Sicilia: come sempre, il problema principale è il traffico?

di Domenico Stimolo

Cresce il degrado ambientale, economico e politco: l’isola “disossata” di oggi e il futuro ancor più fosco

«Benedetto traffico»: da sempre, fin dagli albori dello stantuffo (volgarmente detto pistone) ha rappresentato il problema principale della Sicilia.

Dai primordi del Novecento sono passati molteplici decenni, le coppole sono alquanto smunte e “inoperose” (tranne nei paesi di montagna, giusto per riparare le orecchie dal pungente freddo), il saluto «Voscenza benerica» (Vostra eccellenza mi benedica) cioè l’ossequio devoto e pauroso del suddito-schiavo è ormai un lontano ricordo, per quanto pervicacemente resistano notevoli nicchie bene ammodernate che prediligono l’antica e “austera” conservazione della nefasta memoria e della pratica del servaggio. I sudditi insomma sono sempre tanti, per viltà, per necessità (clientelare) o per“scelta di vita”. I potenti gestori del trittico politico-affaristico-mafioso sono sempre molto bene radicati.

E’ il traffico però a rappresentare l’assillo quotidiano dei siciliani. Prima in città, paesi e campagne si girava con i cavalli; nelle regie trazzere e nelle strade cittadine i “motori” a quattro zampe seminavano le loro scorie naturali, in disprezzo delle civiche virtù e in lode agli “olezzi” scaturenti, in liquido e in solido. Tutto era tranquillo, la vita beata. Tranne per i cadaveri lasciati dalle lupare o per gli scomparsi lasciati dentro i pilastri degli edifici di nuova costruzione.

Ormai da lungo tempo prevale in maniera assolutista il rombo: non quello del cannone, tanto lodato nel canto «Tripoli bel suol d’amore» – quando i regnanti mossero guerra alla Turchia per conquistar la Libia -. ma il rombar delle “ scatole” e  “scatolette” montate su ruote gommate. Emettono suoni e variegate puzze, cospargono i dintorni con nuvole inquinanti, ingolfano le città, fanno insorgere potenti traumi psicofisici. La faccenda, del resto, riguarda l’Italia Intera.

Ma a Palermo è tutta un’altra musica! La questione del traffico, come problema storicamente dominante della capitale siciliana (quindi dell’isola) nell’era moderna, fu ben rappresentato da Roberto Benigni nel film Johnny Stecchino del 1991; le altre cose essendo marginali o inesistenti. Così, nel film, professa “l’avvocato/ zio” a Dante, fresco-fresco di arrivo a Palermo: «Nel mondo siamo conosciuti anche per qualcosa di negativo, quelle che voi chiamate piaghe. Una terribile, e lei sa a cosa mi riferisco: l’Etna, il vulcano, ma è una bellezza naturale. Ma c’è un’altra cosa che nessuno riesce a risolvere, lei mi ha già capito…. La siccità. La terra brucia e sicca, una brutta cosa. Ma è la natura…e non ci possiamo fare niente. Ma dove possiamo fare e non facciamo, perché in buona sostanza, purtroppo possiamo fare e non facciamo…Dov’è! E’ nella terza e più grave di queste piaghe che diffama la Sicilia e in particolare Palermo agli occhi del mondo. Eh…Lei ha già capito. E’ inutile che glielo dica. Mi vergogno a dirlo. E’ il traffico! Troppe macchine! E’ un traffico tentacolare, vorticoso, che ci impedisce di vivere e ci fa nemici famiglia contro famiglia, troppe macchine».

Il film dileggia in maniera geniale e “gentile” la mafia con tutto il largo mondo politico-affaristico-mafioso che per decenni si è ampiamente ingrassato sul popolo siciliano e sui corpi delle vittime. Le tante guerre mafiose hanno seminato in città e paesi dell’isola migliaia di morti ammazzati, una vera e propria “guerra civile”: componenti delle bande, familiari di esponenti e gregari dei gruppi criminali, cittadini innocenti, sindacalisti, giornalisti, magistrati, rappresentanti di polizia e carabinieri, bambini… Ora si spara meno ma continuano, più o meno sottotraccia, i lucrosi traffici.

