Strike – 11
Daniela Pia ricorda lo sciopero delle sottane (*)
Era un giorno di maggio 1968 quando «Mirror» uscì con il titolo «Lo sciopero delle sottane», liquidando così la lotta di un gruppo di incredibili donne capaci di bloccare per 20 giorni gli stabilimenti Ford di Dagenham. Le operaie boicottarono la produzione rivendicando la parità retributiva. «We want sex equality» diceva il loro striscione piazzato sotto Westmister, ma non avendolo srotolato tutto … si leggeva solamente «we want sex», cosa che suscitò la facile ilarità e gli ammiccamenti dei passanti.
Riuscirono a bloccare la produzione, mettendo sotto scacco la multinazionale e tenendo a casa 40mila operai – cioè maschi – inglesi. La loro fu una lotta che assunse il carattere più ampio di una condanna della discriminazione salariale femminile e questo aspetto finì per essere il carattere distintivo della protesta.
Così, di recente, hanno ricordato quei giorni le protagoniste: «Noi volevamo il riconoscimento della nostra specializzazione, ma ci fu consigliato di puntare alla rivendicazione del diritto a uno stipendio uguale agli uomini e così facemmo. Fu solo quando le Unions misero il cappello dell’ufficialità allo sciopero a oltranza che fummo convocate a Whitehall. Barbara Castle (ministro del lavoro, donna emergente nel Labour di Harold Wilson) battè il pugno sul tavolo e riuscì a imporre le nostre ragioni alla Ford: ottenemmo una paga quasi uguale a quella dei maschi. Due anni dopo, nel 1970, il ministro Castle varò l’Equality Pay Act, che pose il sigillo alla uguaglianza salariale fra uomini e donne. Lavorammo per altri decenni a Dagenham e le relazioni con Ford furono ottime».
Questa pagina di lotta per i diritti delle donne è stata piuttosto trascurata sino a quando il regista inglese Nigel Cole non ne ha tratto l’ ironica commedia «Made in Dagenham» mutuando il titolo dall’etichetta che compariva sui sedili delle Ford assemblati da quelle operaie sottopagate.
Sottane? Sia pure ma il pizzo e le trine si fecero armi capaci di colpire e affondare un sistema di diseguaglianza impunita, rendendole antesignane di una lotta per la parità mai del tutto conquistata.
(*) La miscellanea di oggi – cioè 24 post intorno a scioperi, fatica, diritti e alla lunga storia delle lotte per un mondo migliore nel quale lavorare non significhi rischiare la pelle o essere sfruttate/i – è curata dalla piccola redazione di questo blog. Qui e nelle piazze lo ripetiamo: «l’unico generale che ci piace si chiama sciopero».