Stato, diritti, Uaar e Chiese

di Roberto Vuilleumier (*)

Non è per ottenere denaro pubblico attraverso meccanismi perversi come l’8 per mille, non è per “ferocità” atea, falso stato d’animo attribuito da alcuni cattopredicatori alla «vita da atea» di Margherita Hack , non è per costruire una «chiesa atea» come scrive il giornalista alquanto conformista del «Corriere della sera». Non è per tutto questo che da circa 20 anni Uaar – Unione atei e agnostici razionalisti – si fa in quattro. Di certo è perché nessun libero pensiero e nemmeno, guarda un po’, nessuna confessione, venga discriminata.

Come si può ottenere in Italia il riconoscimento del diritto a non essere discriminati? Attraverso la giustizia, confidando in essa e ahimè quindi anche nella fortuna… ma certamente non nella politica, perché la politica è schiava del conformismo cristiano cattolico e del suo enorme potere temporale.

Il tar del Lazio nel 2008 aveva addirittura sentenziato che l’allora governo Berlusconi non dovesse motivare in alcun modo la decisione di respingere la richiesta di stipula di un accordo fra gli atei, gli agnostici e i razionalisti riuniti nell’Uaar e lo Stato italiano: poteva dire di no e basta, senza un perché.

Nel 2011 il consiglio di Stato e qualche giorno fa la Cassazione hanno ribaltato quel giudizio: il governo potrà anche dire no, ma quel no deve motivarlo. E ora la palla ripassa al Tar che dovrà entrare nel merito pretendendo dal governo la motivazione del no all’accordo con l’Uaar.

Non solo: la sentenza della Cassazione di fatto mette al bando l’atteggiamento discriminatorio dei vari governi che si sono susseguiti negli ultimi 30 anni nei confronti di tutte le confessioni religiose minoritarie, che finora non hanno avuto a loro volta motivazioni per i dinieghi ricevuti.

Non basterà più per il governo richiamare il “vuoto normativo” a giustificazione dell’assunto «il governo è libero di determinarsi come meglio crede» (contenuto del ricorso del governo Monti in Cassazione) poiché la Cassazione attribuisce «diritto di risposta» a tutte le confessioni religiose minoritarie, i quali diritti sono stati calpestati dal rapporto di privilegio dei governi italiani con le confessioni amiche. Non basterà più ai governanti di questo Paese, pensate un po’, rifarsi all’ unica legge di riferimento: quella fascista del 1929 sui culti ammessi.

Quel che chiedo è: basterà alla politica tutta l’orientamento della giustizia contro la discriminazione per risvegliarla dal “sonno eterno”?

Per me la risposta è no, per questo ritengo fortemente necessario che si formi un movimento politico che abbia come unico scopo sostenere le battaglie degli atei e dei laici contro le discriminazioni «di Stato» e per la tutela dei diritti sociali e civili (ma anche economici).

(*) Roberto Vuilleumier è delegato Uaar di Imola e Castel san Pietro Terme. Sabato 29 giugno il «Corriere della Sera» ha dedicato quasi una pagina a Uaar, l’Unione atei e agnostici razionalisti, commentando la sentenza depositata il giorno prima con il quale «le sezioni unite civili della Cassazione hanno rigettato il ricorso della Presidenza del Consiglio» che in sostanza aveva escluso intese. Il titolo era peggio che ingannevole («Anche gli atei diventano una Chiesa. Stessi diritti delle altre confessioni?») e l’articolo di Francesco Margiotta Broglio era abbastanza fuorviante, con tanto di battuta finale sulla Dea Ragione.  Fa cadere le braccia il pensiero che ancora in Italia si debba fare un ricorso per chiedere la parità di trattamento onde tutelare un pensiero differente. Ma è ancora più triste che poi, quando cioè il ricorso è accolto, la politica e gran parte del sistema mediatico facciano finta di nulla mentre il «Corriere della sera» parla d’altro mentre solo un colonnino dava la parola – poche righe – alla Uaar, attraverso Raffaele Carcano. Invece la questione è molto importante per chi ha a cuore i diritti di tutte/i; mi piacerebbe che in blog se ne discutesse. Questo di Roberto Vuilleumier è dunque un primo intervento, spero che altri ne seguano; ovviamente anche di  chi professa la religione cattolica ma senza per questo iscriversi fra gli integral-statalisti (o varticani-talebani se preferite questa definizione). Ricordo infine che l’ultimo numero di «Micromega» titola «Ateo è bello». Qui in blog ho recensito (4 anni fa ma la questione resta attuale) il libro «Uscire dal gregge» centrato sul diritto a sbattezzarsi, un incredibile tira-e-molla che ha impegnato e impegna Uaar contro il classico muro di gomma del catto-potere. (db)

 

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