Nel frattempo la Sicilia è stata “disossata”, bloccando i vari tentativi di tangibile sviluppo socio-civile-economico. Tutto è inquinato, nelle coscienze, nelle pratiche quotidiane, nei rapporti fra le rappresentazioni istituzionali territoriali e le cittadinanze. Le sudditanze si sono ammodernate assumendo ruoli e vestiti consoni al “traffico”. La pratica del clientelismo rappresenta lo strumento principale di impegno e di interscambio fra le lobby che reggono il potere economico/gli affari in genere e i tanti “figli” delle necessità che inseguono in maniera spasmodica la sopravvivenza. Poi, il racket del pizzo, la droga sbandierata a piene mani, i tanti picciotti senza occupazione, specie nei quartieri periferici ossessivamente sottoposti ai tentacoli delle mafie e delle variegate organizzazioni criminali, per svolgere ruolo di manovalanza nelle operazioni illegali. La corruzione che coinvolge i “pubblici uffici” ha assunto aspetti operativi qualitativi e quantitativi devastanti. L’amministrazione della giustizia si sviluppa con condizioni assolutamente ritardatarie, compromettendo in maniera rilevante il complessivo quadro sociale ed economico. Enormi le lungaggini  temporali. Più o meno allineati con le tempistiche in atto nel Meridione: 1734 giorni per completare un procedimento civile, 1822 giorni per il contenzioso tributario.

Nel corso degli ultimi decenni sono stati inghiottiti decine e decine di miliardi di euro provenienti dai fondi economici stanziati dalle strutture nazionali ed europee senza miglioramenti sulle condizioni delle infrastrutture materiali e sulle condizioni di vita della stragrande maggioranza della popolazione. Ingrassando invece i circuiti mafiosi e affaristici. La Sicilia è l’ultima regione in Europa per certificazione della spesa delle risorse economiche europee 2014-2010 (5,3 miliardi di euro). Specie nell’ultimo decennio si sono amplificati a dismisura i dislivelli sociali: i ricchi (chiusi nei loro fortini dorati) sono diventati sempre più ricchi, la povertà, in molti casi spasmodica, si è ancora accresciuta.

I dati Istat mettono bene in evidenza la situazione di gravissima difficoltà che riguardano un numero consistente di siciliani. A “rischio di esclusione sociale” sono 2.810.968 persone: 1.418.362 le donne e 1.392.607 gli uomini. Il rischio di povertà è il più alto in Italia: 42,3%.

Le persone che vivono sotto la soglia di povertà sono il 29% dei residenti; quindi 1.320.000 persone in condizioni di “grave deprivazione materiale”, 232.000 sono minori. Le persone che vivono in situazioni abitative di sovraffollamento in case prive di servizi sono 423.794 (8,4% dei residenti). Complessivamente (dati Srm Napoli) il 42,3% dei minori vive in condizioni di povertà economica ed educativa (quest’ultima ha un indice del 118,76%, la più alta in Italia); il 15,01% dei minori vive in grave povertà; i Neet (non studio- non lavoro) fino a 29 anni sono il 44,82%; oltre 85.000 ragazzi hanno al massimo la licenza media e non frequentano corsi di formazione. La Sicilia è al 448° posto per numero di laureati su 462 regioni d’Europa (dati Eurostat).

Il degrado ambientale e gli inquinamenti sono divenuti sempre più insostenibili, nelle città, nelle campagne, lungo le coste e nei mari che circondano l’isola. L’imponente abusivismo edilizio è sempre più imperante. Dai dati di cinque anni addietro emerge che le istanze di sanatoria erano 770.000; 52.000 “manufatti” riguardano costruzioni che sono state edificate entro i 150 metri dalla costa.

