Strike – 24

Quell’infame 12 dicembre 1969: Fabrizio Melodia sulle bombe di piazza Fontana – una strage contro il movimento operaio – come raccontate e ricordate dai musicisti (*)

 

Dicembre 1969, autunno caldo. Si respirava aria di grande cambiamento ovunque, perfino nella musica. Ma le bombe in piazza Fontana del 12 dicembre fecero capire che i padroni vecchi e nuovi in Italia avrebbero fatto di tutto (stragi comprese) per impedire al movimento operaio di ottenere “troppa” democrazia.

E perfino la musica allora provò a raccontare «la perdita dell’innocenza» di tante persone, soprattutto quando fu chiaro che era una «strage di Stato»: manovalanza fascista, protezione dei servizi segreti e mandanti nei Palazzi del potere.
Il cantautore Francesco De Gregori nella canzone «Viva l’Italia», inserita nell’omonimo album del 1979, scrive:
«Viva l’Italia, l’Italia del 12 dicembre
l’Italia delle bandiere, l’Italia nuda come sempre
l’Italia con gli occhi aperti nella notte triste
viva l’Italia, l’Italia che resiste».
Pierangelo Bertoli allude al primo dei 7 processi, tenutosi a Catanzaro, per individuare i responsabili della strage, nella canzone «Nicolò» (nel 33 giri «Album» del 1981):
«Vinta la tua battaglia della ragione
doveva spuntare un mondo nuovo
ma prima di capire che era finita
tornasti a lottare invano
lavoro senza tregua
da Scelba e Tambroni fulmini e tuoni
desiderio di una vita migliore,
pagata col sangue e mai toccata con mano
Oggi sono in tanti reduci di niente
di una Italia battuta e già arresa
Dalla fuga di Kappler, Catanzaro sorpresa
distende una lunga mano nera
col fiato sospeso nel fuoco e nel fumo
Bologna si staglia sfinita».
Giorgio Gaber cita direttamente la strage nella polemica canzone «Qualcuno era comunista»:
«Qualcuno era comunista perché non ne poteva più
di quarant’anni di governi democristiani incapaci e mafiosi.
Qualcuno era comunista
perché Piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l’Italicus, Ustica eccetera, eccetera, eccetera…
Qualcuno era comunista perché chi era contro era comunista.
Qualcuno era comunista perché non sopportava più quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia.
Qualcuno credeva di essere comunista, e forse era qualcos’altro.
Qualcuno era comunista perché sognava una libertà diversa da quella americana.
Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri.
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo.
Perché sentiva la necessità di una morale diversa».
I Modena City Ramblers citano la strage e la morte di Pinelli nella canzone «Quarant’anni», all’interno dell’album «Riportando tutto a casa» (1994):
«Ho visto gladiatori sorridere in diretta
i pestaggi dei nazisti e della nuova destra
Ho visto bombe di Stato scoppiare nelle piazze
E anarchici distratti cadere giù dalle finestre
Ma ho un armadio pieno d’oro di tangenti e di mazzette
Di armi e munizioni di scheletri e di schifezze
Ho una casa piena d’odio, di correnti e di fazioni
Di politici corrotti, i miei amici son pancioni,
Puttanieri, faccendieri e tragattini
Sono gobbi e son mafiosi massoni piduisti e celerini».
Il gruppo musicale milanese Yu Kung ha composto la canzone «Piazza Fontana» nel 1976. Quasi 20 anni dopo – nel 1995 – la Banda Bassotti ha reinciso il brano, intitolandolo «Luna rossa» (nell’album «Avanzo de cantiere»).
«Il pomeriggio del dodici dicembre
in piazza del Duomo c’è l’abete illuminato;
ma in via del Corso non ci sono le luci,
per l’Autunno caldo il comune le ha levate.
In piazza Fontana il traffico è animato,
c’è il mercatino degli agricoltori.
