Su «Città delle illusioni»…

…. di Ursula Le Guin, che torna in libreria fra pochi giorni a ricordarci che «c’è sempre più di una via verso la verità».«Quante strade deve percorrere un uomo / Prima che lo si possa chiamare uomo?». Così cantava Bob Dylan in Blowin’ in the Wind, quando era un grande cantastorie cioè prima di trasformarsi in una Spa. “E quante volte si può o si deve rinascere per arrivare alla verità?” si chiede nel 1967 l’allor giovane Ursula K. (sta per Kroeber) Le Guin in «Città delle illusioni», il suo romanzo più importante prima… dell’esplosione cioè di scrivere «La mano sinistra delle tenebre» (1969) e «I reietti dell’altro pianeta» (1974) che le assicurerranno un posto nella storia della fantascienza nonchè una nicchia nel doppio cuoricino di Erremme Dibbì (ovvero Daniele Barbieri e Riccardo Mancini quando, negli anni ’80, scrivevano, su «il manifesto») accanto a Philip Dick e Theodore Sturgeon.

E’ dunque con gran felicità che consiglio la rilettura di «Città delle illusioni» che ritorna in libreria dal 28 giugno per le edizioni Gargoyle (pagg. 216, euri 12.90) in una nuova traduzione.

Falk è ferito, senza memoria, piovuto da chissà dove. Non sembra «umano». Ha «la forza di un uomo, la coordinazione di un bambino, una mente vuota». Ma la gente della foresta (Le Guin scriverà, nel 1976, il meraviglioso «Il mondo dell foresta») lo accoglie, lo cura. Quelle poche persone quasi senza tecnologia (ma con un «telaio crea-forme» e qualche traccia di telepatia) raccontano a Falk di un glorioso passato («le stelle conquistate e poi perdute»), di un confuso presente dove è meeglio nascondersi dagli Shing, bugiardi e nemici

Dopo 5 anni Falk decide di lasciare la gente della foresta (governata dalla paura), Deve ritrovare il se stesso perduto e confusamente avverte di avere una missione da portare a termine. Parte da solo verso l’ignoto, ricordando da un antico libro («stampato non elettronico») una frase: «la via che può essere percorsa non è l’eterna Via»; alla quale però dovrà poi aggiungere: «Il nome che può essere nominato non è l’eterno Nome».  Iniziano gli incontri nella foresta ma all’inizio Falk ben poco apprende se non… il suo terrore – «una specie di delizia angosciosa» – per ogni tipo di musica. Diverrà temporaneamente cieco e cambierà nome, ospite di una società «sulle difensive» dunque «conformista»: «azioni rigidamente regolate da riti, tradizioni, tabù». Qui incontra Estrel, una schiava che un tempo faceva parte dei Vagabondi. Decidono di fuggire insieme. Lei lo può portare – se sopravvivono – a Es Toch, la grande città dei Shing. Ma il viaggio è ancora lungo: incontrano gli Apicoltori, il primcipe che comanda sull’enclave del Kansas e finalmente  la meta. Campeggia un’iscrizione: «Rispetto per la vita». Un grande precetto o la peggiore delle bugie? Dopo un colpo di scena da antologia, Falk incontra i Signori.

«Io sono uno Shing. Tutti gli Shing sono bugiardi. E dunque sono uno Shing che ti mente, nel qual caso naturalmente non sono uno Sing ma un non-Shing che ti mente lo stesso? Oppure è una menzogna che tutti gli Shing mentano? Sono realmente uno Shing e realmente mento»… Ci si può fidare di chi si presenta così? E sarà vero che il suo nome precedente è Agad Ramarren ? O che la sua mente è stata «cancellata» ma forse esiste un modo per ritrovare quell’identità annullata? Per tornare a essere Agad la condizione è annullare Falk, cioè dimenticare tutta la sua seconda vita. E’ un prezzo accettabile? Ma soprattutto e di nuovo: ci si può fidare degli Shing? Esiste il nemico o è una invenzione? Le droghe possono aiutare l’empatia? Le illusioni sono sempre menzogne? Senza speranza però si muore e alla fine Falk cercherà di tornare Agad.

Altro non si può rivelare.

Un romanzo da scoprire (o da rileggere), un telaio “crea-storie”.

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Un commento

  • Hey, anche nel mio cuoricino!!!!
    da rileggere, dopo tanto tanto tempo.
    grazie Dani. Io ce l’ho in una vecchia edizione Longanesi che forse comprammo insieme.

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