Su richiesta della diocesi

Fra Imola e l’Emilia-Romagna: leggi ad hoc per la curia, Misericordia privata stipendiata dal servizio pubblico e qualche deroga alla legge regionale…

di Roberto Vuilleumier   (*)  

L’assistenza confessionale non è un diritto di tutti: perciò tale diritto a mio parere non deve essere a carico di tutti i contribuenti ma solo di coloro che la richiedono.

Non molti sanno invece che gli Assistenti Religiosi Cattolici – a differenza di quelli delle altre confessioni di minoranza e degli Assistenti Morali Non Confessionali che sono veri e propri volontari – vengono pagati dalle Ausl per via di un “servizio erogato” e regolato da una specifica convenzione.

Già il fatto che «servizi religiosi (cattolici)» non siano svolti da volontari e non siano a carico della diocesi ma delle Ausl quindi dei contribuenti, è di per sè scandaloso, quando poi si scoprono i costi di questi “servizi” e magari alcune eventuali incongruenze si sconfina nel vergognoso.

Così alla fine è stato fatto in Emilia-Romagna, dove la Regione ha visto bene di fare una legge ad hoc per la Curia.
La legge nazionale di riferimento è del 1978 e attribuisce competenza alle Regioni ma non quantifica emolumenti, non parla di rapporto fra posti letto e assistenti, non fa menzione di alloggio gratis, spese pagate, tariffe agevolate, ingresso libero in tutti i luoghi di degenza, non parla della presenza obbligatoria di luoghi di culto e di tante altre cose…

Vuoi però perdere l’occasione di ingraziarti la curia utilizzando i soldi di tutti contribuenti? Sia mai… E quindi festa grande, tanto ce n’è per tutti, soprattutto in tempi di crisi quando, pur a fronte di una riduzione dei posti letto negli ospedali, gli assistenti religiosi paiono essere sempre gli stessi e forse qualcuno di più.

Raccontare di tutta la regione richiede uno sforzo gastrico forte per cui mi limiterò ad inquadrare la situazione «vista Imola».

La legge regionale che disciplina l’assistenza religiosa in Emilia Romagna è la 12 del 10 aprile 1989: prevede fra le altre cose (allegato A, articolo 4 comma 1) che sia nominabile un Assistente religioso (cattolico) ogni 200 posti letto, 2 quando i posti letto siano compresi fra 200 e 500, 3 fra 500 e 850.

Il numero dei posti letto disponibili nell’Azienda Ospedaliera Imolese (Imola e Castel San Pietro) sono 404 a cui vanno sommati i 158 disponibili presso il centro di riabilitazione di Montecatone, per un totale di 562 posti letto, appena 62 in più rispetto alla soglia dei 500.
Secondo l’articolo 7 comma 1 (allegato A) a ogni assistente religioso deve essere riconosciuto un “trattamento economico del settimo livello (ora categoria “D”).

Proprio a causa di quella legge l’Ausl di Imola ha stipulato su richiesta delle diocesi di Imola e di Bologna (per l’ospedale di Castel San Pietro) due convenzioni per gestire il servizio di Assistenza Religiosa a partire dal 1990 e valide dal 1 gennaio 2010 al 31 dicembre 2014.
L’onere a carico dell’Ausl per il
«servizio a pagamento» è di 70.000 € (35.000 euro ad assistente per due Assistenti Religiosi Cattolici) per l’Ospedale di Imola (compreso il Centro di Riabilitazione di Montecatone che contribuisce per il 25% della somma totale: 17500 €) e di 35.000 € per un assistente religioso presso l’Ospedale di Castel San Pietro Terme, per un totale di 105.000.

Ma un infermiere li prende 35.000 euro l’anno?
Per dare un’idea dei numeri “made in Imola” per 5 assistenti religiosi l’Ospedale sant’Orsola di Bologna (1090 posti letto) spende all’anno circa 127.000 €, il Maggiore ne spende 268.000 circa, per nove assistenti religiosi (27.000 € cadauno).

Lo so cosa pensa chi sta leggendo: «ma come è possibile?». Eh beh, è evidente a Imola costa di più perché, come dice la convenzione, «il servizio assistenza religiosa ha un costo a forfait». Suvvia: è troppo complicato gestire i turni, alzarsi dal letto dell’ospedale e fare due piani in ascensore, poi da Imola Ospedale Nuovo fino a Montecatone è un viaggione… Servono più persone. Anche se a dir il vero la convenzione ne indica 3 ed il tempo minimo richiesto è di 4 ore al giorno. Non male un part time da 35.000 euro l’anno, vero?

Penserà qualcuno: però sono soldi spesi bene (!?) e poi faranno così anche le altre religioni.

No. La risposta è no a tutti e due i pensieri: i culti “minori” o gli assistenti morali non confessionali non richiedono nulla per l’assistenza religiosa ma se lo volessero fare dovrebbero certamente rinunciare ai benefici riconosciuti al culto cattolico.

Perché? Specifica l’articolo 4: «i singoli culti hanno diritto a un posto a tempo pieno di assistente religioso, per ogni gruppo di 175.000 aderenti, pari al numero necessario per raggiungere lo standard di 160 ricoveri per mille persone, con un tasso di occupazione pari al 70% di una struttura dotata di 200 posti letto. Le frazioni vengono quantificate in proporzione e precisate nelle convenzioni con le singole Unità sanitarie locali».

Poi a Imola è tutto un po’ diverso. In deroga alla legge regionale l’Ausl, (articolo 10 della convenzione) non richiede spese di locazione – nel caso sia necessario un alloggio interno all’ospedale – e si fa carico di tutte le spese pulizia, illuminazione, riscaldamento, manutenzione ordinaria e straordinaria su tutti i locali e le attrezzature in uso agli assistenti religiosi.

Secondo il bilancio 2012 il costo a carico delle Ausl per il «servizio di Assistenza Religiosa» è stato di 110.355,00 € per 3 assistenti religiosi. Se proporzionato a città con molti più posti letto, viene da pensare che il servizio a Imola sia molto più faticoso.

Malignità della Uaar per attaccare i preti? Cifre simboliche (mica tanto) che vanno poi (?) ai poveri? Facciamo così: anziché versare i soldi alle diocesi, facilitiamo loro il compito, recapitiamoli direttamente noi contribuenti ai poveri. Secondo voi il servizio cattolico di assistenza religiosa negli ospedali rimarrà ancora in piedi? Per me, di nuovo, è un no.

(*) Roberto Vuilleumier è delegato Uaar di Imola e Castel san Pietro Terme

 

 

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