Suicidi a Bologna

  Il caso Giovannini non è isolato; un commento di Vito Totire (*)

LA NOTIZIA

Due giorni fa la Sezione disciplinare del Csm, il Consiglio superiore della magistratura, ha condannato alla «censura» il procuratore bolognese Valter Giovannini, in relazione alla vicenda di Vera Guidetti, la farmacista che uccise sua madre e poi si suicidò qualche giorno dopo essere stata ascoltata dal pm come testimone in un’indagine per un furto di gioielli. In un biglietto trovato accanto al corpo, Vera Guidetti aveva scritto che Giovannini l’aveva trattata come una criminale. Nel merito il Csm ha condannato Giovannini per aver continuato ad ascoltare la donna come testimone, nonostante fossero emersi indizi a suo carico e questo avrebbe richiesto la presenza di un difensore. Il pm è stato invece assolto dall’accusa di scorrettezza per essersi recato nella casa di Vera Guidetti dopo aver saputo della sua morte.

IL COMMENTO DI VITO TOTIRE (*)

Non è nostra abitudine “marameldeggiare” e quindi queste riflessioni non sono contro il procuratore Giovannini.

Non siamo fini giuristi ma ci pare che la sanzione comminata sia troppo lieve se, secondo le parole pronunciate dalla accusa, «non siamo più solo di fronte all’interrogatorio ma ad un atto invasivo e lesivo della dignità umana» nei confronti di una «persona povera e sconvolta a cui vengono rivolte alcune domande che palesano un metodo di pressione… degno più di uno Stato di polizia che di uno Stato di diritto». Una sanzione troppo lieve anche perché non si è entrato compiutamente nel merito del nesso fra l’accaduto e il suicidio che per l’esattezza è stato un matricidio-suicidio: un “suicidio altruista” direbbero certi trattati pre-basagliani.

Ma come abbiamo detto il problema è non personalizzare sulla figura di Giovannini. Piuttosto questa vicenda pone interrogativi più generali, a ben vedere, non elusi dalla accusa quando parla per esempio di «cordone ombelicale tra la polizia giudiziaria ed il pm».

Allora le questioni che vogliamo porre – per fare di questo tragico evento una occasione di riflessione – sono tutte protese a definire un programma di prevenzione del suicidio.

  1. se e quando i magistrati non fossero nelle condizioni di valutare il rischio devono essere affiancati da consulenti psicologi o esperti di prevenzione;
  2. un programma di prevenzione deve essere esteso a tutto l’ambito giudiziario con particolare riferimento al carcere e alle situazioni di restrizione della libertà personale;
  3. contestiamo il silenzio istituzionale quasi assoluto che ha accompagnato gli eventi analoghi accaduti nel carcere della Dozza; un suicidio nel 2016; già un tentato suicidio e un suicidio riuscito nel 2017; uasi contemporaneamente a questo se ne è verificato un altro nel carcere di Rebibbia ma risulta che su quello romano sia stata avviata una inchiesta da parte del ministro Orlando; e su quello di Bologna? Pressoché totale silenzio. Peraltro l’Italia è stata contestata recentissimamente dall’Ue sul rapporto tossicodipendenza/carcere (l’osservazione pare pertinente all’ultimo suicidio, verificatosi lo scorso febbraio);
  4. abbiamo sempre detto che la questione suicidi si aprì malamente già nei primi tempi di apertura del carcere bolognese con un suicidio pesantemente preannunciato, poi effettivamente consumato, del quale nessuno fu chiamato a rispondere in termini di responsabilità;
  5. in sostanza sulla questione delle valutazioni incongrue sul rischio suicidio, sulla gestione del rischio e sulle responsabilità nella mancata prevenzione (la prevenzione è difficile ma possibile) la procura di Bologna ha una storia molto ma molto lacunosa;
  6. si fa fatica a dialogare; anche quando il suicidio matura in un contesto occupazionale; né ci è sfuggito che il consulente (non richiesto!) del pm Giovannini sia lo stesso consultato da un altro pm per chiedere l’archiviazione in un altro procedimento relativo al suicidio di un lavoratore; che la Procura si sia affidata a una “scuola di pensiero” unica e magari, non condivisa da tutta la comunità scientifica?

Dopo questi interrogativi concludiamo dicendo: la vicenda Giovannini-Guidetti ha mostrato una contraddizione che, se affrontata e superata, va oltre l’evento specifico.

Rispettiamo ovviamente l’autonomia della magistratura ma il dialogo, il confronto, eventualmente lo scontro (civile e costruttivo) sono utili e necessari per la comunità.

Bologna, 17.3.2017

(*) Vito Totire è psichiatra, portavoce del circolo Chico Mendes e del centro per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria Francesco Lorusso. Cfr in “bottega” questi suoi post: Ennesimo suicidio nel carcere di Bologna («Bisogna fare di più per la prevenzione: 10 domande e una proposta») del 27 febbraio; Bologna: un altro tentato suicidio alla Dozza del 15 gennaio; Bologna: sul tentato suicidio di un agente penitenziario del 5 dicembre 2016.

NELLA FOTO il procuratore Valter Giovannini.

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