Senza donne non c’è primavera

 di Karin Råghall (12 luglio 2012) – traduzione di Maria G. Di Rienzo

Le donne hanno svolto un ruolo centrale durante la primavera araba ma subito dopo le sollevazioni non sono state in grado di reclamare il loro ovvio posto nella società. Perciò, è ora particolarmente importante che la comunità internazionale dia sostegno alle attiviste per i diritti umani delle donne. Questo è stato il messaggio su cui tutte le relatrici al seminario «La primavera araba: un contraccolpo per le donne?» si sono dette d’accordo.

Il seminario, tenutosi il 4 luglio scorso, è stato organizzato dalla Fondazione Kvinna till Kvinna, dall’agenzia svedese per lo sviluppo e la cooperazione internazionale Sida e da Amnesty International. Le relatrici erano Hana Al-Khamri, giornalista yemenita, Marwa Sharafeldin, ricercatrice e attivista egiziana, Gunilla Carlsson, ministra per lo Sviluppo e la cooperazione internazionale e Fredrik Uggla dell’ambasciata svedese a Il Cairo. Annika Flensburg di Kvinna till Kvinna ha moderato la sessione.

Marwa Sharafeldin è stata critica verso il governo svedese perché da un lato vende armi al governo saudita e dall’altro fornisce sostegno agli attivisti per la democrazia e implementa progetti per i diritti delle donne. Non ha senso, ha detto Marwa Sharafeldin, perché il governo saudita sta finanziando gruppi e movimenti – inclusi i salafiti – che si oppongono alla democrazia e ai diritti umani delle donne. I soldi del petrolio saudita, ha detto Marwa, sono il retroscena di molte sofferenze inflitte nel nome dell’Islam.

Il seminario ha discusso, fra l’altro, il ruolo della società civile durante e dopo le rivoluzioni, il tipo di sostegno necessario alla corrente fase di costruzione, il ruolo dei diritti delle donne e la relazione fra Islam e femminismo. «In primo luogo» ha spiegato Marwa «dobbiamo essere consapevoli che il patriarcato esiste al Nord e al Sud. Dobbiamo anche sapere che il patriarcato è vivo e se la passa bene sia nei contesti laici sia in quelli religiosi. La linea di demarcazione non è fra laicità e religione, ma fra l’equità di genere da un lato e l’oppressione, il patriarcato, un capitalismo feroce dall’altro, che stanno portando a rovina intere comunità».

Marwa ha anche sottolineato che i gruppi islamici sono presenti in molte forme diverse: progressiste, fanatiche, violente o pacifiche, e che dobbiamo tenere in mente questo ogni volta in cui parliamo di Islam e femminismo, o della situazione attuale in Egitto. «E’ importante comprendere che la religione è parte del tessuto sociale della nostra società. E dovete ricordare che durante i primi 18 giorni della rivoluzione egiziana, nessuno di noi ha chiesto l’implementazione della sharia (legge islamica). Abbiamo chiesto pane, dignità, libertà e giustizia sociale. La ragione per cui Muhammad Mursi, il candidato della Fratellanza Musulmana è stato recentemente eletto presidente, è che la Fratellanza ha fornito generi di base alla popolazione, come l’acqua e il cibo, mentre il governo era totalmente assente. La sfida per il movimento femminista in Egitto è lavorare all’interno del discorso religioso. Quando i conservatori attaccano i diritti delle donne dobbiamo essere in grado di rispondere nel loro stesso linguaggio».

Il suo appello alle femministe svedesi che vogliano dar sostegno alle lotte delle femministe nel mondo arabo è stato questo: «Fate pressione sul vostro governo affinché cessi di vendere armi a Paesi come l’Arabia Saudita».

Hana Al-Khamri, dallo Yemen, si è detta d’accordo. Lo Yemen è vicino all’Arabia Saudita e si trova in una posizione vulnerabile ogni volta in cui il governo saudita si sente minacciato dalla richiesta di democrazia del popolo yemenita. «Un’Arabia Saudita militarmente forte sta paralizzando il processo democratico» ha spiegato Hana.

Sulla situazione in Yemen, Hana Al-Khamri ha detto che le attitudini verso la partecipazione delle donne alla politica variano grandemente, sia fra le donne stesse, sia fra i vari leader religiosi. E mentre alcuni di questi ultimi cominciano a mettere in discussione la partecipazione delle donne alle dimostrazioni pubbliche, dicendo loro di andare a casa e di badare ai bambini, altri definiscono un “dovere” delle donne l’essere parte di una rivoluzione. «Nonostante vi siano molti segni di un contraccolpo, per le donne, la loro partecipazione alle dimostrazioni rimane alta. Ultimamente hanno protestato contro la crescente separazione fra uomini e donne durante le manifestazioni con questo slogan: Senza donne non c’è primavera».

Marwa Sharafeldin ci ha ricordato di essere attente a come la religione è usata per scopi politici. I conservatori manipolano il fatto che le persone danno valore alla religione per ottenere i propri scopi politici. «Ci sono alternative» ha concluso Marwa «e altri discorsi religiosi che sono più pluralisti, democratici ed egualitari».

http://www.kvinnatillkvinna.se

http://www.sida.se

http://www.amnesty.org

 

BREVE NOTA

Le traduzioni di Maria G. Di Rienzo sono riprese – come i suoi articoli – dal bellissimo blog lunanuvola.wordpress.com/  – Il suo ultimo libro è “Voci dalla rete: come le donne stanno cambiando il mondo”: una mia recensione è qui Voci dalla rete alla data 2 luglio 2011. (db)

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