Squadrista anche io?



Sono stato beccato ieri (beh non è che mi nascondessi) a canticchiare “il povero Bonanni ha un buco nella giacca, il povero Bonanni ha un buco nella giacca, il povero Bonanni ha un buco nella giacca, otturiamolo con il chewing gum” (sì, proprio sull’aria di quella vecchia canzone da bimbi) e subito mi sono tirato addosso il titolo di estremista – grazie, prego – e sottovoce di squadrista, neanche questo del tutto inedito perchè i vari ex partiti di Fassino (Pci e sigle successive) sono abituati a chiamare così o peggio chi con loro non consente. E io con loro quasi mai consento.

Squadrista – dixit Pd – come i grillini e i “viola” che fischiano Schifani, doppio o triplo squadrista come chi contesta Bonanni. Ci tengo a fare un po’ di chiarezza. Almeno con me stesso.

1 – Il diritto a fischiare è assoluto, come quello di applaudire.

2 – Non è carino tirare fumogeni (che però si chiamano così perchè fanno fumo, se no si chiamerebbero arrostogeni o molotov) però a me risulta che per Bonanni le cose siano andate diversamente: piddini e/o cislini prima hanno preso a sediate chi fischiava e poi si sono stupiti se reagivano. Si chiama, anche nei tribunali, legittima difesa.

3 – Questa storia dei media che raccontano di gruppi violenti la conosco bene, da giornalista (quasi ex) e da militante. A volte è vero: alcuni gruppi o persone praticano la violenza. A volte è del tutto falso oppure si tratta di autodifesa. Potrei citare 100 casi mi sbilancio su uno famoso. E’ ormai passato alla storia che nel ’77 un branco di indemoniati impedì al povero Lama di parlare all’università: io c’ero e non andò così, ci difendemmo, poi contrattaccammo. Che non eravamo lì per picchiare è dimostrabile anche da un’attenta ricognizione delle foto: in mano a noi non si vedono bastoni (sì invece nelle mani del servizio d’ordine del lama non tibetano, li scaricarono da un camion fotografato anche quello, li celarono sotto gli impermeabili e li usarono da subito) ma assi di legni che prendemmo dal cantiere (di Matematica, se non ricordo male) o rami di legno (in terra) recuperati solamente dopo le ripetute, violente cariche del servizio d’ordine di quella parte della Cgil che era venuta a insultare noi nonchè la Cgil università che appoggiava l’occupazione e (a larga maggioranza, semprechè non sia tradito dalla memoria) aveva detto al Lama non tibetano di non venire

4 – Non approvo più (da giovane sì) la pratica della violenza occasionale e/o organizzata ma dubito che qualcuna/o mi convincerà che difendersi sia sbagliato.

5 – La grande truffa è comunque sempre quella: che i partiti, i media, i benpensanti e qualche disinformato (o citrullo) di passaggio vedono solo la piccola violenza e mai la grande. Oggi sono morti a Capua 3 operai. Omicidi bianchi è il nome giusto per dire che sono stati assassinati… in guanti bianchi, dall’organizzazione capitalistica del lavoro (sfruttamento avrebbe detto quel barbuto di Karl) e/o dal non rispetto delle regole. Sentirò oggi Fassino, Bersani, Letta, Veltroni dire che la fabbrica farmaceutica per colpa della quale sono morti è squadrista? Funzionerà il solito giochino dello scarica-barile sul sub-sub-sub appalto. Come se poi la possibilità di operare – cioè nascondersi – nella catena dei subappalti non venisse da leggi approvate perlopiù dai governi del centro-centro-centro-centro-sinistra.

6 – Chi segue i lavori parlamentari sa comunque che (di solito d’estate) negli ultimi anni molte volte il Parlamento, pur con varie maggioranze, ha approvato leggine per depenalizzare – insomma graziare – quei pochi padroni e padroncini che, nonostante leggi a loro sempre più favorevoli, avevano trovato qualche poliziotto prima e giudice poi che indagando seriamente li aveva inchiodati alle loro responsabilità. Non solo nessun padrone finisce in galera per gli omicidi bianchi ma spesso neppure paga una multa. Io lo chiamerei squadrismo parlamentare ma Fassino credo parlerebbe di sostegno all’imprenditoria.

7 – Per quel che vale dò la mia solidarietà al quotidiano “il manifesto” attaccato (dal Pd in prima fila) per non essersi unito al coro di “Bonanni santo subito” e soprattutto per aver pubblicato lettere del tipo: “seminate vento (licenziamenti e dosi massicce di fascismo) e poi vi stupite che arrivi la tempesta”, cioè qualche fischio. Finora solo qualche fischio. Molte persone di buon senso e certo non estremiste si stupiscono che in Italia ci sia una reazione così pacata… in Francia succede ben di peggio ogni volta che la destra alza la testa.

7 bis – Forse chi legge “il manifesto” ricorderà un episodio clamoroso della fine degli anni ’70 (o era gli inizi degli anni ’80? boh, non ho voglia di controllare). L’allora Pci si inferocì perchè su un muro della Fiat continuava a ricomparire una vecchia scritta: “viva il compagno assenteismo, terrore dei padroni fa bene all’organismo”. Qualcuna/o a “il manifesto” la difese, spiegando che l’assenteismo è anche – non solo – un modo per difendersi dallo sfruttamento. Elegante e dialettica la risposta del Pci: “così date una mano ai terroristi”.

8 – Da anni cerco di muovermi su pratiche nonviolente, gandhiane; è un discorso assai complesso che non è certo il caso di fare qui anche perchè dovrei prima ricordare che il vero Gandhi era molto diverso dal “bonaccione” del quale in Italia spesso si vaneggia. Però a chi vuole difendere noi tutte e noi tutti dal fascismo montante, sia sincero riformista o in cammino sui difficili sentieri della nonviolenza, chiedo: possiamo continuare a essere assenti dai luoghi della grande violenza? Quanto continueranno i nostri silenzi, la nostra non presenza (o debolezza se vogliamo dirla così)?

