Sheckley, magazziniere di mondi

Immaginate qualcuno (losco individuo o benefattore?) che venda la possibilità di sganciare la mente dal corpo per «scegliere fra gli innumerevoli mondi-di-probabilità che la Terra emette ogni secondo»: vi trovate nel racconto «Il negozio dei mondi» con finale da infarto.

Ora immaginate che lo Stato approvi una legge sul Suicidio Volontario: un bell’aiuto per rilanciare i duelli mortali o per consentire anche ai dilettanti gli sport più estremi (da mostrare in tv e alzare l’audience): nel primo caso ecco il racconto «La settima vittima», nel secondo «Il premio del pericolo».

Per finire immaginatevi un Karl Marx che invece di dedicarsi all’economia si occupa di criminologia e tutte le mattine beve acido muriatico per poter scrivere il racconto «Licenza di delinquere» (in italiano conosciuto anche come «Criminali cercasi»).

E’ il riassunto di 4 fra le perle di Robert Sheckley. O meglio di 4 fra le più belle storie della fantascienza di sempre. Anzi no, di 4 fra i racconti brevi più riusciti del secolo scorso. Se non ci credete verificate: con l’antologia «La settima vittima» l’editore Nottetempo – 408 pagine per 18,50 euri – restituisce 16 favole nere (o forse squarci del futuro prossimo) introvabili da anni.

Non tutti e 16 sono capolavori, cioè all’altezza dei 4 citati. Un paio corrono via come acqua frescolina. Ma «L’armatura di flanella grigia» e «Pellegrinaggio alla Terra» dovrebbero trovare posto in qualsiasi antologia (filosofica, narrativa, ironica) sulle complicazioni dell’amore. Quanto al racconto «Ci facciamo 4 chiacchiere?» è una galoppata nella linguistica e infatti servì, nel 1977, a Umberto Eco per spiegare come mai “il movimento” e gli altri (politici, giornalisti, tuttologi) non potessero comprendersi. Quanto a «Lo scacco dell’imbecille» suppongo che sia segretamente studiato in tutte le accademie militari del pianeta.

Per un trentennio (cioè dal 1950 al 1980 circa) Sheckley fu un rabdomante delle storie: puntava la sua bacchetta che quasi subito vibrava facendo sgorgare acque purissime e mai viste prima. Poi la magia si è esaurita. Nel frattempo lo scrittore statunitense (ma di origini russe) non aveva saputo gestire i suoi soldini: così è morto povero nel 2005 lasciando però più ricco chiunque abbia incontrato le sue storie.

C’è da sperare che qualcuno (magari Nottetempo stessa) recuperi altre sue meraviglie: racconti come «Accademia», «Se il rosso uccisore», «Il linguaggio dell’amore», «Uccelli da guardia» o i tanti suoi romanzi usciti su Urania e oggi ingiustamente dimenticati.

LA CONSUETA NOTA

Questa mia recensione è uscita (parola più, parola meno) il 15 settembre nel supplemento libri del quotidiano «L’unione sarda». (db)

Redazione
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