Strano fanta-tris: abissi, universi e mogli

Come se la caverà db alle prese con due antologie («Infiniti universi» e «Mogli pericolose») e un vecchio romanzo («L’incubo sul fondo»)?

Avendo a che fare con tre libri sarebbe facile (e banale?) usare una di quelle formule tipo «Il bello, il brutto e il cattivo». Invece devo dirvi: tre libri variamente interessanti – per chi ama fantascienza e dintorni – pur senza rulli di tamburi. Bellini senza esagerare.

Cominciamo dai due Urania che presto spariranno dalle edicole.

William Fitzegerald Jenkins, noto come Murray Leinster, è uno dei padri (o degli zii, se non vogliamo esagerare) della fantascienza «all’epoca della sua riproducibilità», insomma quella uscita nella prima metà del 1900. Sempre piacevole nella scrittura con una discreta dose di nozioni scientifiche ma senza “tirarsela”.

Quresto «L’incubo sul fondo» – titolo originale «Creatures of the Abyss» – è del 1961: Urania lo ripropone (190 pagine per 6,90 euri) nella nuova traduzione, integrale stavolta, di Annarita Guarnieri.

Bell’inizio e buon ritmo, qualche lungaggine ma sopportabile. Lieto fine ragionevole con tanto di love story. Avventura e misteri. All’epoca il batiscafo era una grande novità. Mescolare gli abissi poco esplorati e qualcosa che arrivava dal cielo aveva un fascino e Leinster non fu il solo a tentare. Gli scienziati che non riescono a credere a (tantomeno raccontare) quel che accade sotto i loro occhi è reso con ironia: quando domandano aiuto ai colleghi non siamo nel “cervelloni e super eroi, bum bum, zum zum” ma nel contesto dove si chiede «una cortesia professionale» con cautela, «da parte di un gruppo di svitati a un altro». Il mondo deve sapere? Forse è meglio di no, in questo caso. Si sa che gli eroi più grandi sono quelli che stanno zitti.

A completare il volume «I metastatici» di Davide De Boni, un buon racconto. Se credevate che la letteratura fantastica avesse esaurito le sue “missioni” dalle parti dei tumori, vi ricrederete.

La collana Millemondi di Urania ha cadenza quadrimestrale. Il primaverile numero 86 (368 pagine per 7,90 euri) offre la prima parte di «Infiniti universi» ovvero un’antologia con il “meglio” della fantascienza 2017, scelta da Gardner Dozois.

Davvero il meglio? Beh «Assassini», scritto a quattro mani da Jack Skillingstead e Burt Courtier, è geniale-ale-alè. «Noi che viviamo nel cuore» di Kelly Robson è originale come pochi. Almeno belli sono «Il mio nome inglese» di R. S. Benedict, «L’espresso delle stelle» di Michael Swanwick, «L’obelisco marziano» di Linda Nagata e «Aspettando la fine del mondo al Patty’s Place Cafè» di Naomi Kritzer; la discontinua Nancy Kress qui («Casa Sarah») è in fase sì. E magari si possono aggiungere alla lista dei piacevoli da leggere anche «Tempo invernale condiviso» di Ray Neller e «Passaggio notturno» di Alastair Reynolds. Il poco che resta è robaccia, hurk, puah. (versione meno egocentrica: non di mio gusto)

Cinque segnalazioni settoriali:

  • per amanti di jazz: si intravede Kenny Barron.
  • biologi: trovate «umani al limite estremo della definizione».
  • nazionalisti: meditate sulla frase «in Occidente le cose erano più difficili»
  • pessimisti a oltranza: ma… «c’è sempre una scelta»
  • studiosi di storia antica: il vero nome di Cartagine (voi lo conoscevate già, io no).

Amo i racconti ma le antologie ovviamente sono sempre rischiose. Come detto sopra, perfino «il meglio» di un’annata può suscitare reazioni contraddittorie. Vale anche per questa «Mogli pericolose» – sottotitolo «Finchè la morte non vi separi … e oltre» curata da Roberto Chiavini e Gian Filippo Pizzo per Watson edizioni (248 pagine per 18 euri) con 13 racconti che si muovono su vati rami del fantastico.

Fino a metà libro circa io non ho trovato nulla di soddisfacente. Mi sembrava tutto ovvio o inutilmente pretenzioso: magari ben scritto ma nooooooioso. Poi sono arrivato a «In corpore sano» scritto a 4 mani da Gabriele Falcioni e Francesca Garello. Questo sì che lo metterei nel mio “meglio” dell’ultimo anno. Un racconto simile vale un libro intero. Da lì la media dei racconti mi è parsa salire. «Salvatore dei pulcini» di Michele Piccolino è un raro esempio di horror psicolavorativo. Bella l’idea in «La moglie dell’ebreo errante» di Carla Reschia. Notevoli anche i racconti «Vaffanculo Sarah» di Pierfrancesco Prosperi e «Atlante dei sogni tedeschi» del sempre bravo Franco Ricciardiello (però queste due storie mi hanno dato l’impressione di essere scritte in fretta, senza il necessario tempo per i ritocchi).

Azzardo una domanda per Ricciardiello o forse per l’inconscio collettivo che lavora, rielabora e, se pure involontariamente, ruba. La scena clou del racconto è presa di peso da uno dei primi, bellissimi film di Theo Angelopoulos. La domanda è: sapendo che Ricciardiello ha costruito e/o costruirà una macchina del tempo, come ha fatto Hedwig Eva Maria Kiesler (in arte Hedy Lamarr) a copiare o essere copiata senza che ne resti – almeno in questo segmento temporale dell’universo Zby dove voi mi state leggendo – traccia in pellicola?

PS: Perchè questo titolo misogino? Nell’introduzione Gian Filippo Pizzo si affanna a giustificare la scelta però a me è venuta in mente quella frasetta latina che si traduce “scuse non richieste sono accuse manifeste”. Difficile fare i titoli, questo non è dei più azzeccati (in primo luogo rispetto ai racconti).

PS: scusate voi della “bottega” … una domanda: avrei un’altra recensione, c’ è posto  sul Marte-dì che viene? Come sarebbe “no” ? Devo mettermi in fila? Distanziato e con la mascherina? Due settimane almeno? Sapete che vi dico? Per tutte le meduse volanti di Altair questa è una vergogna… Cambio universo.

L’IMMAGINE QUI SOPRA è un omaggio a Karel Thole (per inciso la sua data di nascita era il 20 aprile)

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

3 commenti

  • Gian Filippo Pizzo

    Caro db,
    ho esitato un po’ prima di commentare perché il tuo poscritto non mi è piaciuto. Non la domanda, che è sicuramente lecita, ma le argomantazioni che scrivi, soprattutto la frase “si affanna a giustificare”, che è del tutto fuori luogo.
    Ho scritto che il titolo era “volutamente provocatorio” e ho spiegato (non giustificato) il contenuto del volume. Forse non è chiaro e allora lo chiarisco: il titolo e l’argomento sono nati insieme, la stessa introduzione contiene le istruzioni che avevo mandato agli autori e alle autrici, cioè proprio il fatto che nonostante il titolo l’antologia era dedicata al rapporto di coppia, che la coppia non doveva per forza essere né regolarmente costituita e nemmeno eterosessuale, che “pericoloso” poteva anche essere un altro componente del nucleo familiare, e che per il resto lasciavo liberi di interpretare come volevano. In altre parole tutto era preordinato sin dall’inizio e se il titolo non ti piace pazienza.

  • Daniele, che dire? Non so. Sono stupito per primo. Davvero questa domanda andrebbe rivolta all’inconscio collettivo…

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