9 – Mi sono chiesto l’anno scorso, scrivendo nell’antologia “Rondini e ronde”, se questo sia il 2009 o 2010 oppure il 1933, facendo un paragone con quel che accadeva in Germania. Temo che se la risposta giusta è “1933” il tempo del silenzio debba finire. Subito.

10 – Ho sognato su codesto blog che “prima dell’inverno buttiamo giù il governo”. E’ il minimo da fare.

UNA BREVE NOTA. So con questo articolo di dare un dispiacere (o peggio) ad alcune/i amiche e amici di codesto blog ma conservo l’abitudine alla franchezza. Sempre disponibile a cambiare idea… se qualcuna/o (o qualcosa) mi convince. Neanche a dirlo il dibattito è aperto: “ce n’est qu’un debout continuons le debat” (ma anche: “continuons le combat” come ci ha insegnato il maggio francese).

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

20 commenti

  • – “Il Bonanni affumicato”: opera buffa di P.D.

    – Oggi ci sono stati altri tre morti sul lavoro. Tremonti si è dichiarato soddisfatto.

    Ciao,
    Vittorio

  • In questa storia del fumogeno il dato per me preoccupante è la criminalizzazione (Sacconi che chiede l’arresto, le parole a ruota libera di politici di ogni parte) di un gesto di contestazione. E’ in atto un processo di riduzione degli spazi di opposizione ad ogni livello, lotta di classe a senso unico: da chi sta in alto contro chi sta in basso. Licenziamenti politici, denunce con capi di accusa spropositati, condanne fuori da ogni criterio di equità (15 anni per le vetrine di Genova,9 per un etto di hascisc) e l’elenco potrebbe continuare.
    Di fronte a questo il problema è, come ricorda Marcos, in QUANTI ci si organizza per resistere. Le forme di lotta da questo dipendono.

  • Ma va là che sei un moderato… :-D)

  • DB, mi trovo in difficoltà nel lasciare un commento, ma lo faccio perché me lo hai chiesto. Su alcuni punti sono d’accordo con te: le strumentalizzazioni. Su altri abbiamo punti di vista differenti ma arriviamo a conclusioni simili: la deregolamentazione responsabile delle morti sul lavoro, ma è anche una questione civile e culturale, non si tratta soltanto dell’assenza di regole, si tratta anche dell’assenza di una cultura del rispetto delle regole, dove le regole non vanno rispettate perché la legge deve essere sempre rispettata, ma le regole vanno rispettate perché HA SENSO rispettare le regole a beneficio di tutta la comunità, e sull’assenza di questa cultura le responsabilità non mi sembrano particolarmente localizzate, ma sono invece secondo me piuttosto distribuite.

    Su altri punti sono in disaccordo. Quest’anno non è il 1933, è il 2010. Non significa tirare un sospiro di sollievo. Potrebbe anche essere peggio. I problemi sono differenti, e richiedono ragionamenti e percorsi differenti, perché il mondo è differente. Non vorrei che “1933” fosse la nuova chiamata alle armi delle avanguardie per promuovere la tanto attesa rivoluzione delle masse oppresse. Non che io abbia navigato così tanto, ma francamente, basta con le chiamate alle armi da parte delle avanguardie. Avremmo bisogno di nuove pratiche, o di sostenere vecchie pratiche dimenticate, valutarle, ripensarle, attuarle.

    In particolare, sono in disaccordo pratico, non ideale, ma pratico, strategico, quando domandi:

    “possiamo continuare a essere assenti dai luoghi della grande violenza?”

    io ti rispondo con una domanda, questa:

    “dov’è che la nostra presenza, anzi ancora meglio, dov’è che le nostre energie possono essere più EFFICACI contro la grande violenza?”

    Perché secondo me le energie, quelle poche disponibili rimaste dopo aver fronteggiato il problema di una sopravvivenza onesta e coerente, compito non banale nel mondo di oggi e di ieri, queste poche energie, a meno, scusa la provocazione, e la provocazione non è diretta a te, a meno di non essere un rivoluzionario d’avanguardia professionista con il culo coperto, queste poche energie, che, messe INSIEME sono MOLTE energie, potrebbero essere impiegate per sostenere la COSTRUZIONE di sistemi alternativi, non necessariamente chiusi e isolati, pronti a emergere non appena giungerà il collasso del sistema presente ( malgrado a me sinceramente il capitalismo non faccia né caldo né freddo, ha i suoi pregi e i suoi difetti, dipende COME lo si applica, con che regole ). COSTRUIRE sistemi alternativi, pronti a emergere, significa affrontare problemi, la necessita di trovare un modo di organizzarsi, cooperare, gestirsi, gestire i conflitti, valorizzare i talenti, rispettare e rispettarsi, e i problemi sono concreti.

    Non si tratta di essere presenti al corteo o al presidio, presenze molto più facili e meno impegnative. BENE INTESO che i cortei ed i presidi hanno la loro importanza, ma siamo sicuri che non l’abbiamo sopravvalutata? Perché, altrimenti, dopo milioni di cortei e presidi, ci troviamo nel 2010 in Italia? Ve lo chiede una persona nata nel settembre del millenovecentosettantasette.

    Allora, questo è il mio commento sincero, il taglio è un po’ provocatorio, e ho scritto alcune pensieri scandalosi ma sinceri, spero di non essere espulso dal tuo spazio. Comunque, sono nessuno, uno strambo un po’ stupido e sbandato quindi ci si perde nessuno.

    Espulsione o meno, ti ringrazio.

