Storie di nuovi migranti – 1

I giovani italiani nel mondo

di Murat Cinar (*)

Non passa giorno senza che ci giunga notizia di giovani che lasciano il Belpaese. Secondo i dati del rapporto dell’Anief (associazione professionale sindacale), nell’ultimo decennio,

le persone under-35 emigrate all’estero sono più che raddoppiate, passando da 50 mila a 106 mila. Gli stipendi bassi, la disattenzione della politica, la gerontocrazia, la disoccupazione e l’ingiusta ricompensa dopo anni di studio sembrano essere le principali cause di queste partenze. Sembra che Mamma Italia non sia più in grado di allattare i propri figli.

I numeri e le motivazioni delle partenze sono indicativamente questi. Però, una volta diventati emigrati, cosa fanno questi giovani nel Paese in cui approdano? Riescono a realizzare i loro sogni? Come si trova un lavoro all’estero? Sono contenti di aver fatto questa scelta? Sognano giorno e notte di ritornare in Italia il giorno in cui «le condizioni miglioreranno»?

«Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: “Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene.” Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio.»

(dal film «La Haine» del 1995)

Mi trovavo in Olanda nell’autunno 2013 per motivi di lavoro e ho deciso di trascorrere due giorni ad Amsterdam per visitare la città. Ho dormito forse nel peggior ostello che ho visto nella mia vita. Dopo le condizioni igieniche e abitative di questo posto la seconda cosa che mi ha colpito era il fatto che il personale che lo gestiva fosse italiano e anche che la maggior parte di quelli che ci sostavano per soggiorni di lungo periodo fossero italiani. Durante il check-in, Lorenzo legge il mio luogo di nascita sulla carta d’identità e mi dice che sogna di fare esattamente il contrario di quello che ho fatto io 13 anni fa, cioè andare a vivere in Turchia. Mi racconta che ad Amsterdam i lavori di questo genere, con qualche giorno di attesa e con un po’ di passaparola si trovano facilmente, ovviamente se si parla bene in inglese. «Qui non serve il fiammingo, basta saper parlare in inglese, spagnolo o italiano. I nostri connazionali sono in arrivo in continuazione. Tanti, giovani, maschi e la maggior parte laureata. In questo ostello a lavorare e a vivere per un mese sono spesso le persone del sud Italia». Riccardo si difende abbastanza bene con l’inglese e lavora anche lui in quest’ostello, da 2 anni. «Qui guadagno più di quello che avrei potuto in Italia con la mia laurea in Scienze Politiche. Certamente non è un lavoro che potrei fare per tutta la vita ma è meglio che stare a casa con i miei senza sapere cosa fare del mio futuro».

A gennaio 2014 mi trovavo a Dublino, sempre per lavoro. Dopo l’esperienza di Amsterdam ho deciso di restare in un ostello della gioventù durante la mia permanenza in Irlanda. Grazie a un amico basco che vive a Dublino da 20 anni sono venuto a conoscenza di questa ex-chiesa trasformata in ostello dove lui aveva trascorso le prime settimane di quello che sarebbe diventato il suo lungo esilio irlandese. Le condizioni in questo ostello sono decisamente migliori rispetto a quello di Amsterdam. Stanze da 10 persone, bagni e docce comuni decisamente puliti, una grande sala colazione/svago, una cucina dignitosa per il fai da te e una sala reception con il biliardo. Qui ad accogliermi sono due persone con marcatissimi accenti, uno italiano e l’altro spagnolo. Anche la maggior parte delle persone che ci vivono arrivano da Spagna e Italia e ci sono anche parecchi brasiliani. In questo ostello scopro il mito di Dublino. La maggior parte degli italiani viene dal sud: Sicilia, Puglia, Lazio, Campania e Sardegna. Quasi tutti hanno una laurea ottenuta nelle università settentrionali dello Stivale. C’è chi viene per migliorare il suo inglese vivendo qui oppure seguendo un corso di lingua inglese e c’è chi invece parte in quarta e cerca subito un lavoro. Una particolarità di questo ostello è la proposta che fa ai giovani emigrati: dopo le prime settimane di permanenza, se ti ritengono una persona in gamba ti propongono di lavorare 3 mattine a settimana nell’ostello per fare le pulizie. In cambio non dovrai pagare per pernottare e per la colazione, insomma, 13 euro a notte risparmiati. Invece se sai parlare bene in inglese e se sei decisamente motivato potresti iniziare a lavorare, all’inizio part time e poi anche a tempo pieno, dietro al banco della reception.

