Shalton Cardinal: c’è del marcio in Canada

«Come due vascelli nello stesso fiume» è l’immagine che ricorda alla confederazione di nativi canadesi Hadenosaunee il trattato di Haldiman del 1784, come racconta Shalton Cardinal, giurista, rappresentante Cree. Lo abbiamo incontrato a Ginevra all’ultimo meeting del Gruppo di lavoro sui Popoli Indigeni nella Commissione dei Diritti Umani presso l’Onu.

«Il mio proposito è ricordare quello che tedeschi, francesi, britannici e americani si erano impegnati a garantire; sostanzialmente è un trattato di non interferenza nel nostro modo tradizionale di vivere». E’ quello degli autoctoni Mohawk, Seneca, Cayuga, Oneida, Onondaga e Tuscarota, il cui territorio comprendeva aree nelle Turtle Islands, in Ontario, Quebec, negli Stati di New York, Wisconsin e Oklahoma. L’accordo inoltre riconosce queste sei nazioni come alleati dei britannici, quindi mostra che esse esistevano politicamente e separatamente da altri Stati.

«Dai primi del 1700 abbiamo siglato vari negoziati con Olanda, Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti». Queste nazioni vollero mettere per iscritto ciò che gli Haudenosaunee, che non usavano il linguaggio scritto, erano capaci di ricordare tramite il simbolismo tipico della loro cultura: «Due file di conchiglie porpora contengono lo spirito dei vostri antenati e dei miei. Tre perle nel mezzo indicano la pace, l’amicizia e il rispetto. Le due file esprimeranno i cammini di due vascelli che insieme navigano nello stesso fiume. Dobbiamo percorrerlo, ognuno nella propria barca. Nessuna delle due parti proverà a governare l’imbarcazione dell’altro».

Il fine era una convivenza separata «fino a quando l’erba crescerà verde, l’acqua scorrerà, il sole sorgerà a est e tramonterà ad ovest».

Sfortunatamente, le violazioni sono state continue e i nativi ancora oggi subiscono gli effetti razzisti dell’ Indian Act deciso dal Canada nel 1924. Il governo usò la forza per rimuovere i Capi tradizionali e i Clan delle donne e statuì che da allora il solo potere riconosciuto era quello dei Capi imposti con l’Indian Act.

Se pensiamo che in Canada non ci sono altre legislazioni differenziate in base all’etnia cui si rivolgono, secondo i destinatari l’intento fu la loro eliminazione. Il sistema sociale indiano era basato sul matriarcato, con molta attenzione alla tutela della donna e dei bambini, per i quali erano previsti appositi clan. Si introdussero invece criteri europei, patriarcali, che penalizzavano le donne che sposavano non indiani, con la perdita del loro status di indiane nella comunità.

SCUOLE RESIDENZIALI E COMMISSIONE SUL GENOCIDIO

Uno dei più oscuri episodi nella storia recente del Canada sono le scuole residenziali, istituzioni legate al cattolicesimo e allo Stato, nelle quali il governo condusse i bambini nativi che toglieva alle tribù. Abusi sessuali e mentali sono i ricordi dei sopravvissuti, violenze documentate e supportate da varie testimonianze. Investigazioni stanno svolgendosi ancora oggi, da parte di una Commissione d’indagine pubblica che prosegue l’opera dei precedenti organi giudiziari riguardo i crimini commessi nelle scuole residenziali dei nativi, The Truth Commission into Genocide in Canada.

Perché tali violazioni? Quel che è avvenuto in queste “scuole” ha l’aspetto del genocidio. E quando le Nazioni Unite hanno così definito ciò che avvenne tra il ‘48 e il ‘49 stabilirono che i bambini non dovevano più essere sottratti alle famiglie.

