Mare, finisci il tuo lavoro

di Mark Adin

Non si può tacere il dolore nel buio della notte. Non la vergogna, l’indignazione o l’orrore: è il dolore ciò che è insopprimibile.

Chi non crede, non preghi.

Mi sorprende non sapere come chiamare la forma che assume lo sguardo interiore che vede, l’orecchio turbato da un silenzio che si può ascoltare, da voci che ancora si percepiscono. E’ il rumore del mare? Lo sciabordio delle onde?

Che cosa mi confonde, se non il distinguere voci levarsi su questo rumore sordo?

Chi sta invocando, il Mare, con tutta la sua forza, nel sostenere sul pelo dell’acqua e restituire alla Terra i corpi gonfi dei naufraghi?

Nau-fragio: la nave si frange.

Che senso c’è nel prenderli con te, Mare, per poi ridarli al mondo? Perché ce li mostri? Perché non te li tieni tu, nella profondità delle profondità, o nello stomaco delle tue creature? Finisci il lavoro, qualche volta.

“Fear death by water”. I poeti ammoniscono, mai nessuno li ascolta.

Il mare di cui si parla è il Mediterraneo, parola che significa “in mezzo alle terre”.

Sulle sue sponde si sono affacciati Egizi, Fenici, Greci, Romani. E’ l’Antico. E’ nato qui il mondo, per come lo conosciamo. Marinai, diversi per provenienza, vi hanno perso la vita. Ulisse lo navigò, il profugo Enea approdò in Italia.

Ma questi morti non sono di qua, provengono dal Corno d’Africa, abitato da donne e uomini dalla bellezza straordinaria. Avete mai visto quanto sono belle le loro donne ?

Scappano dalle proprie case, c’è  guerra, portano i figli con sé, lo sguardo atterrito degli uomini. Dolore e spavento, fisico esausto. Certi occhi così.

Dice Laura Boldrini, Alto Commissariato ONU, di usare attenzione con le parole, cercherò di farlo. Li chiamerò refugees, rifugiati. Dalla guerra, dalla persecuzione politica: richiedenti asilo.

Ma allora che ci fanno, senza più vita né bellezza, disfatti dall’acqua e dal sole, seppelliti in fretta sotto la sabbia libica? Anche il Ministro dice che dobbiamo accoglierli e proteggerli, c’è l’asilo politico al quale hanno diritto. Tutti d’accordo. Perché non sono riusciti ad arrivare da noi che saremmo stati la loro salvezza, perchè sono morti? Noi sì, noi sì che li avremmo protetti!

La notizia è arrivata dai “Gesuiti di Malta”. Che cos’è, una agenzia di informazione?

La televisione non lo sapeva, i droni non lo sapevano, non i satelliti, lo sapevano loro: i Gesuiti. Di Malta.

I giornalisti, gli inviati agguerriti che bivaccano nelle hall degli alberghi, gli “embedded”: loro sono all’oscuro. Si guardano stupiti, stupe-fatti. Sparan le katiusce, tuona il mortaio, cigola il cingolato, sibila il missile, e gira gira l’elica, romba il motor, questa è la bella vita, la vita bella dell’aviator.

Non so in quanto tempo si muoia annegati, non riesco a immaginare quanto duri un’agonia. Forse minuti. Ci si agita disperatamente, poi scoppia il respiro e ci si abbandona senza più forze.

Dopo aver percorso strade infinite, attraversato deserti, affrontato pericoli, stazionato in campi di concentramento, resistito alla fame e alla sete, subito violenza, essere stati spogliati e derubati, respinti, sono morti così. Sessantotto annegati. Ora se ne cercano altri, forse trecento.

Anche loro non compiranno il cammino, altri sogni che non si avverano: naufragio di sogni. Non diventeranno colf o badanti, non faranno la fila alla mensa della Caritas, non lavoreranno in una conceria, non patiranno il razzismo, insomma non faranno fortuna. L’ironia guasta in sarcasmo.

Fossero stati Tunisini, allora sarebbe stato diverso. Perché i Tunisini non vengono da zone di guerra, e quindi non possono chiedere asilo politico.

Sono senza titolo, sono soltanto poveri. Ed essere poveri non è abbastanza, non è uno “status”. Allora “Fora di ball”. Raus !

La bella Abissina, faccetta nera, quella sì che gode di un suo privilegio: è richiedente asilo, fate passare, prego. Lo Stato la protegge e le darà: un lavoro, l’assistenza sanitaria, il consultorio la Mara Carfagna e tutte le pari opportunità. Forse domani la chiameranno a un reality, un fratello diventerà tronista oppure calciatore, chissà. Diamole speranza, da qualche parte ci sarà pure uno zio!

Sul molo di Lampedusa ci sono persone pronte ad accogliere tutti, con guanti di lattice e  mascherina da chirurgo alla bocca. Misure igieniche.

Ellis Island, quarantena. New York cento anni fa. Cento lire. Italiani di merda.

Redazione
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5 commenti

  • E’ così, come tu dici.
    Hai un grande dono, quello di riuscire a rappresentare con le parole un universo di sentimenti, di emozioni e di crudo realismo.
    Arrivi dritto dritto allo stomaco.
    Ci vediamo stasera.

  • “Mare dal cupo
    rumore perché hai tu rovesciato
    nel fondo Teleutagora
    che navigava su piccola nave
    e il suo povero carico?
    Perché hai alzato su di lui le tue onde
    avide? Dovunque sia, è pianto privo
    di vita su qualche spiaggia da aironi,
    gabbiani, divoratori di pesci.
    E così anche Timares, mentre guarda
    la tomba vuota del figlio,
    piange il suo Teleutagora.”

    [Leonida di Taranto, trad. S. Quasimodo]

    P.S.
    Il mare rende i cadaveri perché è pietoso, i morti vanno sepolti. Siamo noi che abbiamo perso il senso di tutto…

  • And Jesus was a sailor when he walked upon the water
    And he spent a long time watching from his lonely wooden tower
    And when he knew for certain only drowning men could see him
    He said all men will be sailors then until the sea shall free them

    (Suzanne – Leonard Cohen)

    E Gesù era marinaio quando camminava sulle acque
    E passò un sacco di tempo scrutando dalla sua torre di legno
    E quando seppe per certo che solo chi stava annegando riusciva a vederlo
    Disse: tutti saranno marinai finchè il mare non li renderà liberi

  • Dal 4 aprile ad oggi ci sono state altre centinaia di vittime. Purtroppo il tuo scritto è quanto mai attuale, e temo che lo sarà ancora per molto, troppo tempo.

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