    • Tengo molto al giudizio di Agostino,
      parto dalla fine
      naturalmente sono contrario alle espulsioni (o alle censure) di qualcuna/o che non la pensa come me; se qualche volta una comunità si deve difendere forse si può praticare qualcosa di simile all’antico ostracismo ma dev’essere una decisione collettiva, pubblica e assai meditata.Qui invece siamo persone preoccupate (a dir poco) del fascismo che monta e cerchiamo insieme una soluzione, in primo luogo di capirci.
      Per me il primo problema è il fascismo che riemerge, la grande violenza in Italia e nel mondo la crescente ingiustizia sostenuta dalle armi ma anche dal trio criminale che si chiama Banca Mondiale, Fondo monetario internazionale e Organizzazione internazionale del commercio: non è squadrismo imporre ai Paesi più poveri o più sfruttati politiche che causano la morte di altri milioni di persone? Ci si può opporre con grazia al fascismo che monta o all’ingiustizia planetaria? Sono convinto che la gentilezza sia un valore ma non se dovesse significare la rinuncia al fondamentale diritto di difendersi. Gandhi non diceva: rassegnatevi, state zitti, educatemente dite la vostra e fate una buona alleanza per le prossime votazioni (truccate). Lavorava e si esponeva per trovare una strada nonviolenta con la quale liberarsi dall’oppressione, per sovvertire (cioè rovesciare) l’ordine ingiusto.
      Cito ogni tanto (a memoria, al solito non ho voglia di verificare il dove, il giorno e l’ora) Ernest Hemingway che di fronte agli Usa titubanti a opporsi ai nazifascisti trionfanti disse: “Non sarà per agosto o forse neppure per settembre ma prima o poi dovremo combattere”. Ci sono momenti nei quali il problema si pone e bisogna chiedersi qual è la migliore strategia. Più si esita a opporsi e più poi saranno possibile solo le armi. Per chi si incammina sui (difficii) sentieri della nonviolenza ovviamente la domanda è se esistono le condizioni per incamminarsi verso una grande disobbedienza di massa, se sono state costruite le fondamenta per praticare forme radicali ma nonviolente di boicottaggio e sabotaggio della grande violenza che ci opprime. O almeno io la capisco così.
      Vengo al punto su cui Agostino mi tira le orecchie. Forse mi sono spiegato male o forse ora sono io che intendo male lui: intendevo che sui luoghi della GRANDE VIOLENZA vedo opporsi pochissime persone con continuità, con una strategia. Sì, grandi manifestazioni contro la guerra (e contro l’Italia che viola la sua Costituzione; non è squadrismo questo?) ma poi non si riesce a bloccare la macchina militar-industriale e bancaria che le guerre produce. Sì, grandi manifestazioni contro Berlusconi ma il signor P2 1816 è lì, bisogna pensare dell’altro. Piccole manifestazioni – secondo me- contro la Lega e le tante brutte facce del razzismo (non è un preoccupante squadrismo aggredire i gay?). Piccole, direi minime manifestazioni contro i licenziamenti di massa (scuola in testa) come contro le nuove leggi che ci tolgono diritti: è squadrismo, è squadrismo, è squadrismo negare lavoro e dignità alle persone mentre i ricchi sguazzano nei privilegi. Infine piccole, minime manifestazioni e persino analisi nulle (o quasi) sul perchè la grande criminalità sta prendendo il potere in Italia (non solo al Sud) e contagia anche l’opposizione. Ieri “Il fatto” ha pubblicato una proposta di legge interessante: è qualcosa, si può partire da lì ma bisogna ANCHE mobilitarsi, anche capire molto di più come – da tempo – sta mutando l’economia criminale. E’ doloroso, insopportabile che un sindaco sia ucciso perchè si ribella ma questo accade perchè altri 900 sindaci chinano la testa.
      Costruire alternative e praticarle, dice Agostino: certo e si prova a farlo. Siamo poche/i: perchè? Riflettiamo sui nostri errori e limiti ma senza dimenticare che la violenza delle attuali leggi (per tacere delle censure di regime) rende più facile aprire una banca mafiosa che uno spazio etico, consente di tartassare e ostacolare il commercio equo e invece favorisce e finanzia le molte forme della criminalità organizzata; e così via.
      Non è il 1933 certo ma quando il fascismo (con la diversa faccia che ha nel 2010 rispetto al 1933 o al 1922) monta bisogna opporsi con forza. Le leggi vanno rispettate? No, a quelle ingiuste si disobbedisce. E’ l’obiezione di coscienza. Alla luce del sole, spiegando il perchè, accettando i prezzi da pagare, chiedendo a gran voce che le leggi ingiuste siano cambiate. E naturalmente organizzandosi; il problema (come scrive qui sopra Alberto) è QUANTI siamo per fare cosa: uno sciopero, la disobbedienza civile, un corteo, non pagare la quota di tasse che va in armi (e indirizzarla verso azioni nonviolente) oppure impedire a una ronda leghista di fare le sue vigliaccate…. tutto questo richiede persone cioè organizzazione. E coraggio.
      Vorrei parlare di questo, non della giacchetta di Bonanni, non del sopracciglio di Fassino (db)

  • Forse, se da circa 40 anni, fischi, slogan, fumogeni e schiamazzi non hanno portato ad alcun risultato se non quello di essere criminalizzati, dico forse sarebbe il caso di cambiare modalità di lotta. Altrimenti non siamo né violenti, né squadristi, né terroristi: siamo proprio scemi. L’astuzia del rivoluzionario sta nell’abbandonare alcune forme di lotta non perché lo dicono gli altri ma semplicemente perché non funzionano. Non si tratta per esempio di condannare in senso totale e astratto la violenza (come potevanio gli ebrei deportati mettere in atto la nonviolenza gandhiana? In situazioni di conflitto acuto e di rischio di genocidio la violenza è inevitabile). Consiglio di lettura: V. I. Lenin: “L’estremismo, malattia infantile del comunismo” da cui cito: “la classe rivoluzionaria, per adempiere al suo compito, deve sapersi rendere padrona di tutte le forme o di tutti i lati, senza la minima eccezione, dell’attività sociale (…); la classe rivoluzionaria deve essere pronta alla sostituzione più rapida e inattesa di una forma con l’altra.”. I fischi a Bonanni mi fanno solo pensare a pigrizia mentale e a una cronica mancanza di fantasia.