Sull’autobus a Milano in poche ore,
la testa nel bavero del cappotto alzato.
Bisogna fare tutto molto in fretta
perché la banca chiude gli sportelli;
oh come tutto vola così in fretta
risparmia gente tutto così in fretta
No, no, no, non si può più dormire
la luna è rossa e rossa di violenza!
Bisogna piangere insonni per capire
che l’ultima giustizia borghese si è spenta!
Scende dicembre sopra la sera,
sopra la gente che parla di Natale;
se questa vita avrà un futuro
metterò casa, potrà anche andare.
Dice la gente che in piazza Fontana
forse è scoppiata una caldaia;
là nella piazza 16 morti
li benediva un cardinale».
Anche i Litfiba ricordano la strage a modo loro; in una versione live della canzone «Il Vento» (nella raccolta «Lacio drom») cantano: «Con il cuore in quella piazza / tiene a mente Piazza Fontana» mentre nell’originale si faceva riferimento a Piazza Tienammen.
I rapper napoletani 99 Posse si riferiscono in due brani alla strage di Piazza Fontana con parole nude e crude: «Penso al 12 dicembre ’69, allo Stato delle stragi, allo Stato delle trame» nella canzone «Odio/Rappresaglia» nell’album «NA 99 10»; mentre in «Rafaniello» cantano: «…cumpagne aret’ ‘e sbarre dint’ ‘e galere imperialiste, pe’ mezz’ ‘e gli interessi d’ ‘o Partito Comunista, e se sparteno ‘e denar’ c’ ‘a Democrazia Cristiana, ‘o partit’ ca mettett’ ‘e bombe a piazza Fontana» (“compagni dietro le sbarre dentro le galere imperialiste, a causa degli interessi del Partito Comunista, e si dividono i denari con la Democrazia Cristiana, il partito che mise le bombe a piazza Fontana”).
Nel 1970 Joe Fallisi registrò, in forma anonima, un disco a 45 giri che conteneva «La ballata del Pinelli» e «Il blues della squallida città». Su entrambi i lati compariva la seguente scritta: «Questa canzone può essere eseguita, riprodotta o adattata da tutti coloro che non sono recuperatori, “progressisti” e falsi nemici del Sistema» e, come indicazione d’autore: «Parole e musica del Proletariato». In copertina un’opera di Paolo Baratella, sul retro un disegno di Georg Grosz. Ecco una strofa di quella versione ma la canzone girò con molte varianti (ne racconteremo in blog un’altra volta):
« “Poche storie indiziato Pinelli
Il tuo amico Valpreda ha parlato
Lui è l’autore di questo attentato
E il suo socio sappiamo sei tu”
“Impossibile” – grida Pinelli –
“Un compagno non può averlo fatto
Tra i padroni bisogna cercare
Chi le bombe ha fatto scoppiar”».
(*) Come già scritto in un precedente post di questa serie «strike», il 12 dicembre è anche la data della strage (nel 1969) a piazza Fontana. C’entrano molto quei morti con i diritti di chi lavora perché le bombe furono messe per spaventare il movimento operaio. Subito lo ammise, forse senza accorgersene, l’allora presidente del Consiglio, il democristiano Mariano Rumor, quando dichiarò (vado a memoria, le parole possono essere leggermente imprecise ma il senso era quello): «l’attentato a Milano rende indifferibile la firma del contratto dei metalmeccanici». Per questo la a miscellanea di oggi – 24 post intorno a scioperi, fatica, diritti e alla lunga storia delle lotte per un mondo migliore nel quale lavorare non significhi rischiare la pelle o essere sfruttate/i – si conclude con quel 12 dicembre di 45 anni fa, una strage impunita nei tribunali anche se sono ben noti gli esecutori materiali (i neofascisti di Ordine Nuovo). E i mandanti? Come appunto si cantava «Fra i padroni bisogna cercare / Chi le bombe ha fatto scoppiare».

 

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