, con l’eccezione – per ora – dei 5 stelle) e attraverso loro ha esteso, oltre l’immaginabile, il suo controllo sugli apparati istituzionali. Se non si tiene conto anche di questo , secondo me ogni discorso sulla “giustizia” e sulle leggi è vuoto. Quale sia poi la soluzione certo io non la saprei dire ma chi rimuove questa tragica novità mi pare parli di un’Italia edulcoratissima.
    Infine se davvero «Sabino Cassese, presidente emerito della Corte Costituzionale» è «voce tra le più autorevoli in materia» allora devo informare il mio amico Gianluca (e l’universo mondo) che io non sono db – cioè Daniele Barbieri – ma Mister Mxyzptlk ovvero un folletto proveniente dalla quinta dimensione, “famoso” per essere il nemico giurato di Superman (o Nembo Kid, come si chiamava in Italia quando io ero “un bimbo”). Per me l’unica autorevolezza di Sabino Cassese è l’essere fra i commentatori politici più tenaci nel difendere sempre i poteri forti e nel mazzolare chi vuole non dico combattere ma almeno “tagliare un poco gli artigli” a chi vive del nostro sangue. Con nostro intendo intendo il 99 per cento.

  • domenico stimolo

    I problemi, che riguardano la gestione della Giustizia in Italia sono antichi e strutturali. Un retaggio, purtroppo, del modus che caratterizzò la nascente nuova Italia repubblicana, quando i “vecchi” si riciclarono in “nuovi”, intorbidando le acque della trasparenza. A parte gli aspetti etici , le profonde contraddizioni e le continue contrapposizioni tra gli addetti che amministrano giustizia, sul piano “volgarmente” materiale e conseguenziali, quotidianamente le disfunzioni più nefaste sono patite da coloro che …. epr ragioni varie….sono considerati gli scarti della società.

    Una domanda mi sorge spontanea: Ma, un referendum, con ben sei quesiti, proposto dai “resti” di quella formazione storica chiamato Partito Radicale ( quello che negli anni belli si alleò con il partito di Berlusconi) e la destra, destra della Lega, cosa nasconde di fortemente inquietante? Riposta: Ingarbugliare ancor più le acque!

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