Diverse sono le aree territoriali fortemente inquinate, con specifico rischio sanitario per le popolazioni residenti. In particolare il diffuso pericolo è derivante da siti industriali in attività da molti decenni, con il conseguente rilascio di agenti chimici: Ipa, diossine,  metalli pesanti, benzene, idrocarburi. Ammorbando Priolo, Augusta (Siracusa) o Biancavilla (Catania) con l’amiango. Nell’ambito dell’indagine nazionale effettuata dall’Ispra questi luoghi sono considerati ad “elevato rischio sanitario”.  Pregiato il servizio giornalistico di Domenico Iannacone trasmesso da Rai3 il 18 novembre nel programma «I dieci comandamenti» intitolato “ Pane nostro, sull’inquinamento del triangolo industriale di Augusta, Priolo, Melilli. Sono decenni che in quei luoghi si muore a seguito dei tumori conseguenti ai fumi emessi ma le strutture politiche e istituzionali, a ogni livello, non hanno mai assunto posizioni ed interventi significativi e risolutivi.

Inoltre, lo stato disastroso della situazione complessiva della vivibilità  emerge nel 25° rapporto Ecosistema urbano di Legambiente e Ambiente Italia, reso noto circa un mese addietro.  Gli aspetti negativi si consolidano sempre più. Nei 17 parametri presi in esame nel contesto di 5 macro aree (area, acqua, rifiuti, ambiente, energia) le nove provincie siciliane si trovano quasi tutte posizionate nella parte finale della graduatoria; in particolare, Catania, Agrigento, Palermo, Siracusa, Trapani…. 

Nel Rapporto «Ecomafie 2018» – le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia”, redatto da Legambiente – la Sicilia purtroppo detiene il secondo posto nella nefasta classifica, con il 10,6% delle infrazioni accertate sul totale nazionale.

E’ stato tagliato gran parte del lavoro buono, facendo accrescere a dismisura, precariato, lavoro nero, disoccupazione, infortuni nei luoghi di lavoro, emigrazione verso il centro-nord Italia, l’Europa e il resto del mondo, cresciute tutte in maniera esponenziale. Negli ultimi dieci anni il prodotto interno lordo si è abbassato del 12,9%. La frantumazione e lo smantellamento dei siti di produzione ha assunto un carattere impressionante, infatti le grandi strutture che hanno fra i 50 e i 1500 addetti e un fatturato fra i 16 e i 355 milioni di euro sono 33, rispetto al 2008 il 35% in meno (dati Svimez). La retribuzione mensile media in Sicilia per gli uomini è di 1162 euro, per le donne, fortemente discriminate, si abbassa del 20%, pari a circa 950 euro mensili. Nel 2017 il tasso di occupazione è stato del 40,6%; quello giovanile (15-34 anni) è del 26,2%, con un notevole decremento rispetto al 2008, pari al 36,2%. Inoltre circa 300.000 lavoratori svolgono attività al “nero” – dunque fuori dalle regole – con incidenza pari a circa il 20%. La somma dei disoccupati e inoccupati è pari al 40% della popolazione tra 15 e 64 anni.

La fuga dalla Sicilia, tecnicamente detta emigrazione, continua in maniera rilevante, come in tutto il Meridione. Dagli ultimi  dati Svimez emerge la drammaticità della situazione in essere. Dal 2002 al 2017 hanno abbandonato l’isola verso il centro-nord e l’estero (solo per  i cambi di residenza ufficiali) 177.500 persone, di cui: 44.901 laureati, 126.000 appartenenti alla fascia 15-34 anni. Considerando le persone che hanno mantenuto la residenza nei luoghi di nascita il numero è certamente assai più alto. Molti paesi, specie nelle aree interne e di montagna, si sono spopolati. L’emigrazione dei giovani ha determinato l’abbandono di molti piccoli centri, rimasti senza i servizi essenziali e privi di collegamenti adeguati; in questi luoghi moltissime case sono rimaste vuote con una valore economico pari a zero.  Le previsioni a medio termine sono nere: infatti nel 2065 i residenti nell’isola si abbasseranno di quasi 1,2 milioni, passando da circa 5,1 milioni a 3,9 milioni. Una situazione catastrofica. Può essere modificata solamente con un’adeguata politica di accoglienza dei migranti (anche con un appropriato piano abitativo) che possono contribuire in maniera significativa al ripopolamento umano e alla ripresa di parecchie attività lavorative ormai abbandonate, in particolare dei piccoli centri; superando il bieco sfruttamento schiavista nelle campagne. L’esperienza di Riace insegna. 

