Stefano Firrincieli: Billy Scintilla

Nella tranquillissima scatolina di fiammiferi della seconda mensola a sinistra, vicino al forno a microonde, viveva, da quando era nato in una notte di pioggia e vento, al numero due di Rogo Road, un fiammifero tutto pepe di nome Billy, ma che tutti conoscevano per il suo carattere acceso come Billy Scintilla.
Benché Billy non avesse compiuto ancora il suo settimo attimo di vita, tutti a Scatolina City si erano imbattuti almeno una volta nel suo visetto rosso vivace e malandrino, come solo quello dei fiammiferi più furbi poteva esserlo, o avevano provato ad acciuffare il suo
corpo basso e legnoso, ma così agile da essere imprendibile… Billy, per farla breve, era sempre sulla bocca di tutti: quando succedeva qualche guaio a Scatolina City, era sempre il primo imputato e alla Scuola Fiamma di base, dove andava; non passava un giorno senza farsi sbattere almeno una volta fuori dalla maestra Candida Panciotti, che una volta per la rabbia aveva preso fuoco provocando un incendio così grande da distruggere mezza scuola. Ci vollero tre mesi per riprendere le lezioni e la madre di Billy per la vergogna dovette saltare l’impegno mondano dell’anno: la cena di fine attimo a base di tacchino ripieno dell’esclusivissimo circolo Maria Fiammetta Tristina…
Insomma Billy da piccolo era una vera peste e crescendo le cose non migliorarono di certo. I suoi genitori erano ormai disperati e si erano rassegnati dopo aver provato di tutto: erano stati vani gli anni al collegio dei monaci Carciofini, noti per la loro rigida spinosità, né era valso a nulla il costosissimo corso di Madame Clichè: “ Datemi vostro figlio vi ridarò un signor fiammifero!” recitava la pubblicità, ma Billy tornò tale e quale a prima con in più un odio irrefrenabile per ogni sorta di regola.
A diciassette attimi il suo personaggio era già più grande di lui e poiché, a detta di tutti, era un bel fiammifero, le madri, preoccupate del suo nefasto fascino, impedivano alle figlie di frequentarlo e anche i suoi amici più stretti, quelli con cui era cresciuto, ormai lo isolavano preoccupati del giudizio negativo degli altri.
Billy infatti non solo si comportava in modo assurdo ma aveva iniziato a fare discorsi strani sul suo futuro: “Non voglio passare tutta la vita in questa stupida scatola”  urlava con quante scintille aveva in corpo “voglio vedere il mondo, sapere cosa c’è fuori, viaggiare…”.
“Ma sei un fiammifero per la brace!”  borbottava suo padre infuriato “qui sei nato e qui resterai, che ti piaccia o no! E quando sarà il momento di trasformarti in fiamma lo farai per far cuocere la pasta come farà tuo padre e come ha già fatto il padre di tuo padre, non diventerò per causa tua lo zimbello del paese e ora non voglio sentire altre discussioni”.
Come infatti tutti sapevano, a Scatolina City ogni fiammifero per bene si sarebbe trasformato in fiamma per far cuocere il cibo. Questo  era il loro  destino scelto per loro dalla Grossa Mano e nessuno poteva cambiarlo, così come a Fumo City vivevano tutti per accendere sigarette o, come a Caminetto Ville,  vivevano solo per accendere il fuoco nel camino.
La famiglia di Billy era di nobilissimo rango, generazioni e generazioni di suoi avi si erano tutti trasformati in fiamma per far cuocere la pasta e lui, che era il rampollo di questa illustre casata, non poteva certo rompere una così solida tradizione. Ma come dice il proverbio “c’è chi è testa di legno e chi è testa di fiamma, chi mangia zolfo e chi carbonella”…
Così nella notte del suo diciottesimo attimo di vita Billy si mise, zaino in spalla, a correre per viale dei Ceri Pasquali, si nascose nel vico della Lanterna Opaca e aspettò che la Grossa Mano compisse il miracolo dell’alba.
Appena vide entrare la luce a Scatolina City, seppure con una briciola  di  esitazione, decise di andare e con un balzo fenomenale delle gambe saltò e fu fuori, nel meraviglioso mondo della Grossa Mano.
Incredulo si trovò di fronte a un universo immenso e affascinante di cui ignorava completamente l’esistenza. Scoprì che l’universo non era popolato solo da fiammiferi, come aveva sempre pensato, ma da un incredibile varietà di esseri che, a dire il vero, trovava un po’ buffi e singolari.