  • vorrei precisare – ma prima ringrazio sia DB sia Raffaele, poi… insomma, mi dispiace perché mi esprimo male. Volevo esprimere, e l’ho fatto in modo bizzarro, insomma… ho tanti limiti… la mia irritazione verso tanti cliché, tante ripetizioni, un po’ di mancanza di fantasia, un po’ di assenza di valutazione dell’efficacia concreta delle forme di lotta. Detto questo, navigo a vista anch’io, non ho soluzioni chiare da proporre, sperimento, anche sulla mia pelle. Rispetto moltissimo la tenacia e l’esperienza di chi ha partecipato a lotte di cui ho soltanto letto, per motivi di età. Però, secondo me dovremmo anche gestire la rabbia, se possibile, e forse concentrarci nel costruire alternative concrete, in 3 dimensioni. Già ne esistono, penso ad esempio ai GAS, ai fondi di investimento etici, alla rete delle aziende agricole che aderiscono al wwoof ( opportunità nel mondo per l’agricoltura organica ). Ho insistito su questo punto perché sono convinto che le realizzazioni concrete, anche se molto faticose, sono anche opportunità per stabilire relazioni, creare reti, sperimentare nuove forme di organizzazione, di gestione delle relazioni e delle interazioni, e mi sembrano opportunità molto fertili.

    Detto questo, sono completamente d’accordo con te, Daniele, sul diritto all’autodifesa e sull’obiezione di coscienza. E condivido la tua grave preoccupazione sulle derive razziste e totalitarie delle comunità in cui abitiamo. Condivido completamente.

    Però voglio aggiungere un piccolo commento. Ovvero, io sono convinto che i totalitarismi, e la violenza in generale, siano stupidi. Un regime totalitario è in ogni caso – secondo me – destinato all’estinzione o all’autodistruzione perché è povero di soluzioni, è povero di creatività, è povero di dibattito, di discussioni, di sperimentazioni. È rigido, sterile, stupido, ha paura. Questa, secondo me, è la carta migliore che abbiamo in mano, e lo penso sul serio, non lo scrivo come autoconsolazione o per tirarci sù il morale. Per giocare questa carta – ma lo so bene che non stiamo giocando, la situazione è molto seria – per giocarla bene, secondo me dobbiamo provare a essere più pazienti, meno simbolici, più concreti, più tridimensionali.

    Però, insomma, il mio voleva essere un commento, ho provato ad essere un po’ provocatorio e scandaloso, però vorrei chiarire che rispetto molto le energie che avete impegnato durante la vostra più lunga vita nella lotta per un mondo più civile.

    Con tanto rispetto, ciao

    Ago

  • Perdonate la sintassi, la consecutio temporis, la grammatica… tutto il resto …
    Penso che qui siamo tutti d’accordo (o quasi) che isolati episodi insurrezionali, spontaneistici, anche ottusi, oltre ad essere poco efficaci, sono pure controproducenti in termini di consenso popolare: i mass-media appartengono a loro. Allora, semplicemente come s’è detto, occorrerebbero strategie. Ma s’è anche sottolineato che per mettere in atto strategie sulle quali – miracolosamente – ci si fosse messi d’accordo, occorrerebbe essere poi in “tanti”, in numero adeguato, per dir così. Occorrerebbe. Come rimpolpare le fila dei “nostri” e serrare i ranghi? INFORMAZIONE è la mia primissima risposta. Creare coscienze, con lavoro capillare, ovunque, dai luoghi di lavoro alla fermata del bus, dalle scuole alle case attraverso il web, e in ogni piccolo e grande spazio, come ha così ben elencato Daniele. Mille piccole attività e pratiche e contestazioni e boicottaggi ecc. Ragazzi, nulla di nuovo, s’è sempre fatto così. A partire da una base meno micragnosa, quindi si possono studiare strategie e la loro attuazione sempre parallelamente al capillare lavoro d’informazione, per creare sempre nuove coscienze, nuove consapevolezze. E tenendo bene in mente che il sistema ha i suoi vaccini contro il dissenso, si auto-inocula esso stesso cellule rivoluzionarie maligne per sviluppare anticorpi e distruggere la malattia sovversiva. Questi vaccini sono tutti raggruppati sotto il nome di “strategia della tensione”, ed hanno due colori, uno rosso ed uno nero. Il rosso spesso è finto, costituito da “infiltrati”, il nero è sempre vero, invece. Ho scoperto l’acqua calda, eh?
    Ma adesso caliamoci nello specifico discorso dell’opposizione cosiddetta violenta, discorso spinoso nella succursale del Vaticano, cioè in italia.
    E’ quest’anno che festeggiamo il risorgimento, mi pare, no? I suoi 150 anni. Oh, li festeggiamo! Eppure, focalizzando sulla calata garibaldina, parliamo di un piccolo e violentissimo esercito (scortato dalla flotta inglese), che scende dal nord al sud Italia a falciare, squartare (cioè ammazzare) borboni e contadini (che credevano di vedere i liberatori), e che invece mantenne e sostenne al potere i vecchi latifondisti mafiosi che già prosperavano sotto il re. E chiamarono briganti (cioè terroristi), i pochi ribelli che rifiutando di piegarsi si diedero alla macchia (la lotta armata). Oh, li festeggiamo! Ma quelli ci “liberarono” con le armi, armarono, organizzarono e fomentarono insurrezioni violentissime, altroché! Eppure ciò non ci disturba… Ah, ma certo, l’hanno fatto per un buon fine, ci hanno “liberato”.
    I nazisti non chiamavano “partigiani” i partigiani, li chiamavano terroristi. Gli eroici attacchi degli eroici (per noi) partigiani alle colonne armate naziste, venivano definiti dai nazisti stessi “vili attentati terroristici”. Oh, i partigiani erano violentissimi, feroci, anche e soprattutto con i traditori e i collaborazionisti, ma noi li festeggiamo spesso, quella violenza pare non ci abbia disturbato (e meno male!).
    Plaudiamo sui media di tutto l’occidente alle folle iraniane arancioni (sobillate, foraggiate e organizzate dalla CIA) che provano ad opporsi ad un regime poco simpatico, ma eletto democraticamente come il nostro, spaccando la testa ai poliziotti che vi si oppongono. Oh, quei dimostranti giustamente provano ad essere violenti almeno quanto la brutalità dei poliziotti che li fronteggiano, e da noi si plaude… Nessuno di quelli che, cattolicamente, in Italia arretra di fronte a ipotesi di lotta appena antagoniste, si è scandalizzato della violenza dei manifestanti iraniani, anzi, lì pare abbiano fatto bene!
    Amici miei, tutto è relativo, vero? Come dice Daniele la grande violenza è quella che subiamo noi tutti i giorni: ci hanno portato via i nostri sogni, la nostra vita. LA NOSTRA VITA .
    E noi attoniti, pacifisti e zitti…
    E ha ragione Daniele, la non-violenza di Ghandi era tostissima, era violenza passiva, altro che pacifista!

    Poi, sul capitalismo che “non fa né caldo né freddo”… brrrr!
    Quando ascolto queste cose da persone che credo intelligenti, che mi pare credano nell’etica dei comportamenti, che forse sono pure più coraggiose di me (che non sono un cuor di leone), ecco, io resto basito, senza parole, quasi disarmato.
    Come fare in quattro parole … come spiegare l’essenza del capitalismo? La sua natura intima? Come spiegare che il capitalismo “regolamentato” non esiste? Come spiegare che il liberismo non esiste? Come spiegare che il capitalismo dal volto umano non esiste? Come spiegare gli ultimi tre secoli di storia mondiale? Come spiegare che il concetto stesso di “profitto”, principio e fine del capitalismo, è avverso al concetto di uguaglianza? Come spiegare che il “profitto collettivo” nella teoria del capitale non esiste? Come spiegare che la libertà di arricchirsi non è una libertà? Come spiegare che ci si arricchisce sempre a spese di qualcun altro? Come spiegare che i nuovi mercati si creano con i cannoni? Come spiegare che tra le priorità dei mercati, il benessere comune non c’è? Come spiegare che in un sistema capitalista i diritti umani sono un ostacolo trascurabile? Come spiegare che le guerre sono essenziali alla sopravvivenza dei mercati? Come spiegare che il concetto stesso di “consumo”, principio fondante del capitalismo, è quello che sta portando alla morte il pianeta? Come spiegare che il concetto stesso di sviluppo, feticcio principe del capitalismo, sta esaurendo l’ecosistema? Regole? Il capitalismo le ha da secoli! E ci si pulisce la bocca e il culo (ops! pardon…).
    Ragazzi, guardate che io non sono nessuno, ma un minimo bisogna informarsi… un minimo di storia e qualche elemento di teoria economica, e fare la fatica di cercare informazioni…. O contro-informazioni, se preferite…
    Sono stanco, e queste cose richiederebbero più tempo, ma le problematiche sono enormi… e questo mio intervento fa schifo, semplicistico, schematico, ma come si fa?
    In bocca al lupo a tutti

  • Ah, volevo dire ad Ago che ho scritto il mio intervento senza leggere il suo ultimo, pazienza…
    Ciao Ago

  • a me pare un gran bel dibattito
    faticoso ma necessario
    e sincero
    mi limito a leggere, ascoltare, riflettere; magari intervengo più avanti dopo averci pensato a lungo e aver chiacchierato anche con chi (per le più varie ragioni) non interviene pubblicamente
    intanto grazie a tutti… vorrei aggiungere “grazie a tutte” ma non vedo per ora nomi femminili in questa discussione. Di solito la non partecipazione ha un significato; da qualche parte (ma dove?) lessi che le assenze interrogano sempre le presenze o almeno dovrebbero. (db)

  • grazie a voi per questo ricco scambio di riflessioni.
    partirei dall’ultimo spunto di Daniele sull’assenza di voci femminili. Anche sul palco di Torino tutto si è svolto tra uomini: chi ha invitato, chi avrebbe voluto parlare, chi moderava, chi dava dello squadrista a chi fischiava… Sembra che il fumogeno sia stato lanciato da mano femminile: ops, chi se lo sarebbe aspettato? vedi che una donna c’é? ma chi parla “con lei”? tutti parliamo del fumogeno, dei centri sociali, dei contestatori… tutto al neutro maschile…
    Qui desidero inserirmi per raccontarvi la mia esperienza: ho fatto il sindacalista a tempo pieno per 15 anni, tanti scioperi (anni ’70), tanti cortei e manifestazioni… e la CISL in cui militavo con molta convinzione a poco a poco ha imboccato una deriva incredibile: i vari Pezzotta e Bonanni sono lì perchè ai congressi vengono eletti, non c’è niente da ridire! Sono la testimonianza vivente di una regressione che in quegli anni ci sarebbe parsa impensabile.
    Allora bisogna lavorare sulle coscienze, come dice Gino, a partire dalla mia, a partire ciascuno e ciascuna da sé. Ed è cominciato il mio cammino di autocoscienza di uomo, scoprendomi corresponsabile dei mali del mondo perché tutti ascrivibili alla cultura patriarcale che qualche diecimila anni fa i maschi del genere umano hanno imposto per autorizzare e giustificare l’imposizione del proprio dominio.
    Il capitalismo ne è figlio, come il razzismo, i fondamentalismi, gli autoritarismi, ecc. ecc. Le religioni monoteiste ne sono figlie e colonne portanti, con i loro dogmi e tutti i loro “mono” escludenti la complessità, le differenze, le varianti…
    In queste ricerche mi sono addentrato provenendo da 11 anni di seminario, dove i dubbi sono nati e maturati: la mia fede ha cambiato contenuti, ma si è radicata. In particolare, l’intreccio tra Vangelo e femminismo mi ha portato a considerare il cambiamento maschile come strada fondamentale e decisiva della “conversione” a cui invita il messaggio evangelico: cambiamento di pensiero e di vita su questa terra, perché non avremo un’altra vita (non lo credo): il “regno di Dio” è il regno dell’amore, della convivialità delle differenze, del rispetto reciproco, dei “primi” che scendono dai loro piedestalli per mettersi in cerchio con coloro che ora sono “ultimi” e così non ci saranno più primi e ultimi, ma seremo tutti e tutte alla pari e ci sarà da mangiare e da bere per tutti e tutte, senza privilegi, nella gioia della condivisione e nella consapevolezza che siamo creature tra creature, senza nessun complesso di superiorità, neppure quello della specie umana sulle altre.
    Aiutarci a capire questo oggi credo che sia la strada decisiva. il metodo, che si sta rivelando efficace, è quello delle relazioni: se cambio io, comunico (informo) il mio cambiamento a chi è in relazione con me e altri e altre decidono di mettersi in cammino. E’ quanto sta davvero avvenendo, senza grandi proclami e, soprattutto, senza farne un compito di parole e teorie. parliamo di pratiche contagiose. se ogni uomo che ha questi pensieri facesse altrettanto, costruendo con altri uomini gruppi di autosostegno e visibili, scommettiamo che a poco a poco quell’altro mondo possibile si rende concretamente praticabile? con tutti e tutte coloro che, come dice Ago, praticano “realizzazioni concrete” dovunque nel mondo.
    Se cresciamo di numero, potrà succedere che qualcuno diventi sindaco o presidente o abbia comunque possibilità di legiferare o cambiare certe regole: quello che lo renderà possibile, però, é il cambiamento di tante persone, altrimenti saremo sempre governati/e da chi ci provocherà reazioni rabbiose. Ma quello che serve é il cambiamento della base.
    Poi… anch’io ho aderito per un breve momento a un’iniziativa di aggregazione “eco-femminista-pacifista”: che ha avuto vita breve, da quel che mi risulta, perché le differenze diventano subito divisioni. confido che un giorno ce la faremo, ma oggi scelgo di continuare a lavorare per far nascere altri gruppi di uomini che si mettano in cammino di autocambiamento.
    ascoltando e apprezzando tutti e tutte coloro che riflettono come voi e scambiano i loro pensieri con gente come me. Ho molta fiducia che il mondo ce la farà.
    a presto

    Beppe – Uomini in Cammino e Comunità di Base di Pinerolo

    • daniele barbieri

      grazie Beppe,
      riflessioni importanti: per me di sicuro ma penso per tutte/i
      allargano invece di chiudere l’orizzonte il cher va sempre bene
      db

  • Caro Daniele,
    è da un po’ che meditavo di scrivere nel tuo blog. Non so se riuscirò a dire tutto quello che ho in mente. Prima di tutto, vi parlo del libro di Lennart Parknas: “Attivi per la pace” ed. “La Meridiana” (ho anche avuto la gioia di partecipare a un paio di workshop suoi anni fa). Perchè? Perchè da un po’ di tempo sono bloccata, tutto quello che succede, anzichè darmi una bella scossa e farmi muovere, mi paralizza sempre più. Così ho ricordato la tesi di Lennart che, ai tempi del riarmo nucleare, si è chiesto: “Come mai le persone non si mobilitano per fermare questa follia? Dovrebbero essere tutti in piazza, manifestazioni, boicottaggi e invece niente. Perchè?” La risposta che si è dato è stata che l’allarme, lungi dal mobilitare le persone, paralizza. Se vi interessa, nel libro troverete le sue tesi spiegate in modo approfondito, a me interessa darvi un riassunto, anche perchè sono tante le cose di cui voglio parlare.
    Quindi secondo Lennart, perchè le persone agiscano, si deve adottafre una diversa strategia che è: allarme, dialogo, interconnessione, ricarica, azione.
    Non si può cioè passare dall’allarme all’azione, ma si devono attraversare gli altri stadi: il dialogo (non siamo soli, dobbiamo condividere le nostre paure per verificare che non siamo pazzi, che sono le stesse paure degli altri ecc.), l’interconnessione (siamo una rete di relazioni, ognuno di noi è un nodo di questa rete), la ricarica (verificare che anche altri fanno delle cose, che ci possiamo mettere insieme…) e quindi si può passare all’azione. Mi rendo conto di aver semplificato in modo estremo, ma volevo solo darvi un’idea, ripeto, l’approfondimento lo lascio a voi.
    Nonviolenza… Ecco anche qui avete tutti ragione, dobbiamo essere tanti e fare tante cose e diversificate. Ma forse siamo già tanti e non lo sappiamo perchè non siamo interconnessi!!
    A me è venuto in mente che durante il nazismo chi lavorava nelle fabbriche di armi metteva sabbia nelle macchine per bloccare gli ingranaggi. Nonviolenza attiva, direi.
    E a chi propone di cambiare modo di manifestare dico che sono d’accordo. A me, per esempio, dà molto fastidio lo sciopero (soprattutto dei mezzi pubblici, perchè significa che non mi posso spostare in quanto non guido): Danilo Dolci aveva inventato lo sciopero al contrario, quello per cui le persone lavoravano gratis a sistemare le strade distrutte della Sicilia. Perchè non si possono trovare altri strumenti, altri modi di agire e anche un altro linguaggio, che non abbia più parole come lotta, battaglia che sono così guerresche e maschili?
    E qui mi aggancio raccontandovi che domenica ero ad Anghiari (AR) ai “Cantieri della Libera” (www.lua.it), ma ve la racconto un’altra volta, se volete per ora andate al link. Quello che vi voglio dire è che don Andrea Gallo ha ricevuto un premio per il suo ultimo libro e ha invitato le donne a non andare in chiesa, a ribellarsi a questa chiesa maschilista che disprezza la donna. Un’amica mi ha detto: “Mi sembra che siano già poche le donne che vanno in chiesa”. Ma qui non si tratta di non andare in chiesa, ma di smettere di lavare ai preti mutande e calzini, di smettere di pulire le loro chiese e canoniche, di smettere di stirare le loro stole e di smettere di preparare loro pranzi e cene. Io ho già iniziato a farlo; da credente mi costa non andare più in chiesa, ma preferisco sostituire quest’ora (che per nostro Signore era una cena fra amici!!!) con una visita ai miei amici Sinti.
    Ultima cosa, e mi aggancio anche a Monica Lanfranco. Sempre ad Anghiari abbiamo fatto un interessantissimo lavoro (io purtroppo non ci sono riuscita a Vicenza): una ricerca autobiografica (di questo appunto si occupa la Libera Università dell’Autobiografia) con le donne che negli anni 60-70 sono “uscite dal bozzolo” rompendo gli schemi dell’epoca. In una decina di città italiane si sono tenuti laboratori in cui le donne che hanno partecipato si sono raccontate attorno a temi quali: l’uscita dal bozzolo, il corpo, l’amore, il lavoro, la vita pubblica, il lavoro di cura, le altre donne, le orme che lasciamo… Ne sono usciti scritti bellissimi che le responsabili della ricerca stanno analizzando e che confluiranno in un testo. Ecco per dire che il fermento in giro c’è. Sempre ad Anghiari ho conosciuto l’Associazione degli architetti timidi. Non è uno scherzo, sono architetti che, invece di demolire, cercano di conservare. E, a proposito di informarsi, ci hanno detto che l’iva per chi demolisce per ricostruire è il 4%, per chi fa un piccolo intervento conservativo è del 10%, ma per chi vuole fare un grosso intervento di conservazione e tutela è del 20%!!! Ovviamente in stabili grandi la differenza non è indifferente (scusate il gioco di parole). Potremmo pensare all’associazione degli scrittori timidi, o degli intellettuali timidi, o dei politici timidi. Che dite?
    E ora vi lascio, uno stendino aspetta che io pieghi la roba stesa, devo portare le medicine a mia mamma e non ho ancora deciso se il pasticcio che ho in forno basta per la cena o se devo passare per il supermercato (a proposito di donne…).
    P.S. Torno a Lennart per dire che, dopo esser stata ad Anghiari, il blocco è passato e ora ho un sacco di idee; così venerdì e sabato sarò a Genova, all’assemblea annuale ASGI (Associazione Studi Giuridici Immigrazione) che compie 20 anni e organizza un seminario molto interessante (anche qui pubblicità progresso, vedi link: http://www.asgi.it).

  • Di solito non sono abituato a commentare, ma su sollecitazione di Daniele e anche per averne già parlato molto con altre persone, provo anche io a scrivere una breve riflessione.
    Ho pensato che quando Letta a voce alta urlava ai contestatori “noi non siamo come voi” io ho pensato E MENO MALE!!! Aldilà della battuta credo però che non dovessero tirare il fumogeno, non tanto per Bonanni, quanto perchè poi un personaggio del genere è stato trasformato in un martire e secondo me non lo merita! Tra l’altro non capisco come il Pd inviti gente del genere, Bonanni e Schifani, senza almeno un
    contraddittorio vero, ad esempio un dibattito con qualcuno della Fiom, oppure con Travaglio (nel caso di Schifani). La cosa grave è che il Pd parla male di Berlusconi, ma poi criminalizza il dissenso al pari di Berlusconi stesso o anche peggio: aldilà del fumogeno basti pensare come stati trattati i contestatori di Schifani. Un fatto che mi è capitato personalmente poco tempo fa. Alla festa del Pd qui a
    Siena ad un dibattito sull’acqua hanno provato in tutti i modi a non farci parlare (prima rimandando il confronto consentendo un secondo giro di interventi a tutti i relatori, poi lamentandosi delle nostre proteste perchè “l’iniziativa è nostra e la organizziamo come vogliamo”), eppure eravamo in 4, ovviamente non avevamo fumogeni e tantomeno volevamo fischiare, ma solo spiegare le ragioni del
    referendum e capire la posizione della dirigenza locale del Pd su questo tema, alla fine siamo riusciti ad intervenire, ma era come “parlare al muro”,come si dice a Siena. Invece,non mi ha
    trovato molto d’accordo il commento sul Manifesto di Campetti,che pure è una vera autorità in ambito sindacale e che ho sempre letto con piacere,anche quando scriveva su Carta.
    Per finire: Bonanni mi ricorda tanto i capetti dei sindacati gialli messicani descritti benissimo da Paco Inacio Taibo in “E Dona Eustolia brandì il coltello per le cipolle”, per caso lo avete letto?

  • UNA AZIONE PROPORZIONATA.

    Ciao a tutt*,
    esiste veramente un tipo di informazione eversiva che stravolge la realtà: è quella che possiamo trovare sul sito di sky.it che titola “Dopo il caso Bonanni. Quando un fumogeno uccise davvero”.
    Si cita il caso di un tifoso che venne colpito da un, si badi, “razzo fumogeno” nel 1979.
    Qualcosa a che vedere con quanto avvenuto?
    La risposta è NO.
    Cito da “Nuova Società” (http://www.nuovasocieta.it/editoriali/7612-lirresponsabilita-va-condannata.html) un pezzo di una risposta:
    <>
    Questo per chiarire ciò di cui stiamo parlando. Il resto è mistificazione.
    Il vero problema è: perchè è necessaria questa mistificazione?
    Perchè la questione è semplice: se io vado a contestare qualcuno per ragioni che ritengo fondate e quel qualcuno mi manda dei personaggi che mi accolgono a sediate, ci può stare anche che io tenti di lanciargli addosso un oggetto che può produrre un danno ad un vestito, cosa certamente non paragonabile ad una sediata in testa.
    Per quanto mi riguarda, ritengo scorretta l’estrapolazione di un gesto dal contesto in cui si sviluppa, come è scorretta l’estrapolazione di una frase da un discorso per poter montare una polemica strumentale.
    Allo stesso modo potremmo discettare sulle manie omicide del “sediatore cislino”: ma la cosa ci porterebbe comunque fuori tema, anche se la questione sarebbe maggiormente fondata da un punto di vista scientifico.
    Qui la questione violenza/non violenza è secondo me mal posta e fuori bersaglio rispetto al vero oggetto del contendere: la questione vera è che siamo di fronte a rappresentanti delle classi dominanti che vengono contestati ovunque, da Milano all’Aquila, da Roma a Torino e non vengono più creduti. L’unica possibilità che resta a loro, è buttarla in caciara e nascondere questa contraddizione dietro il fumo di un fumogeno.
    Per quanto mi riguarda, sottoscrivo ogni momento di quanto fatto dai contestatori torinesi: nulla è andato oltre i toni ed i contorni che possono caratterizzare una contestazione.
    Poi manifestare il proprio dissenso non basta e bisogna anche costruire altro: è bene che ci misuriamo sulle proposte, senza negarci il diritto, qualche volta, di dire anche un VAFFANCULO con coraggio e determinazione.

