Soldati, PTSD e Hollywood
di Pierre Conesa (*)
Nel sottosuolo di un commissariato di una cittadina nel nord-ovest degli Stati Uniti, gli agenti di polizia maltrattano un veterano vagabondo che lo sceriffo locale prova in antipatia. È così che si lascia trascinare l’azione di «Rambo» (1982). Interpretato da Sylvester Stallone, John J. Rambo oppone una resistenza passiva e muta, ma quando uno degli agenti brandisce un rasoio, riaffiora il ricordo delle torture subite dal soldato quando era prigioniero dei vietnamiti. Il resto è noto. Rambo va su tutte le furie, fugge nel bosco e finisce per distruggere mezza città prima di arrendersi al colonnello Trautman, suo ex superiore.
Già nel 1978, «Il cacciatore» di Michael Cimino, vedeva protagonisti tre lavoratori di ritorno dal ‘Nam con problemi fisici e, soprattutto, psicologici. Sebbene nessuno ignori le conseguenze psicologiche delle guerre, la categoria del disturbo da stress post-traumatico (o PTSD) si applica per la prima volta ai veterani dell’intervento americano in Vietnam (1965-1975), per poi riscontrare un successo senza precedenti. È impossibile parlare di un conflitto senza affrontare la questione. Anche gli autori di atrocità hanno diritto a questa attenzione, come evidenziato da una serie di articoli sul disturbo da stress post-traumatico subito dai soldati israeliani che hanno partecipato alla distruzione di Gaza. Se, nel film di Cimino, il personaggio di Mike (interpretato da Robert De Niro) sembra incline a rinunciare alla violenza al suo ritorno a casa, questo non è il caso per altri tre grandi guerrieri del cinema, inclini al disturbo da stress post-traumatico se ci atteniamo alle loro molteplici performances da picchiatori.
In Rambo II. The Mission (1985), Stallone restituisce l’orgoglio agli americani che stanno curando le ferite del “ pantano ” vietnamita (2,3 milioni di soldati hanno prestato servizio lì). Il suo personaggio passa così dallo status di paria a quello di un eroe capace di ricostruire da solo la guerra del Vietnam. “ Questa volta vinceremo?», chiede al colonnello Trautman, che risponde: “ Questa volta dipende da (…)
L’ARTICOLO PROSEGUE SULL’EDIZIONE ITALIANA DI «LE MONDE DIPLOMATIQUE», gennaio 2025: in edicola con il quotidiano «il manifesto» con il titolo «Un cinema post-traumatico» (traduzione di Valerio Cuccaroni). Dopo aver citato molti film – fra cui «American Sniper» (di Clint Eastwood) e «Berretti verdi» con John Wayne – l’articolo ricorda i numeri impressionanti del PTSD fra i reduci del Vietnam: «Il 27 marzo 2014 a Washington 1892 bandiere americane sono state piantate sul National Mall, in omaggio ai 1892 veterani che si erano tolti la vita dal 1° gennaio dello stesso anno: ovvero 22 al giorno in media… Il Ptsd dei soldati merita senza dubbio qualcosa di meglio dei fantastici “eroi” hollywoodiani che non hanno mai fatto la guerra».
(*) Pierre Conesa è un ex alto funzionario del ministero della Difesa francese, autore di «Hollywar. Hollywood, massiccia arma di propaganda», Robert Laffont, Parigi, 2018.