«La maggior parte di questi istituti furono chiusi negli anni Settanta, ma erano in funzione dagli anni Quaranta e Cinquanta; gli ultimi scomparsero solo nel 1986. Traumi pesanti hanno segnato generazioni di individui che adesso sono diventati genitori e nonni. La estrema gravità di situazioni che attualmente fronteggiamo tra noi, dipende in larga parte da ciò che accadde nelle scuole residenziali».

RIDIVENTARE INDIGENI

Ai bimbi fu raccontato che se i genitori praticavano i rituali tradizionali erano in contatto col diavolo. La propaganda provocò problemi di identità; i bambini che parlavano il linguaggio tradizionale con fratelli e cugini erano picchiati severamente e venivano infilati loro aghi nella lingua; impararono a non farlo mai più. Ovvio che quella generazione si è rifiutata poi di insegnare il linguaggio ai bambini, per questo motivo in Canada le lingue originarie sono a rischio di estinzione.

Ora però i nativi esprimono il bisogno di “ridiventare” indigeni. Così sono state fondate scuole per l’“emergenza linguaggio”, al fine di reintrodurre i loro idiomi: le tribù cominciano a recuperarli (ciò è avvenuto fra i MicMac, i Mohawk e in altre tribù) e a reimparare la cultura dei nonni e in tale modo a fortificare le loro personalità, indebolite dai disordini mentali causati dall’assimililazione forzata. «Ciò preserverà la maggioranza delle nostre lingue, ma per la nostra lotta abbiamo bisogno di essere rappresentati nella comunità internazionale».

«Il problema è essere riconosciuti come popoli. Se ciò non avviene, nessuno si sente obbligato a confermare la validità dei nostri trattati, stipulati come nazioni e come popoli, e non possiamo avere una rappresentanza alle Nazioni Unite. E se non abbiamo una voce qui a Ginevra, il vantaggio per loro è evidente: i problemi restano “domestici”, non ci sono interferenze e interventi da parte di altri Stati».

Interessante l’ultimo documento presentato dalla Nazione Buffalo River Dene – del nord del Canada, su una superficie ricca di petrolio, gas, platino, uranio, diamanti, che fruttano alle multinazionali e al governo canadese miliardi di dollari. Si afferma che in caso di conflitti con le multinazionali all’interno dei loro territori, la giurisdizione non appartiene alla Suprema Corte del Canada.«Perciò intendiamo agire come nazione e portare i nostri casi davanti alla Corte Internazionale dell’Aia, per violazioni dei diritti umani riguardo la perdita dei nostri diritti negoziali».

CANADA, IL PAESE IDEALE?

Si dice che il Canada sia uno dei posti migliori in cui vivere; purtroppo, per gli indiani la situazione è molto simile a quella dei nativi negli Stati Uniti, con percentuali di mortalità e di abusi sessuali nelle riserve pari al doppio o al triplo rispetto alla media nazionale. Mentre il Canada ha un tasso di mortalità per omicidio più bassa degli Stati Uniti, nelle tribù canadesi è molto alto.

E’ probabile che anche loro entrino nel giro d’affari dei casinò, che rimpinguano l’economia delle riserve americane, ma creano un sistema estremamente instabile.

Sebbene le violazioni rispetto ai trattati degli indiani in America siano le stesse, è rilevante l’utilizzo dello Studio sui trattati compiuto dal Gruppo di Lavoro sui popoli indigeni all’Onu.

In forza di questo documento, i Cree del Lubicon, anche con l’aiuto dell’ong svizzera Incomindios, che ha mandato propri osservatori per conto delle Nazioni Unite, sono riusciti a rivendicare la propria sovranità territoriale e a lottare contro lo sfruttamento del petrolio da parte delle compagnie minerarie.

Ringrazio Silvana Fracasso per avermi consentito di riprodurre questo suo articolo che uscì su Rivista del volontariato nel…. del 2006. Ho chiesto anche ad altre amiche e amici di intervenire sulla polemica che si è aperta, anche su questo blog, a partire dall’articolo di Marco Cinque sul «genocidio canadese».

 

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