Erano ormai passati sette attimi da quando Billy era partito, sette attimi intensi e ricchi d’emozioni in cui aveva conosciuto teiere e tazzine, un po’  snob a dire la verità; caffettiere e chicchi di caffè nervosissimi; spugne e spugnette simpatiche,  ma in carne; aveva conosciuto la solitudine e l’attesa, la forza e la speranza, aveva sperimentato la diversità. Aveva capito che il mondo è vario , che ognuno è diverso dagli altri. Aveva capito che bastava voltarsi perché tutto apparisse diverso, che bastava spostarsi perché il proprio mondo apparisse più piccolo, meno centrale. Aveva capito che lui stesso era un piccolo punto, una goccia di mare, ma che anche una goccia ha la sua importanza, e che senza gocce non c’è mare…
A volte al tramonto, quando la Grossa Mano portava la sera, Billy era preso dalla malinconia e pensava a Scatolina City, alla sua casa, alla sua mamma. Tutto gli appariva lontano, distante, disperso. A volte anche Billy voleva tornare a casa…
Decise di scrivere una lettera alla sua mamma per spiegarle che era cambiato, che era diverso, che non si sentiva nato per fare il fiammifero. Così, dopo averla riletta più volte per evitare che gli scappasse qualche doppia, la consegnò alla posta celere che l’avrebbe spedita ai suoi.
Preparato il suo zainetto e salutati gli amici si incamminò per esplorare una nuova terra. Ma proprio mentre era al centro del Mar Pavimentoso fu all’improvviso sollevato e posto sul tavolo, di fronte a lui due occhi immensi lo scrutavano incuriositi. Billy non aveva avuto il tempo di rendersi conto di niente, ma quando due grosse dita lo portarono in alto di fronte a un volto enorme, si accorse che quegli occhi enormi erano della Grossa Mano!
“Dove vai così di fretta?”.
“Ne-nella t-terra d-dei diva-vani, Venerabile Grossa Mano”.
“Per Diana e che vuol fare un fiammifero in salotto? Non vorrai dar fuoco alla mia tappezzeria spero?”.
“N-no, Venerabile, io sono un esploratore”.
“Ma cosa cerchi?”.
“Niente. Voglio solo vedere il mondo”.
“Il mondo ? e per far che?”.
“Per viaggiare, sono un fiammifero coraggioso!”.
“Uhm! Hai viaggiato a lungo?”.
“Oh si Venerabilissima, e ho visto cose straordinarie, ho capito un mucchio di roba”.
“Cosa hai capito?”.
“Ho capito che il viaggio più bello, affascinante, difficoltoso è quello in noi stessi. Ho imparato a conoscermi, a capire cosa voglio, a rispettare gli altri”.
“Sei saggio per essere solo un fiammifero”.
“Io non sono solo un fiammifero, sono Billy, Billy Scintilla!”.
“E che cambia, resti comunque un fiammifero”.
“Cambia tutto, non importa cosa si è o dove si nasce, importa cosa vogliamo essere, dove vogliamo arrivare”.
In quell’istante saltò all’improvviso la luce e tutto divenne buio, la  Grossa Mano smarrita cercava aiuto, non vedeva nulla e aveva bisogno di luce. Billy senza pensarci un attimo si strofinò al tavolo e trasformatosi in fiamma si posò su un foglio che allungandosi accese una candela che permise alla Grossa Mano di poter vedere. La luce che la fiamma di Billy era diventata, divenne così intensa e forte da diventare energia e l’energia così straordinaria da rischiarare e invadere tutto quell’universo.
La luce entrò nel cuore di Scatolina City e rischiarò tutta la città. Tutti riconobbero ammirati l’energia di Billy.
La sua leggenda dura tuttora a distanza di milioni di attimi e ancora oggi a Scatolina City al numero due di Rogo Road c’è una targa di zolfo in ricordo di Billy con alcune parole della lettera che aveva scritto alla madre: “Nessuno nasce in una storia già scritta, ognuno è la penna della propria vita, deve solo aver il coraggio di essere se stesso fino in fondo.”
Oggi è più di cinque milioni di attimi da quando l’ho conosciuto, ricordo ancora le parole che mi ha sussurrato, già fiamma, prima di trasformarsi in energia dal tavolo della mia cucina: “Dio è l’eterno uguale. In Lui ha posto ogni diverso. Ma non esiste il differente. Non c’è giorno senza notte.Né alba senza tramonto. Ma il cielo è sempre lì. Straordinariamente diverso. Ma indissolubilmente uguale”.

