Slawomir Mrozek: «L’elefante»

debutta «I libri di franz», una nuova rubrica (*)  

Dopo la morte di Slawomir Mrozek ho ri-scoperto che a casa avevo «L’elefante», un suo libro che ho da tanti anni (25, 30?) e non rileggevo da allora

L’ho ripreso in mano e ho letto ogni racconto, piano piano: i più “deboli” sono bellissimi, gli altri perfetti (dice JL Borges che il dubbio è uno dei nomi dell’intelligenza; umorismo e satira sono altri nomi, dico io)

A volte quando un libro ti piace molto lo leggi quasi con avidità, per vedere come finisce (questo metodo funziona con i romanzi), altre volte lentamente, come quando da bambino il gelato quasi si scioglieva sul cono, prima di finirlo (quest’altro metodo funziona con i libri di poesie, di racconti e di aforismi).

Di questo libro godetene lentamente, non vi deluderà – franz

Ps: QUI trovate il racconto che da il titolo al libro, se non vi piace non so cosa fare, fatevi vedere da qualcuno, ne avete bisogno.

(*) Ho chiesto a «franz» di presentare questa sua rubrica e lui mi ha inviato questo testo.

«All’infuori del cane il libro è il miglior amico dell’uomo, dentro è troppo buio per leggere (Groucho Marx)

Ah, i libri! Sono bottiglie lanciate in mare, come nei film di pirati, i migliori sono mappe del tesoro, solo bisogna saper leggere quello che qualcuno, che non ci conosceva, ci ha donato. Credo davvero che quanto più s’allarga la nostra conoscenza dei buoni libri tanto più si restringe la cerchia degli esseri umani la cui compagnia ci è gradita. Noi siamo come nani sulle spalle di giganti e la lettura di tutti i buoni libri è come una conversazione con gli uomini migliori dei secoli andati. Una cosa è necessaria: non leggete come fanno i bambini per divertirvi o, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere. Risponde qualcuno alla domanda sugli scrittori del momento: “Non so niente della letteratura di oggi, da tempo gli scrittori miei contemporanei sono i greci”. I libri non si scrivono sotto i riflettori e in allegre brigate, ciascun libro è un’immagine di solitudine, un oggetto concreto che si può prendere, riporre, aprire e chiudere e le sue parole rappresentano molti mesi, se non anni, della solitudine di un uomo, sicché a ogni parola che leggiamo in un libro potremmo dire che siamo di fronte a una particella di quella solitudine. Un libro è uno specchio. Se ci si guarda una scimmia, quella che compare non è evidentemente l’immagine di un apostolo.

PS: mi hanno aiutato con le loro parole (in ordine sparso): Paul Auster, Georg Lichtenberg, Bernardo di Chartres, Gustave Flaubert, Ludwig Feuerbach, Francesco Masala, JL Borges, René Descartes. Grazie a tutti – franz

Il magazziniere di turno a volte nei prossimi giorni si sentirà chiedere da cgi è passato per il blog: «perché franz minuscolo?». E nascondendosi dietro il muletto lui, probabilmente, risponderà così: «avete presente bell hooks?». Voi sapete tutto di bell hooks (veeeeeeero?). Scusate ora vado a sistemare gli scaffali. (db)

 

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