Su «Razzisti a parole…» di Faloppa

Il fantasma del «norappero» s’aggira in Italia. Con questo neo-logismo, coniato dal giornalista Giovanni Maria Bellu, il linguista Federico Faloppa definisce l’ampio fronte del «non sono razzista però» e apre il suo ultimo libro: «Razzisti a parole (per tacer dei fatti» – 148 pagine per 9 euri – pubblicato da Laterza in una bella collana che, come suggerisce il titolo (“Il nocciolo”) vuol mirare al sodo.

Il «norappero» è trasversale alla politica come certa ipocrisia nel non vedere chi soffia sul razzismo. Lo mostra bene Faloppa quando conclude un breve capitolo sulle peggiori citazioni dei leader leghisti con una frase di Pierluigi Bersani – «So che la Lega non è razzista» – intervistato dal quotidiano «La Padania».

Può darsi che il «norappero» da bar non debba giustificare le sue sparate anche quando è al livello degli ultras in certi stadi. Si chiede invece rigore a giornalisti, amministratori e politici, tenuti a documentare quanto sostengono o a motivare le loro proposte. Per questo è importante che Faloppa smonti con puntiglio alcune campagne stampa oppure dedichi 12 pagine al concetto di «discriminazione transitoria positiva» contenuto in una mozione approvata in Parlamento il 14 ottobre 2008. «Non si è tradotta – per fortuna – in provvedimenti concreti. Non ancora» commenta ma esiste, nero su bianco. Un precedente che accompagna gli insulti ma anche certo mobbing istituzionale, persino certe ambigue sentenze nei tribunali.

L’imbarbarimento verbale di questi anni viene raccontato con efficacia ma senza retorica. Però quella frase ironica messa fra parentesi nel titolo (per tacer dei fatti) annuncia che l’autore ritiene doveroso schierarsi. I suoi riferimenti alla Costituzione o alla legge Mancino ci dicono come la pensa. E a proposito di molti recenti provvedimenti italiani in materia di migranti (o di rom) commenta che «a essere illegali siamo noi», intendendo i nostri governanti. Domanda come sia possibile definire «nomadi» coloro che vivono in Italia da 30 anni. Analizza la categoria dell’emergenza e ne mostra gli inganni.

Faloppa privilegia gli strumenti del linguista, dello studioso. Solo nell’ultimo capitolo (“Vox populi”) mette da parte l’analisi del razzismo celato nelle parole per rispondere alle 9 principali obiezioni politico-economiche contro l’immigrazione. «Il problema vero non è il crimine, è la paura»: questa frase, ripresa da «Famiglia cristiana», potrebbe essere la frase conclusiva del libro o l’apertura di un seguito.

BREVE NOTA

Questa mia breve recensione è uscita il 10 marzo nel supplemento libri del quotidiano «L’unione sarda». L’analisi di Faloppa è importante e merita di essere ripresa (lo farò presto in blog) mettendola in relazione con altri libri, a esempio «Brutti, sporchi e cattivi: l’inganno medatico sull’immigrazione» (Ediesse) di Giulio Di Luzio e «Cronache di ordinario razzismo: secondo libro bianco sul razzismo in Italia» (edizioni dell’asino) a cura di Lunaria. (db)

 

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