Space Opera ti amo…

o se preferite «Never see it in Galaxy»

di Fabrizio (Astrofilosofo) Melodia

«Artificiosa, rimacinata, puzzolente e logora storia d’astronavi» scriveva nella sua fanzine il grande nerd fantascientifico e poi scrittore Wilson Tucker, parlando della cosiddetta “space opera”.

Un termine a noi molto caro e familiare, in quanto spesso la fantascienza viene associata dal grande pubblico proprio alla “space opera”, ora più che mai popolare sul grande schermo.

Reduce dalla bellissima mostra «Alieni» – allestita presso WOW Spazio Fumetto di Milano e molto ben curata (*) – sono rimasto estasiato dai numerosi fumetti (oltre 9000 volumi) della grande biblioteca presente nel suddetto Spazio Fumetto, gran parte frutto di donazioni da parte degli editori italiani (fra i quali spiccano Disney Italia, Bonelli, Astorina, Panini Comics, Hachette, RCS, MCK e Star Shop) e di privati: aperta a tutti a scaffale libero, una vera goduria per ogni fumettaro che si rispetti.

Un luogo dove sono organizzati bellissimi workshop di fumetto e illustrazioni, numerosi eventi come quello della serata dedicata alle colonne sonore dei film di fantascienza tenutasi giovedì 21 giugno, e un simpatico negozio di fumetti e gadget a tema, compresi i cataloghi delle mostre.

In questo negozio di leccornie tipicamente nerd (termine già usato da me per la serie tv «The Big Bang Theory») balza al mio occhio la sola Space Opera degna di tal nome, il mio amato «Star Trek».

Ti pareva, questo è un nerd infognato” diranno i miei due o tre followers. Verissimo, se non fosse per il fatto che l’editore Free Books ha ristampato completamente la saga a fumetti dell’Enterprise, quella che a suo tempo – nel lontano 1967 – fu prodotta ed edita dalla casa editrice statunitense Gold Key, all’incirca un anno dopo la messa in onda (in data stellare 8 settembre 1966).

La Gold Key fu la prima casa editrice a intuire l’enorme potenziale della creatura di Gene Roddenberry, la quale purtroppo sarebbe stata cancellata dai palinsesti per scarsi indici d’ascolto dopo appena tre gloriose e inimitabili stagioni che si giovavano di numerosi grandi autori intervenuti alle sceneggiature fin dai primi episodi:Richard Matheson, Harlan Ellison e Theodore Sturgeon, oltre alla brava e carismatica Dorothy Catherine Fontana.

Tali albi in realtà si discostano dal continuum della serie originale, proponendo episodi originali e assai avvincenti, disegnati anche da bravi autori italiani quali Nevio Zeccara e Alberto Giolitti, colonne portanti della famosa e da molti compianta rivista «Il Vittorioso», vera fucina di talenti del fumetto italiano.

Gli episodi dello Star Trek targato Gold Key furono distribuiti a cadenza assai irregolare ma riuscirono a conquistarsi una rilevante fascia di pubblico, anche fra i non appassionati.

Nel 1974 la testata decollò diventando bimestrale ma nel 1979 – a meno di un anno dalla prima visione del film «Star Trek – The Motion Picture» – la Paramount, che deteneva i diritti, rescisse improvvisamente il contratto e la Gold Key fu costretta a chiudere i battenti con il numero 61.

Ora la ristampa della Free Books riporta in vita questa pregevole serie che appassionerà non solo l’amante della fantascienza (nerd), ma anche coloro che di solito non amano astronavi, battaglie spaziali e melodrammi.

E chissà che il successo dello «Star Wars» targato Disney non aiuti in positivo in questa direzione.

Questo perché, come ricorda appunto Wilson Tucker nel suo solerte commento, la space opera è stata fin da subito il genere che negli USA ha saputo amalgamare il senso del meraviglioso e della frontiera tipico del western con la moderna tecnologia, creando una vera epopea mitologica del futuro prossimo venturo.

Vorrei ricordare come la verosimiglianza scientifica tanta cara a riviste quali «Astounding Stories» sia oggetto di numerose variazioni e sfumature. Una costante potrebbe riferirsi al clichè delle astronavi che viaggiano a enormi velocità superiori a quelle della luce, mentre in altri scenari abbiamo personaggi in grado di distruggere pianeti con capacità mistiche.

Anche gli approfondimenti psicologici dei vari personaggi spesso variano, da macchiette fino a veri personaggi a tutto tondo e di sicuro carisma.

Nei suoi aspetti più “alti”, la space opera assume le sembianze di una profonda riflessione filosofica contro la xenofobia e il militarismo, come testimonia per l’appunto «Star Trek» … e non solo.

Autori come Lois McMaster Bujold e Iain Banks scrivono di conflitti dalle caratteristiche molto umane, mentre altri come Harry Harrison e Douglas Adams giocano sul lato ironico, mettendo alla berlina gli stereotipi più diffusi.

Fritz Leiber in «Novilunio» porta in scena un possente conflitto interstellare mentre Samuel R. Delany in «Nova» (vedi un mio precedente post bottegardo) si ispira a tematiche mitologiche. La satira regna sovrana nel romanzo intitolato proprio «Space opera» del dissacrante Jack Vance, in cui una compagnia operistica diffonde cultura e bellezza in pianeti che ne sono privi… forse anche nel nostro.

Non è un caso se in molti premi Hugo (ricordo che è uno dei maggiori riconoscimenti in ambito sf) fra il 1982 e il 2002 hanno trionfato testi inquadrabili nella space opera.

Segnalo che il mondo degli anime, ovvero i famosi cartoni animati giapponesi – ne ho parlato in un altro mio post bottegardo (oggi sono in vena di ipertestualità e autocitazioni) – sia oggi la più potente e ribollente forgia di space opera. Infatti serie come “Cowboy Bebop”, “Mobile Suit Gundam”, “Dirty Pair” (Original e Flash), “Seikai no monshō”, “Ginga eiyū densetsu” e “Mobile Battleship Nadesico” portano il genere a nuove vette, influenzando altre produzioni come la serie tv di successo “Farscape” nientemeno che di Jim (mister “The Muppets”) Henson, la quale ha variato in corso d’opera la propria trama, aggiungendo caratteristiche degli anime giapponesi.

Come recitava la famosa rivista «Galaxy» – nel retro del numero 1 – mettendo alla berlina le melodrammatiche e avventurose storie simil western trasposte in chiave fantascientifica: «NEVER SEE IT IN GALAXY».

(*) cfr Alieni in scena al WOW Spazio Fumetto di Milano

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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