Sesso, amore, fantascienza e X

Con una notarella finale dove Eraclito e Einstein si intrattengono (al penultimo banco) sul buon uso della science fiction a scuola.

Tante sono le fantascienze possibili, ma fantasie e sovversione quasi spariscono quando si parla di sessualità. Perché?

Sono stati pronunciati molti elogi della fantascienza e del suo non conformismo. Aldous Huxley per esempio ha scritto: «Radicate come sono nei fatti della vita contemporanea, le fantasie d’un moderno scrittore di science fiction, anche se di seconda categoria, sono incomparabilmente più ricche, coraggiose e strane delle immaginazioni utopistiche e millenarie del passato». Pensateci: progettare astronavi; conquistare mondi; viaggiare nel tempo; collegare la mente a un computer; diventare Dio (o abolirlo); immaginare società ove il lavoro non sia necessario. Non c’è sentiero che la science fiction – d’ora in poi: sfi – abbia trascurato di percorrere. Eppure chi ama e conosce le molte fantascienze spesso non s’accorge che (oppure si trova imbarazzato a spiegare come mai) fantasie e sovversione quasi spariscano quando si parla di sessualità. È letteratura a dominanza anglo-statunitense, viene talvolta obiettato: ovvio che sia puritana. Una spiegazione insufficiente. Altri forse protesterebbero che la censura è affare del passato e infatti oggi anche nella sfi si copula senza paraventi.
È vero: ci si spoglia di più e in molti casi abbonda una ginnastica scopareccia, eppure i ruoli sessuali (e quelli sociali) sottesi restano perlopiù immutati; o almeno così appare a a chi creda all’infinita potenzialità sovversiva dei corpi e dell’innamoramento rifiutando dunque di ridurre tutto a un puro principio produttivo-quantitativo e riproduttivo nel doppio senso di generare e di tramandare logiche di dominio.

Maschi in affanno
Se alcuni scrittori di sfi fantasticano su società nelle quali “il potere” sia in mano alle donne, è solo per dare sfogo ai peggiori incubi (e alle più sciocche barzellette) sul matriarcato, versione yankee.
Potere ai maschi o a donne mascolinizzate: non esiste alternativa. Quando negli anni ’70 anche nella sfi arriva l’ondata femminista, in questa trappola cascano anche alcune autrici, perfino una lesbica militante come Joanna Russ (1).
All’esplicita richiesta infatti di scrivere una storia “conclusiva” sul sesso del futuro, la Russ sceglie la strada della vendetta (o forse dell’ironia non riuscita) e nel racconto
«Una ragazza all’antica» (2) sa proporre solo un sostituto automatizzato dell’uomo, spiegando – nel commento, incluso nell’antologia – che aveva proprio in mente una coniglietta di «Playboy» con testicoli, se così si può dire.
Insomma quando negli Usa la censura – quella esplicita, cioè fuori dalla testa delle persone – consentì di slacciare reggiseni e mutande, ovviamente ciò non ha garantito che anche la mente degli autori-autrici si “slacciasse” delle abituali catene. Un ottimo esempio è
«Straniero in terra straniera» (3) di Robert Heinlein.
Considerato rivoluzionario nel 1961, all’epoca della sua uscita, e tuttora citato – nelle fascette editoriali pedissequamente riprese da molti giornalisti – come anticipatore del movimento hippy, il romanzo di Heinlein è tanto ricco di sesso atletico quanto povero di fantasia; Leslie Fiedler, un critico letterario controcorrente, giustamente lo classifica come banale. In più di un’occasione lo stesso Fiedler ha parlato di femminilità o di omosessualità latente nella tradizione americana, l’altra faccia degli eroi duri e della frontiera:
«Straniero in terra straniera» nasconde un orrore dell’omosessualità molto significativo da questo punto di vista.
Gli appassionati di sfi potrebbero replicare che Heinlein era sì un ottimo scrittore ma anche un notorio reazionario: non è questo il punto, in autori di sfi con tutt’altre idee (e con alto coefficiente immaginativo) le utopie sessuali restano incatenate da una fortissima auto-censura.

