Studenti contro la scuola classista

di Sebastiano Pira

Quando, con una certa ciclicità, il movimento degli studenti medi torna a occupare le scuole e a manifestare nelle piazze, il punto di partenza è generalmente quello di un insieme di rivendicazioni particolari. Il limite iniziale di tali rivendicazioni è sempre lo stesso. In realtà esse rimandano tutte a una questione di fondo che raramente viene assunta e posta al centro dell’iniziativa. In questi casi l’esito è che il movimento, così com’era velocemente nato, altrettanto velocemente si disperde e muore, lasciando la situazione sostanzialmente immutata.

La questione di fondo è quella del carattere di classe della scuola e in generale dell’istruzione pubblica. Parlare di una «scuola classista» significa essere consapevoli che tutto, in una tale scuola, è predisposto per servire gli interessi e le finalità economiche, politiche e ideologiche delle classi privilegiate e per discriminare gli studenti provenienti dal proletariato e dalle masse popolari.

In particolare questa scuola, in quanto classista, vuole evitare che le classi sociali economicamente meno privilegiate possano usufruire di un’istruzione adeguata alla possibilità di un’effettiva conoscenza della realtà, intesa non solo come la “realtà data” ma, soprattutto, come l’esito dell’evoluzione e delle lotte di classe dell’intera storia dell’umanità. 

Una scuola classista mira in ultima analisi a selezionare e corrompere ideologicamente una parte ristretta degli studenti provenienti dalle masse popolari e a rigettarne l’altra in un mondo alienato, fatto di cultura spazzatura, di precariato, di disoccupazione e di becero individualismo.  

Senza lottare contro la scuola classista, qualsiasi movimento degli studenti non può che ricadere nella confusione, nella frammentazione e nell’impotenza. Non può che perdere senso e significato collettivo e finire per sostenere, in ultima analisi, questa scuola così come essa è stata prodotta storicamente e ideologicamente dalla borghesia per conseguire i propri scopi e continuare così a mantenere nell’oppressione, nello sfruttamento e nella mancanza di prospettive, quella che di fatto è, anche in un Paese come l’Italia, la maggioranza della popolazione.

La lotta contro la scuola classista è l’obiettivo più alto e significativo che possa porsi un movimento degli studenti che non si riproponga ulteriori e più vaste finalità sociali, politiche e culturali, ma in quest’ultimo caso, il movimento cesserebbe di essere un movimento puramente studentesco e diventerebbe un movimento politico, probabilmente rivoluzionario, come appunto è accaduto con il movimento degli studenti del Sessantotto.

Non è affatto detto che porre al centro, in modo consapevole e determinato, la lotta contro una scuola classista significhi poter realmente conquistare una scuola democratica, ugualitaria e culturalmente critica. Anzi in linea di massima non si può avere una scuola non classista in una società classista. Questa verità di fondo non significa che non bisogna lottare ma che, al contrario, la lotta contro la scuola classista è, per il movimento degli studenti, il modo migliore, quello più vero e significativo per iniziare a prendere coscienza della realtà sociale e politica e delle proprie effettive possibilità di incidere in essa al fine di cambiarla.

Ogni passo reale, dunque, compiuto nella lotta contro la scuola classista è un passo di grande significato e importanza collettiva. Non quindi una semplice riforma della scuola, che poi in realtà non si comprende mai cosa possa concretamente significare, se non un tentativo di rinnovare e restaurare in modo ipocrita e strumentale la facciata di un’istituzione scolastica reazionaria e in decomposizione, ma la lotta per l’unica “riforma” possibile e necessaria: una scuola unica, insieme umanistica e scientifica, che abbatta tutte le distinzioni tra scuole di serie A e scuole di serie B, che prepari non a essere miserabile classe dirigente (o meglio: dominante) da un lato e a essere massa precarizzata dall’altro, ma a una cultura multiforme improntata a uno spirito razionale e quindi critico, che serva alla lotta delle classi oppresse e sfruttate per la propria emancipazione e con essa per la liberazione di tutta l’umanità dai mostri dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, delle guerre imperialiste e del fascismo.

La scuola non deve preparare al mondo del lavoro e non deve avere nulla a che fare con un obbrobrio come quello della cosiddetta alternanza scuola-lavoro, ma deve invece servire ad acquisire la consapevolezza che quello che viene definito mondo del lavoro – così come l’intera struttura economica e sovrastruttura statale e ideologica di questa società – si regge sulla divisione antagonistica tra classi sociali che non possono avere interessi comuni.

Quindi abbattimento di tutte le divisioni tra i diversi ordini e indirizzi della scuola secondaria superiore e, nello stesso tempo, immissione di una nuova cultura critica capace di fare i conti e di destrutturare quella pseudocultura ideologicamente connotata e insieme astrattamente nozionistica ossia deliberatamente estranea alle contraddizioni reali, che caratterizza i programmi e l’insegnamento attuale. Strappare quindi spazi crescenti alla scuola e alla cultura classista.

Ovviamente, marciare in questa direzione vuol dire fare i conti con il fatto che una scuola di classe può riprodursi solo perché è fondata su un corpo insegnante e amministrativo burocratico e mummificato che, di fronte allo sviluppo di un movimento come quello degli studenti, è solito richiedere l’intervento poliziesco e governativo e quello dei partiti, dei sindacati confederali e delle istituzioni ecclesiastiche, al fine di intimidire, confondere e dividere gli studenti. Quindi la lotta contro l’autoritarismo e la repressione sono un’esigenza vitale se si vuole realmente cambiare la scuola, così come la lotta contro le istituzioni, i partiti di potere, i sindacati confederali e le gerarchie ecclesiastiche, non dimenticando che prima o poi i fascisti si presenteranno armati di tutto punto e che quindi è necessario prepararsi per ribattere colpo su colpo.

Infine, sarebbe bene ricordare le migliori lezioni del passato, in particolare quelle del Sessantotto e degli anni immediatamente successivi, quando gli studenti uscivano dalle scuole per incontrare gli operai e altri settori di lavoratori sfruttati, quando gli studenti indicevano assemblee pubbliche per promuovere relazioni politiche e sociali di condivisione e solidarietà di classe, quando infine si operava per rendere effettivamente agente e non solo vuota formula propagandistica lo slogan «studenti e operai uniti nella lotta».

Le vignette – scelte dalla redazione – sono di Mauro Biani

 

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