Redazione
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6 commenti

  • ginodicostanzo

    Pedagogico. Nel finale un miscredente come me avrebbe risparmiato il riferimento a dio, ma comunque questo racconto resta ben congegnato, una bella costruzione ricca di fantasia.

  • Mi è piaciuto assai, e come Gino avrei evitato quel tipo di finale. Non tutto deve, lì, confluire…
    Complimenti Stefano e grazie Daniele.

    clelia

  • Intanto grazie a tutti.
    In effetti rileggendo adesso questo racconto, da agnostico quale sono diventato, il finale può sembrare troppo teonormativo.
    Ma c’è però una lieve sfumatura, certamente troppo poco nitida, che vorrei sottolineare. Il Dio di Billy non è il Dio Padre Onnipotente della coltivazione cattolica. In fondo nel suo incontro con la Grossa Mano, che è creduta la divinità assoluta di Scatolina, già si smonta il castello di credenze che chiude gli altri fiammiferi in un pacco confezionato in attesa di un inesorabile destino.
    E’ un burattino che taglia i fili di un futuro già scritto e osa parlare al misterioso e venerato burattinaio.
    Così mi piace pensare, ma forse è una forzatura postuma, che il Dio di Billy non sia il Dio escatologico della tradizione ma un Dio liquido, un dio mondo, una speranza in qualcosa di più grande, un abracciare quell’immensità sconfinata che può trovare solo chi ha il coraggio di sognare la propria libertà.

    • ringrazio Stefano per il chiarimento
      quando ho letto Billy Scintilla io non avevo colto questa istanza teo-normativa (definizione splendidamente corretta, me la rivendo subito) ma un sorridente panteismo
      non ho i titoli per dare consigli… dunque lo faccio: abbiamo bisogno di favole, di un lieve favolare (verbo) per farci un po’ sollevare dalla terra e dalla Terra e dunque incoraggio Stefano – come le altre, gli altri dei sabati passati o futuri – a continuare
      vedo una mano alzata lì dalle parti di Aosta (o di Cosenza…. ah la mia vista) e dò subito la parola
      OBIEZIONE: non abbiamo bisogno di una narrativa realista?
      mi dò la patola ridspondo
      abbiamo bisogno e urgenza delll’una e delll’altra: due piedi per camminare, due ali per volare, due mani e tutto il resto… rileggete qui (su codesto blog) la poesia di Ndjock Ngana. Siamo creature di carne e di sogni, chi nega i sogni o nega la carne ci vuole (e si vuole) male.
      … Abrazos y rebeldia (db)

  • Grazie, Stefano, di essere tornato a raccontarci un poco di te (perchè così intendo il tuo chiarimento). Chi scrive, solitamente non ha molta voglia di dilungarsi sui perchè e sui percome. Grazie ancora! A rileggerti.

    clelia

  • un testo bello, non fermarti, continua a creare e a scrivere, non hai per caso qualche bozza nel cassetto? pensaci, sarebbe interessante rileggerti
    Floe

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