Il cristallo sognante
Pochissime le eccezioni. Possiamo zig-zagare fra alcune autrici (non molte in verità) come Ursula Le Guin (4) e Alice Sheldon (5), un’antologia significativamente intitolata
«Visioni pericolose» (6), qualche pagina di Sam Delany (7) e John Varley (8)… Ma c’è, per fortuna, un grandissimo sconquassatore di “luoghi comuni sessuali”: Theodore Sturgeon (per l’anagrafe Edward Hamilton Waldo).
Negli Usa lo hanno inquadrato come iconoclasta,
enfant terrible, portatore di scandalo. Ciò è abbastanza lontano dal vero. Molto intelligentemente invece Isaac Asimov (pure culturalmente lontanissimo da lui) spiegava: una volta Sturgeon ha detto che la fantascienza è l’ultimo bastione della libertà di discorso.
Il suo punto di vista era che la gente stupida come i censori (e chi vorrebbe fare il censore, se non uno stupido?) se arriverà mai a trovare l’eresia in una cosa bizzarra come la fantascienza, vorrà dire che l’ha già trovata in tutto il resto.
Se schivò, di poco, i censori e i maccartisti, negli anni ’50 e ’60 Sturgeon comunque fu costretto spesso a cambiare casa: negli Usa i lettori perbenisti – e presumibilmente Wasp, cioè bianchi, anglosassoni, protestanti, ricchi – lo riempirono di insulti e minacce per quasi tutto ciò che scrisse. Se in Italia è tuttora poco conosciuto e apprezzato, si deve soprattutto a editori-re/censori che lo presentarono come
scabroso” e/o “sgradevole”; con commenti-linciaggio dove sproloquiavano di tesi criticabili, concezioni assurde e confusa ideologia; arrivando a scrivere finezze del tipo «si muove in mezzo ai rifiuti e riesce a rendere poetiche le cose più basse, umili, sporche».
Nonostante questo reticolato, chi arrivi alle pagine di Sturgeon senza paraocchi se ne innamora. Così anche in italia due suoi romanzi –
«Cristalli sognanti» e «Nascita del superuomo» (9) sono citati da molti fra i caposaldi di questa letteratura. Diverso il destino del pur bellissimo «Venus plus X» (10) che forse continua a impaurire.
Proviamo a capire perché. Charlie Johns – nome qualsiasi per un uomo “medio” che pure ha intelligenza e cultura di buon livello – si trova scaraventato nella civiltà dei Ledom. Qui nessuna cosa è simile a ciò che conosce: scienza, religione, educazione dei bambini, valori e sessualità. Tutto gli appare ostile e quando scopre che i Ledom sono ermafroditi prova un moto d’orrore. Pian piano però quella civiltà incomprensibile viene messa a paragone con la “normale” America. E intorno a Charlie si moltiplicano le più “strane” domande: «quando gli uomini hanno cominciato a dichiarare impuri i flussi mensili?». Oppure: «Chi ha iniziato a dire che le differenze fondamentali fra l’uomo e la donna sono maggiori delle somiglianze?». Cosa può/potrebbe rispondere Charlie? «Dicono che l’uomo è superiore (…). Se non sei buono a far nulla, allora l’unico modo per dimostrare che tu sei superiore è rendere inferiore qualcun altro (…). Dato un uomo che, tra i suoi simili, non ha una vera superiorità, ti trovi di fronte a un pazzo esasperato che, se gli viene negata la superiorità e non sa guadagnarsene una, si butterà su qualcosa di più debole di lui per farsene un inferiore. Il soggetto ovvio, logico, a portata di mano per questa imperdonabile indegnità è la sua donna. Ma non potrebbe far questo a qualcuno che amasse».

La parte più buia del cuore
Charlie tentenna, ascolta i Ledom, assimila, si spinge avanti con il pensiero, esita:
«L’homo sapiens è l’unica specie, fra quelle esistenti o estinte, che abbia escogitato modi per reprimere il sesso. Vi sono soltanto tre modi per affrontare i problemi del sesso. Lo si può soddisfare; lo si può reprimere; lo si può sublimare. Il piacere, oracolo esterno dell’estasi, nei giorni del protestantesimo, considerato peccaminoso in sé, in qualsiasi modo fosse raggiunto; Roma sosteneva che tutti i piaceri sessuali erano peccato. (…). E questo vulcano otturato ha causato anche uno spaventoso numero di nevrosi. Così sesso e religione, che sono il vero significato dell’esistenza umana, cessarono di essere fini e divennero mezzi. (…) d’altra parte, un’attenta osservazione del Medioevo fa vacillare la mente: tutto questo in nome dell’amore. Come è stato possibile? (…). L’Homo sapiens crede nella parte più buia del suo cuore che tutto ciò che è diverso è pericoloso per definizione e quindi deve essere sterminato». Dunque un Charlie Johns può dubitare, capire qualcosa (troppo poco, ci suggerisce Sturgeon) ma sembra esserci un limite invalicabile; così confessa/urla cosa farebbe l’homo sapiens – così come noi oggi lo conosciamo – se incontrasse una razza ermafrodita: «Vi stermineremo fino al vostro ultimo figlio anormale».
L’intreccio del romanzo lascia irrisolti molti dubbi. I Ledom sono già fra noi? O sono i nostri eredi? E infine: potrebbero essere accettati se fossero un prodotto
scientifico o soltanto se frutto di una “mutazione”?

Di una sola cosa Sturgeon si mostra sicuro: l’utopia è rassicurante, i mondi possibili no. Eppure… Gli stessi Ledom dicono: «Di tanto in tanto dobbiamo incontrarci con l’homo sapiens per vedere se è pronto a vivere, amare, adorare senza la gruccia d’una sessualità imposta (…). Noi non siamo un’utopia. Utopia è qualcosa di finito, di completo. Noi siamo transienti … un ponte. Transienza è passaggio, è dinamismo, è movimento, è evoluzione, è mutamento, è vita».

Un mondo ben perduto
L’esplorazione di affettività “altre”, aliene è una costante per Sturgeon: almeno una dozzina di racconti indagano nelle direzioni più impensate (eppure così vicine) all’incrocio fra corpi, tabù, bisogni, sessualità, speranze. Sarebbe affascinante scoprire la sua evoluzione – tematica oltre che stilistica – se qualche editore intelligente ci offrisse la pubblicazione completa dei suoi racconti (11). Nell’attesa ecco una sintesi di
«The World Well Lost» (12), piccola perla letteraria, che costò a Sturgeon il maggior numero di insulti della sua vita.
Sulla Terra arrivano due bipedi implumi, abbastanza simili a noi dunque. Vengono da Dirbanu, pianeta lontano e potente, chiuso in uno splendido isolamento. Anche se non si capisce bene chi siano quei due Et e se nessuno riesce a stabilire con loro un’intesa linguistica, comunque il loro fascino, l’essere inseparabili e il grande amore che esprimono, la magia della loro presenza commuovono tutti e ne fanno l’argomento preferito dei massmedia. Ma quasi subito arriva da Dirbanu un messaggio-choc: sono criminali, dovete restituirceli immediatamente se volete allacciare rapporti economici e diplomatici con noi.
Il governo terrestre (per la serie: Parigi val bene una messa) incarica l’astronave Stramite 439 – con i due migliori e più fidati piloti a disposizione – di riportarli sul lontano pianeta d’origine, a pagare il loro ignoto crimine.
Nella tensione di quello strano viaggio verso Dirbanu, con i due prigionieri, il pilota terrestre Grinty trova il modo di comunicare con loro quanto basta per scoprire la loro “colpa” … e li fa fuggire all’insaputa del co-pilota Rootes.
Ed ecco il colpo di scena finale.
Quando Rootes scopre la fuga, Grunty gli spiega: sono omosessuali, ecco il loro crimine. “Vuoi dire che abbiamo viaggiato per tutto questo tempo con una maledetta coppia di invertiti? Oh, se lo avessi saputo li avrei ammazzati” urla Rootes… Ma Sturgeon ha in serbo un’altra sorpresa nelle ultimissime righe, quelle che danno un altra chiave di lettura a un racconto già splendido. Dopo aver deciso la linea da seguire con la Terra e Dirbanu, l’inferocito Rootes va a dormire e Grunty lo guarda con grande tenerezza e assoluta attenzione, come una madre farebbe con il suo bambino. Poi senza svegliarlo, tende la sua mano gigantesca e con un tocco di piuma accarezza le labbra addormentate.