La struttura dei servizi dedicati ai soggetti più deboli, bambini e anziani, è complessivamente disastrosa. Dei bambini fino a due anni solamente il 4,6% ha avuto maniera di usufruire di asili nido pubblici; delle persone oltre i 65 anni solo il 3,5% fruisce di assistenza domiciliare.

Infine in Sicilia il 20% dei Comuni sono in crisi economica: dissesto già ufficializzato o in condizioni di pre-dissesto. Complessivamente 28 i Comuni già in dissesto di fatto, 35 in procinto di dichiararlo. Un totale di 1.400.000 cittadini vivono in realtà urbane implicati nelle gravissime condizioni finanziarie in essere.  Sono coinvolte grandi città come Catania e Messina. In queste realtà sono in procinto di essere tagliati ( in parecchi luoghi è già avvenuto) tutti i servizi di base per i cittadini che sono di competenza ai Comuni, con grande rischio per l’occupazione correlata e la decurtazione delle quantità economiche dei soggetti creditori che hanno fornito prestazioni ai disastrati comuni interessati.

Immenso il patrimonio costituito di beni mobili e immobili sequestrati in Sicilia alle organizzazioni mafiose e a soggetti che sono stati collaterali alla mafia. Vale parecchi miliardi di euro. Dai dati in essere all’inizio del 2017 (a cura di Anbsc – Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata) emerge che solo alla voce destinati (cioè individuazione d’uso già definita) i beni immobili sono 4.026, le aziende 327; si aggiungono le grandi partite economiche liquide (costituite anche da titoli di vario genere) sequestrate. Un immenso capitale del malaffare costruito a danno dei cittadini siciliani.   

Questo il quadro tragico e desolante caratterizzante la Sicilia. Alcune settimane addietro a Catania è stata incriminata per traffico illecito di rifiuti la celebre organizzazione internazionale umanitaria Medici Senza Frontiere, indagando 12 persone, 10 delle quali appartenenti alla ONG e alla nave Aquarius che è stata sottoposta a sequestro. Sotto accusa parte dei rifiuti  – quelli dichiarati di ordine sanitario, compresi indumenti intimi – scaricati nei porti dalle navi Aquarius e Vos Prudence: rifiuti “prodotti” dalle indispensabili modalità d’intervento e dalle necessità delle prime cure nei confronti delle migliaia e migliaia di rifugiati salvati in mare. La gran parte dei salvati erano in condizioni psico-fisiche disastrose, in fuga da guerre, carestie, dittature e fame;  la maggioranza proveniente dalla detenzione nei lager della Libia (in relazione ai 37 approdi presi in esame dagli organi inquirenti nei porti di Catania e Augusta). Medici Senza Frontiere, nata nel 1974,  è «un’organizzazione internazionale non governativa che si prefigge lo scopo di portare soccorso sanitario e assistenza medica nelle zone del mondo in cui il diritto alla cura non è garantito». E’ presente in molti luoghi del mondo dolente a supporto dei miseri e dei disperati.  Si regge esclusivamente con i contributi privati provenienti da tutti i continenti. Nel 1999 MSF ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace.  Ma per i giudici Medici senza frontiere è una minaccia per la Sicilia, peggio del traffico…

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *