Stare in gabbia a Bologna

Commento al primo rapporto semestrale 2014 Ausl sulle carceri bolognesi: osservazioni e proposte per la demolizione delle istituzioni totali.

di Vito Totire (*)

Commentiamo, come consuetudine (dal 2004, quindi da 10 anni) il rapporto semestrale dalla Ausl.

Vediamo la “fotografia” fatta dall’ultimo rapporto:

numero delle persone: 789 (M 724 F 65) contro una recettività di 483;

soggetti stranieri 409;

2 bambini di età inferiore a tre anni.

Nel rapporto precedente risultavano 892: quindi un calo c’è stato.

Il sovraffollamento è particolarmente grave nel giudiziario maschile: 624 contro 339; nella sezione penale invece gli occupanti sarebbero pari alla possibile accoglienza teorica (100/100); questo è comunque un dato estremamente critico; il clima nel settore giudiziario è sempre più teso che nel penale trattandosi (nel primo caso) di detenuti non definitivi.

Abbiamo più volte, negli ultimi dieci anni, ribadito che tutti gli studi di prossemica indicano che il sovraffollamento e la carenza di spazio sono elementi che tendono ad incrementare la aggressività quindi le conseguenze negative del sovraffollamento non sono solo fisico-igienistiche ma anche psicologiche.

Dati clinici rilevanti:

2 casi di tubercolosi;

Soggetti tossicodipendenti 100 maschi, 10 donne;

Soggetti sieropositivi (per HIV) 16 M / 4F;

HCV positivi 26 M e 5 F;

HBV positivi 2 M e 1 F;

Portatori di handicap motori 3.

Dati ambientali rilevanti:

Condizione effettiva di rischio e di inagibilità: non esiste un refettorio per i detenuti: la disponibilità invece è considerata dall’Onu fin dagli anni sessanta del secolo scorso come un connotato essenziale della gestione umana della pena.

Attività lavorative: vengono praticate lavorazioni su profilati metallici, rilegatura libri e stampa tipografica.

Personale addetto alle cucine: 18 M, 3 femmine.

Personale infermieristico: 12 della Ausl, 13 dipendenti cooperativa.

Osservazioni della Ausl:

  1. Sovraffollamento, evidenti problemi di privacy, di vivibilità e di natura igienico sanitaria, dovuti anche all’utilizzo del bagno in cella come deposito degli alimenti utilizzati per il sopravvitto dei detenuti (già più volte segnalati);
  2. Tracce di umidità nella cucina agenti
  3. Nella cucina detenuti uomini occorre ripristinare gli intonaci lesionati nei corridoi della zona lavaggio
  4. La aree verdi esterne si presentano con erba e sterpaglie alte creando un ambiente idoneo alla proliferazione di animali infestanti e nocivi; occorre prevedere quindi nella stagione estiva con interventi ravvicinati di pulizia di tali aree
  5. Sono stati smontati i dissuasori meccanici anti-piccioni; si auspica l’uso di dissuasori elettrici; in aree scoperte come i passeggi della sezione maschile si notano accumuli di guano, pertanto occorre provvedere alla pulizia almeno mensile;
  6. I carter metallici esterni a protezione dei tubi di scolo delle docce risultano sprovvisti di dissuasori come pure le travi della scala antincendio del fabbricato “caserma agenti”
  7. La situazione nelle aree “di svago” sono migliorate in quanto i detenuti non buttano più dalla finestra residui di cibo e altri materiali; nei corridoi interni adiacenti ai passeggi si è notato un cospicuo numero di blatte morte.

Le nostre osservazioni e proposte

  1. Dichiarazione formale di inagibilità igienico-sanitaria
  2. Varo progetto di ristrutturazione complessiva con criteri ecologici di bioedilizia
  3. Separazione netta fra area cibo e area servizi igienici
  4. Decongestionamento conseguente
  5. Destinazione dei locali infermeria unicamente a infermeria al fine di non ritardare i trasferimenti necessari per ricoveri e per isolamento per motivi di salute
  6. Assunzione nell’organico Ausl di tutti gli infermieri
  7. Abrogazione del Visag (una sorta di organismo interno di “autocontrollo” intrinsecamente inefficace) e transito delle competenze ispettive ai servizi territoriali di medicina del lavoro
  8. Definizione di un piano di incremento progressivo del livello occupazionale delle persone ristrette
  9. Specificare nei rapporti semestrali la provenienza territoriale delle persone ristrette sia per monitorare il rispetto della “territorializzazione della pena” sia per dare maggiori informazioni al volontariato nel rapporto con la popolazione ristretta (esempio: modulazione dell’invio di materiali in lingua)
  10. Elezione degli rrllss delle persone ristrette che lavorano
  11. Varo di un progetto organico “carcere e salute”
  12. Elezione del garante da parte delle persone; infatti il garante oggi risulta essere il garante dei consiglieri comunali e non delle persone ristrette; a questo punto, visti i risultati dell’azione del “garante” di Bologna, pare più congruo destinare quella spesa alle persone detenute, appunto facendo in modo che il garante sia uno di loro e da loro eletto; in alternativa stornare quei fondi alla retribuzione di lavoro interno delle persone ristrette (aumentando dunque gli addetti)
  13. Il rapporto semestrale, magari una volta su due (cioè una volta all’anno) deve diventare un report sullo stato di salute del pianeta carcere; oggi invece di questa popolazione non sappiamo quasi nulla: per esempio del livello di tabagismo o di stress, dei livelli occupazionali effettivi, ecc; al momento si deve cercare di desumere dei dati da una gelida ceck list quasi sempre uguale , poco significativa e compilata con spirito più burocratico che sistemico
  14. Miglioramento rapporti interno-esterno; occorre implementare i rapporti interno esterno; abbiamo fatto in passato una proposta semplice: le carceri mettano on-line il loro patrimonio librario; chi, come noi, gestisce volontaristicamente una campagna per la donazione di libri deve poter conoscere il patrimonio già acquisito per poter meglio smistare le donazioni; questo è solo un piccolo esempio; un’altra proposta che avanziamo è la convocazione di una istruttoria pubblica comunale sulle carceri; lo stesso rapporto Ausl a nostro avviso deve essere messo on-line appena redatto e non essere oggetto di richiesta di accesso agli atti

Inagibilità igienico edilizia: il problema più rilevante rimane quello del sovraffollamento e della assenza delle elementari misure di igiene della alimentazione nella città tesa alla realizzazione di Fico (che viene sbandierato come emblema della qualità e della sicurezza alimentare, ma su questo torneremo in altra circostanza) … alquanto paradossale .

Fumo passivo: abbiamo inviato alcuni mesi fa una segnalazione ai NAS relativa alla gestione del rischio “fumo passivo” all’interno della Dozza; non abbiamo nessun riscontro né dai NAS né dal rapporto semestrale della Ausl: vuol dire che va tutto bene?

Carcere Minorile

In un certo senso sono “minori” i problemi, se non fosse che per i minori sarebbe concretamente possibile e non utopistico un percorso di decarcerizzazione totale.

In via preliminare dobbiamo tornare sulla ipotesi abrogazionista.

Poco tempo fa un gruppo di parlamentari italiani (area anche PD) hanno notificato progetti di superamento integrale della detenzione per i minori; poco tempo prima invece il sindaco di Bologna e la ex-ministra Cancellieri si sono incontrati per discutere di un progetto di trasferimento del Pratello in zona Emilia Levante, nella ex caserma Perotti di via Carlo Marx;

le due ipotesi sono in contrasto l’una con l’altra; noi ovviamente parteggiamo per la prima ma grande è la confusione sotto il cielo se non si parte da alcuni elementi di chiarezza:

  1. Se alla Dozza c’è sovraffollamento al Pratello a fronte di una ricettività per 44 persone i presenti sono 13; se evidentemente si era progettata una domanda di carcerazione minorile eccessiva rispetto a quella odierna tanto vale ratificare la questione e “convertire” i 31 posti vuoti a struttura di accoglienza decarcerizzata;
  2. In verità 12 su tredici sono stranieri e questo dato torna a mettere il dito sulla piaga del carcere come “luogo del grande internamento”, contenitore sociale di nuove povertà piuttosto che strumento di contrasto al crimine o addirittura strumento utile a percorsi di risocializzazione; circa la provenienza territoriale dei giovani ristretti vale lo stesso discorso fatto sopra per gli adulti.

Capacità ricettiva 44 persone

Effettivamente presenti 13

Stranieri 12

Il refettorio esiste

Tossicodipendenti 2

HCV positivi 2

1 caso di scabbia (all’ingresso)

5 assistenti sociali

5 educatori professionali

Vengono svolte attività educative (ma senza specificazione)

Non attiva la cucina, dovrebbe essere attivata l’anno prossimo

CIE

La penosissima vicenda del CIE è giunta a un punto più avanzato e accettabile di equilibrio; sta di fatto però che molte associazioni, con metodi di lotta diversi, premevano fin dall’inizio della nascita di questa struttura carceraria per la sua abrogazione e per il riuso degli spazi a fini socialmente utili; il fatto che non siano stati affrontati alcuni nodi e che la chiusura/riconversione riguardi solo il CIE di Bologna indica che, pur essendo l’attuale punto di equilibrio più avanzato, la questione a livello nazionale resta ancora aperta. Infatti le contraddizioni denunciate a Bologna devono essere affrontate: diritto della persona ristretta a nominare un medico di fiducia; diritto di accesso ai riscontri ispettivi della Ausl; inclusione dei CIE (fino a quando esisteranno, speriamo per poco) nel report semestrale Ausl. Poichè i CIE esistono in altre città italiane è ancora aperta la questione della loro inclusione nei rapporti semestrali delle Ausl. Ci poniamo un interrogativo inquietante: abbiamo detto a gran voce, dal 2004 che i CIE dovevano essere oggetto di monitoraggio da parte dell’Ausl; non siamo stati ascoltati; solo nel gennaio 2013 il prefetto di Bologna (silente rispetto alle nostre reiterate istanze sul tema del medico di fiducia) chiede alla Ausl di fare un sopralluogo; ne derivano constatazioni e disposizioni che hanno portato alla chiusura del Cie, destinata a diventare definitiva; ma allora se il sopralluogo fosse stato fatto dieci anni prima? La situazione è del tutto kafkiana anche e soprattutto per merito della Regione Emilia-Romagna che, interpellata, ha sempre sostenuto che “il CIE non è un carcere”.

OPG

Abbiamo poche notizie sulla dismissione dell’Opg (Ospedale Psichiatrico Giudiziario) di Reggio Emilia, tuttavia abbiamo segnali circa una situazione parzialmente ma positivamente in movimento in E-R; non lo stesso possiamo dire del resto d’Italia e ciò in relazione a chiamate di aiuto che ci sono giunte dalla Puglia e dalla Sicilia, dove, abbiamo il riscontro di una situazione a metà tra l’immobilismo ed il trasformismo.

Strutture Psichiatriche

Qualora l’area di interesse dei garanti siano non i “detenuti” ma le “persone private della libertà”, l’osservatorio della attività dei garanti deve riguardare anche i ricoverati coatti o “volontari col cuccio” internati in strutture psichiatriche;

su questa questione vorremmo sottolineare due peculiarità;

  1. Dopo lunghi decenni di immobilismo a Bologna pare essere stato indicato come obiettivo la abolizione dei mezzi di contenzione fisica; ma, esaurito l’ effetto/annuncio, risulta che i mezzi di contenzione siano stati prontamente ripristinati; certo il loro uso è accompagnato da procedure; ma è cosa diversa che siano disponibili o no; il messaggio al “paziente” è del tutto differente;
  2. Chiediamo alla Regione e alla Ausl come si spiega che esistano strutture ospedaliere convenzionate con il pubblico che di autodefiniscono, nelle loro iniziative pubblicitarie, “ospedale psichiatrico convenzionato”; a noi non pare che si tratti di un banale lapsus o di una defaillance di tipo semantico; soprattutto alla luce del fatto che quella di Bologna non è l’unica strada percorribile, anzi è la peggiore; intendiamo che in altri territori il numero di posti letto privati psichiatrici convenzionati con il pubblico è uguale a zero, questo deve essere l’obiettivo anche per il nostro territorio locale.

CONCUSIONI

Il carcere è nocivo per la salute psicofisica delle persone ristrette e di lavoratori che lo gestiscono, il cui stato di sofferenza è palese.

Il carcere non risponde al dettato costituzionale; oggi esso rappresenta un fattore di rischio soprattutto per la salute mentale poiché materializza una condizione schizofrenogena di “doppio messaggio” che pone i ristretti in un grave stato di dissonanza cognitiva. Di recente la Regione ha attivato borse di studio per il monitoraggio della salute mentale in carcere; encomiabile iniziativa se non fosse così tardiva e se i riscontri che emergeranno dessero adito a vere azioni di miglioramento; di fatto da dieci anni diciamo che l’equipe della Ausl che redige il rapporto semestrale deve essere integrata da altre professionalità oltre agli igienisti (quindi da un medico del lavoro, uno psichiatra, uno psicologo di comunità, ecc); su questo ci fu una timida apertura poi rientrata con l’abituale spirito conservatore e gattopardesco.

Il carcere è nocivo per la psiche umana: da un lato esso rappresenta il luogo fisico della massima espressione della legge; contemporaneamente è il luogo dove, col silenzio delle istituzioni, la legge viene violata; è nocivo anche per il fisico per le condizioni di frustrazione, costrittività, sedentarietà, sottooccupazione, demansionamento, riduzione del sentimento di autostima, induzione di depressione e, a volte, di disperazione.

Il sistema carcerario italiano, dopo il ricorso ad alcuni “pannicelli caldi” dunque, rimane alla paralisi; la paralisi volge alla cancrena; di recente risulta che il presidente del consiglio abbia proposto la costituzione degli “stati generali sul carcere”: di sparate ne abbiamo sentite tante, compresa quella di un ministro di Grazia e Giustizia che qualche anno fa propose carceri galleggianti con vista mare per i detenuti buoni e vista sul cesso per i detenuti cattivi; le finalità di quest’ultima proposta del presidente del consiglio paiono quantomeno nebulose, sempre che non si tratti di un diversivo adottato per sprecare ulteriormente tempo.

Su tutte le questioni esposte – che ribadiamo ormai da 10 anni – rilanciamo ostinatamente la nostra denuncia alla attenzione delle istituzioni pubbliche ma dobbiamo ormai fare affidamento soltanto sui cittadini democratici e, ovviamente, sulle persone ristrette per tenere viva una forma di resistenza civile che semplicemente torni a dare alla privazione della libertà solo il senso e il significato attribuitole dalla Costituzione repubblicana.

(*) Vito Totire è medico del lavoro/psichiatra, portavoce del circolo “Chico” Mendes (via Polese 30 Bologna). E’ contattabile qui: vitototire@gmail.com

 

Redazione
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