Cinzia ha fatto questo percorso. «Sapevo già parlare inglese, però ho preferito venire a Dublino per fare un corso, dato che qui costa di meno rispetto a Londra. Dopo il primo mese mi hanno offerto di fare le pulizie in cambio del soggiorno gratuito. Sto ancora seguendo il corso di lingua ma nel mentre ho iniziato a lavorare mezza giornata come receptionist. Guadagno molto più di quello che potrei in Italia con un lavoro del genere, perfeziono il mio inglese e non pago per dormire».

Napoleone (sì, non avete letto male) invece è leggermente più grande rispetto alla media. «Il mio inglese è ancora da strutturare bene per cui ho subito accettato la proposta di fare pulizie 3 volte a settimana in cambio di vitto e alloggio nel frattempo per qualche sera lavoro in una pizzeria italiana. In Sardegna dove vivevo prima non trovavo più un lavoro qui invece riesco a guadagnare qualche soldo».

Fra gli italiani over-40 in cerca di lavoro non c’è soltanto Napoleone ma anche Enzo. «Per chi non sa parlare in inglese ci sono le pizzerie italiane dove lo sfruttamento è evidente. Il datore di lavoro sa che in Italia uno come me non potrebbe guadagnare questi soldi oggi come oggi, quindi ti chiede di lavorare di più a gratis e non ti fa il contratto. Il mito Dublino sembra in fase di esaurimento. Ormai quello che si trova è sempre nel settore di servizi a bassa manovalanza». Enzo dormiva nella camerata con me, ha preferito subito cercare un lavoro invece che fare pulizie in ostello. Così ha fatto anche Ignacio che viene dalla Catalogna e parla abbastanza bene in inglese. Dato che è un bel giovane, alto e muscoloso, l’hanno preso per lavorare come cameriere in uno dei ristoranti più prestigiosi di Dublino. «Adesso non ha senso ritornare in Catalogna qui mi trovo bene, certo che preferirei un po’ di tranquillità e riservatezza ma devo risparmiare più soldi possibili in questo momento».

Questi brevi e veloci incontri hanno stimolato la mia curiosità. Dove stanno i giovani italiani che vanno via? Cosa fanno? ho deciso di sentire le persone che conosco in giro per il mondo per avere informazioni, notizie e chiarimenti.

Ne parleremo nella seconda puntata di questa piccola inchiesta.

(*) Domani alle 19 in blog la seconda e ultima puntata. Il testo è uscito nel giugno 2014 su «Prospettive altre» (http://www.prospettivealtre.info/2014/06/storie-di-nuovi-migranti-i-giovani-italiani-nel-mondo-parte-1) con una piccola presentazione dell’autore che riprendo. Murat Cinar nasce nel 1981 a Istanbul, frutto dell’amore di una coppia immigrata nella ex città ottomana, lei da Sebastia (Turchia) lui da Batum (Georgia). Cresciuto fra le culture armena ed ebrea. Appassionato di fotografia, cinema, politica e, inevitabilmente, di giornalismo. Scrive in Turchia per la rivista nazionale «KaosGL», per il quotidiano nazionale «Birgun» e vari portali di notizie indipendenti come «Bianet», «Sol» e «Sendika». In Italia ha scritto per «il manifesto» ed «E-il mensile». E’ uno dei fondatori del freepress mensile «Glob011» e collabora tuttora con «EastJournal».

 

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