  • Pubblicando è scomparsa la citazione da Nuova Società, eccola:

    In questo caso però, vorrei farle presente che quello che è stato lanciato non è un “razzo fumogeno” nè tantomeno un “begala” come tanti girnalisti in mala fede hanno scritto. Era un comunissimo fumogeno, ovvero un contenitore cilindrico di cartone, pesante si e no 1 etto, e che emette solamente del fumo colorato e del tutto innocquo. Insomma uno strumento che mai e poi mai potrebbe anche solo ferire una persona, figuriamoci uccidere.

    Mi spiace

  • Non sempre la violenza è violenza. Liberarsi dal giogo di una dittatura, dall’oppressione sanguinaria di un invasore straniero, da un regime filofascista solo con il pacifismo è impossibile; con il dialogo o il dissenso espresso civilmente è impossibile. La dose di violenza necessaria a liberarsi dalle tirannie non si chiama violenza, si chiama intelligenza. L’opposizione (organizzata e strutturata) ad un regime reazionario deve essere proporzionata alla minaccia ed alla brutalità che tale regime rappresenta e attua. Una vera strategia di opposizione deve essere flessibile in intensità e multiforme nelle sue espressioni pratiche, per adattarsi alle diverse contingenze; non può escludere nulla, tranne quelle azioni inutilmente rabbiose e violente o efferate con conseguenze su innocenti, che annullerebbero la differenza tra gli oppositori e il regime cui si oppongono.
    Una vera opposizione sa distinguere tra la dittatura (manifesta o travestita da democrazia che sia) ed il sistema che ne ha favorito la nascita. Una vera opposizione, dopo aver liquidato la dittatura che è una contingenza, punta all’abbattimento di quel sistema come fine ultimo del suo agire.

    • Gino, 2 parole come p. s. :

      non avrò la possibilità di contro replicare, le lascio soltanto qui, un po’ così.

      Non pensi che l’uso della violenza sia di per sé già un principio di “strategia della tensione” all’interno del gruppo che la pratica ? Non pensi che sia già “irregimentazione” ? Guarda che io ho fatto il militante, penso di poter usare il termine viste le energie ed il tempo impegnato, per quasi 2 anni in un centro sociale occupato a Palermo. Mi sono fatto un’idea delle dinamiche, soprattutto in termini di relazioni, interazioni, “rispetto” reciproco, cinismo e strumentalizzazioni, di queste dinamiche da gruppo militante, e penso che queste dinamiche abbiano ben poco di fertile e di promettente. È soltanto il mio punto di vista. Poi, abbattere il sistema. Se non sei pronto, sarai il primo ad essere spazzato via dal totalitarismo dopo avere abbattuto il sistema, a meno che non ne faccia parte, del quadro dirigente della normalizzazione successiva alla così detta “rivoluzione”. Unione Sovietica, Russia dopo l’unione Sovietica, Cambogia, Cina, Repubblica Democratica Tedesca. Con tutti i distinguo che la storia impone, dato che non conosciamo mai tutta la storia. Non credo più alle avanguardie — il loro obiettivo dovrebbe essere la propria autodistruzione dopo aver raggiunto l’obiettivo, ma quando mai è accaduto. Il capitale non è soltanto il denaro. Il capitale sono anche risorse, esperienze, legami, relazioni. Ma il capitale è anche “potere” e rari sono gli esseri umani che consapevolmente e altruisticamente vi rinunciano. Tutto ciò scritto da un’agnostico anticlericale, e religioso.

      Ciao, buon cammino anche a te.

      Ago

  • Un’ultima riflessione dedicata a coloro che si nascondono dietro l’alibi “sono troppo potenti, per quanto possiamo fare ci schiacceranno sempre”…

    Ho letto di mistificazione della realtà da parte del potere, attraverso i suoi media asserviti. Una cosa evidente, sotto gli occhi di tutti. Ora, la domanda che pongo è questa: se il potere è davvero così potente, che bisogno avrebbe di spendere miliardi di dollari in tutto il mondo per mascherare la realtà alle popolazioni attraverso tv e giornali? Cosa teme, come mai prende tale dispendiosa cautela se è così potente?… E invece teme, ecco il punto. Il potere ci teme, teme la gente, la teme così tanto che non risparmia sforzi e risorse per tenerla all’oscuro. Noi abbiamo un potere più grande del loro, nel numero… Il potere non è poi così potente…

  • Ciao, volevo scrivere un saluto piuttosto che un commento. È bello leggere i vostri interventi, occorre tempo per riflettere. Forse altri commenti arriveranno nei prossimi mesi — non ci sono scadenze, no ? Penso che ciascuna e ciascuno sia in cammino, lungo un percorso personale, singolare oppure di gruppo. Ma è importante parlarsi, scambiarsi opinioni sulle proprie esperienze. Io vorrei rispondere a Gino sul capitalismo, ma non ne ho la possibilità, forse l’avrò in futuro, chissà. Mi riesce difficile seguire questo dibattito, per motivi logistici, mi sono spostato, dopo gli ultimi quattro anni a Palermo, abitavo a casa dei miei nonni, defunti, di fatto senza luce naturale, con la madre delle due bambine dell’appartamento del piano superiore, almeno una volta al giorno urlava alle figlie “t’ammazzo”. L’ottico del piano terra, sospetto che non si occupi soltanto di ottica, ma non ho le prove. L’ultima volta che sono andato a votare, due anni fa, mi hanno offerto del denaro. In questo momento sono, ovviamente, senza lavoro, e faccio, a 33 anni, il ragazzo alla pari in fattorie in Danimarca, per motivi romantici — riesco ancora ad innamorarmi. Ho idee non così confuse ma non so se e quando riuscirò a metterle in pratica, se troverò energie sufficienti. E, come vi ho forse detto, non mi piace molto il mondo virtuale, preferisco sperimentare, e di tanto in tanto racconto ciò che sperimento.

    Allora vi ringrazio semplicemente e vi saluto con affetto.

    Buon cammino a tutte e a tutti.

    Ago

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