NOTE

  1. Ben diversa la profondità offerta dalla Russ nello sconvolgente (seppure letterariamente non riuscitissimo) «The Female Man», uno sguardo su 4 diversi scenari possibili per la sessualità-affettività femminile; l’autrice ebbe difficoltà a pubblicarlo negli Usa (vi riuscì solo nel 1975) e dunque non sorprende che in Italia sia arrivato con ulteriore ritardo, cioé nel 1989, passando comunque quasi inosservato: lo si può trovare, con il titolo originale, nel catalogo della Editrice Nord.
    2. Nell’interessante antologia «Ultima tappa», Oscar Mondadori (ormai rintracciabile solo nel circuito dei reimander’s e dell’usato).
    3. In italiano lo si trova in due versioni: quella della Editrice Nord e la più recente (senza tagli, strilla la pubblicità) della Mondadori.
    4. Alice Sheldon per anni usò lo pseudonimo maschile James Tiptree junior, beffando clamorosamente pubblico e critica: è quasi sconosciuta in Italia anche fra i lettori di sfi. Il che si spiega facilmente: sono rintracciabili in libreria solo due suoi romanzi (molto belli ma non significativi nel contesto di cui qui ci si occupa) e nessuno dei suoi sconvolgenti racconti (alcuni dei quali tradotti negli anni ’70 soprattutto nella rivista «Robot») che invece sarebbero particolarmente interessanti per offrire uno sguardo femminile su utopie e/o distopie sessuali.
    5. Autrice di un potente romanzo-simbolo come «La mano sinistra delle tenebre», abbastanza noto anche da noi. Protagonista è il terrestre Genly Ai che sul pianeta Inverno dovrà convivere con i getheniani, individui asessuati ma che hanno un periodo mensile di fertilità (il kemmer) durante il quale possono diventare indifferentemente maschi o femmine.
    6. Se per tradurre «The Female Man» sono occorsi 14 anni, ce ne sono voluti 24 perché Mondadori trovasse il coraggio di proporre in Italia «Dangerous Visions», 23 racconti commissionati nel 1967 da Harlan Ellison ai migliori scrittori di sfi per superare i tabù del genere. E comunque letta oggi quell’antologia appare ben poco “pericolosa”, se non per il racconto, questo sì sconvolgente, «Se tutti gli uomini fossero fratelli, lasceresti che tua sorella ne sposasse uno?» di nuovo (guarda caso) di Sturgeon.
    7. Anche l’omosessuale afro-americano Delany non fu ben digerito dai nostri editori. All’interno della riflessione utopica sulla sessualità il suo romanzo più interessante resta «Triton» del 1976: in italiano pubblicato (con lo stesso titolo) da Armenia e ristampato dalla Editrice Nord.
    8. Per esempio nei due racconti di Varley inclusi nell’antologia «Storie del pianeta azzurro» (Editrice Nord).
    9. Pubblicati entrambi da Urania e dalla Editrice Nord («Cristalli sognanti» anche dalla Libra e poi da Adelphi) sono difficilmente reperibili. Un volume antologico nella collana «I massimi della fantascienza» (Mondadori) riunisce questi due romanzi con «Venere più X» e con «I figli di Medusa».
    10. Fu tradotto nel 1965 dallo Scienze Fiction Book Club di Piacenza e ristampato solo nel 1987 nei classici Urania (numero 122); è anche nel volume antologico citato alla nota precedente.
    11. Negli anni ’80, Urania aveva mandato in edicola quattro antologie di Sturgeon, annunciando la pubblicazione completa dei suoi racconti: promessa non mantenuta. Così in libreria oggi si trova ben poco della sua copiosa produzione breve: in pratica soltanto «Il mondo di Sturgeon» (Editrice Nord) e tre titoli da Fanucci: «La stirpe di Giapeto» (con una pessima introduzione del fascistoide Sebastiano Fusco), «E Pluribus Unicorn» e «Le mani di Bianca». Nel circuito dell’usato oltre ai volumetti di Urania (numeri 1014, 1045, 1071 e 1114 per chi avesse la pazienza di spulciare) che però contengono alcune perle mischiate a opere minori, con un po’ di fortuna è forse rintracciabile «Il sognatore» (Moizzi). Il resto è uscito soprattutto su riviste degli anni ’60-70 (come «Nova» o «Robot») o su fanzines praticamente introvabili.
    12. Il racconto uscì nell’antologia (di autori vari) «Fantascienza della crudeltà», Lerici, 1965.

NOTARELLA

Questo mio articolo uscì sul numero 229 (estate 1996) della rivista «A»: riprendeva in parte il testo di una “lezione” tenuta il 21 febbraio ’96 a Bologna, alla Libreria Universitaria Omosessuale del Cassero. Avrei voluto ritoccare qualcosa, aggiornare le note e aggiungere molto ma poi… chi mi fermava? Ma penso che, per iniziare il discorso qui in blog, possa bastare. Chi ha guarducchiato il libro-ornitorinco («Di futuri ce n’è tanti») che ho scritto con Riccardo Mancini forse ricorda che nel capitolo «Sesso, amore e X» ci sono ulteriori indicazioni (non abbastanza) e riflessioni (non abbastanza meditate e comunque troppo maschiocentriche; infatti vagheggiavamo di riprendere il “tema” in dialogo con un’amica). Mi piacerebbe che la riflessione qui accennata diventasse collettiva in codesto strablog (strano blog) e ancor più che alcuni romanzi e racconti di “fantasesso” fossero il filo di una proposta per una discussione o spettacolo nelle scuole. Registro stupore, anzi mi pare di aver sentito una voce quasi agonizzante fargugliare: «Nella scuola italiana di oggi? Impossibile, questo va oltre la più sfrenata delle fanta-scienze». Eppure io so che è possibile. Anche perchè ero in classe con Eraclito e Einstein dunque una volta li ho sentiti (erano al penultimo banco per cattiva condotta) dialogare così. Eraclito: «Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché l’avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada». E dopo breve riflessione Albert Einstein aggiunse: «Tutti sanno che quella cosa è impossibile, finché arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa».


Redazione
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