Su «La giustizia di Iside»

Nel mondo cosiddetto reale la polizia egiziana sottopone le dimostranti fermate a un test di verginità (cfr Cos’hai visto, là dentro? qui in data 5 aprile 2012). Nell’altro Egitto di Clelia Farris ci sono i Sette, una super-squadra poliziesca, che – in certe condizioni – possono scambiare l’anima di chi è stato ucciso con quella della vittima.

Gran romanzo questo «La giustizia di Iside» che è uscito nella collana Avatar – della genovese Kipple Officina Libraria – prima in e-book e ora in cartaceo (240 pagine per 15 euri).

Al centro della trama sono i Sette. La squadra non può funzionare (o meglio: non può tentare di richiamare in vita i morti) se è incompleta. Così quando Menes è ucciso, al suo posto viene chiamata Naima che in quel momento è a caccia di un assassina/o – o di una maga? – che dissangua le vittime ma alla cui esistenza poche/i credono. Naima è una poliziotta metodica quanto sentimentalmente inquieta: la promozione non le piace soprattutto quando passa l’esperienza traumatica del Serdab, la stanza segreta dove i Sette evocano Iside per lo scambio delle anime. Alla fine Naima risolverà, quasi da sola, il mistero ma il futuro dei Sette forse non dipende solo dagli esiti di una congiura politica (il vecchio regime che rialza la testa? I Greci?) ma dalle loro deficienze umane prima che investigative, dai limiti dell’obbedienza alla realtà. O per citare Eraclito: «La guerra è comune, la giustizia è contesa e tutto accade secondo contesa e necessità».

L’altro Egitto della Farris è un perturbante misto di moderno, antico e X. C’è il culto dei morti ma anche la lotta all’inquinamento industriale. Si comunica con l’ostrakon, una conchiglia il cui mollusco è stato modificato geneticamente. Le droghe sono all’incirca tollerate ma c’è grande allarme per il mazut, una sostanza psicotropa ottenuta dalla cottura degli animali di quel Mare-di-sotto dove abitano creature che possono finire nelle leggende metropolitane ma anche nei laboratori dove il dottor Wandjiuk mostra a Naima il pharmakos, una sorta di murena succhia-sangue.

Intorno ai delitti misteriosi l’autrice tira molti fili e storie parallele. Uno stupro recitato. Un personaggio (Sirah) che parla un linguaggio tutto suo, stile «drughi» nel film «L’Arancia meccanica». L’indefinita/o Yael che compare all’inizio di alcuni capitoli ma la cui identità sarà svelata solo nel tourbillon finale. Bio-barche. Mutazioni. Resuscitati che non gradiscono di tornare fra i vivi anche perché a volte «è miserevole la qualità di vita di un ritornato» e intorno si sente dire «bisognerebbe essere morti del tutto quando si è morti a metà». Un archivio costruito sui gomitoli di filo di lino tessuti dalle aracne. E molte, spiazzanti congruenze/incongruenze storiche: come il Teatro Bergman di Nuova Stoccolma dove si mette in scena una «Medea» modernizzata con l’attore che estrae una pistola «da sotto il peplo» e spara al pubblico («non si è mai capito se fossero feriti reali o attori seduti in platea»).

Di investigatori dell’incubo (copyright Tiziano Sclavi?) sono piene fantascienza e fantasy, magari passando per Eco e Yourcenar, ma la cagliaritana Farris sembra destinata a inventare un nuovo sottogenere egitto-centrico, lasciando il segno per qualità di trame, personaggi e scrittura.

Se vi verrà la voglia di recuperare i suoi libri precedenti – «Nessun uomo è mio fratello» e l’alter-egiziano «La pesatura dell’anima» – trovate in blog (rispettivamente 19 febbraio 2010 e 5 aprile 2011) le mie recensioni piene di ammirato stupooooooore.


Redazione
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3 commenti

  • Clelia Farris

    Grazie per questa bella recensione, Daniele.
    Ci tengo a precisare che La giustizia di Iside non è un seguito della Pesatura dell’anima, ma una sua variazione. Sono in un certo senso ripartita da zero, utilizzando la stessa ambientazione e gli stessi personaggi per scrivere una vicenda totalmente diversa, come se i fatti accaduti nel primo romanzo non si fossero mai verificati. Lo dico perché qualche lettore si è lamentato di non trovare concordanze con la Pesatura. Trattandosi di un universo parallelo, non possono essercene. Due rette parallele non si incontrano, anche nelle Due Terre la geometria è sempre valida.
    Samtà.

    Clelia

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