Sul disegno di legge della cattiva scuola

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Il disegno di legge sulla scuola presentato nel Consiglio dei Ministri (d’ora in poi CdM) del 12 marzo 2015 è prima di tutto una redistribuzione di potere.*

Ho letto il ddl ed ecco alcune cose che ho capito.

 

I dirigenti scolastici (d’ora in poi Ds) vengono investiti di tali poteri che tutte le scuole saranno guidate da piccoli autocrati, che formalmente, per qualcosa, dovranno avere il conforto di organismi composti da sudditi (art. 2, c.1).

È curioso (e ingannevole) che il ddl alterni la figura del Ds a quella dell’istituzione scolastica, per non essere ripetitivo, ma in realtà è sempre del Ds che si parla.

All’art.2, c.3 si dice che “Le istituzioni scolastiche individuano il fabbisogno di posti dell’organico dell’autonomia”, chiunque capisce che è il Ds che farà questo, non certo il Collegio dei docenti.

Nello stesso articolo e stesso comma si dice che tale fabbisogno servirà per raggiungere 15 obiettivi, tra cui (alla lettera k) la riduzione del numero di alunni e studenti per classe (in ossequio allo slogan: ”No alle classi pollaio”). Al comma 4 si dice che “le istituzioni scolastiche predispongono, entro il mese di ottobre dell’anno scolastico precedente al triennio di riferimento, il Piano triennale dell’offerta formativa”, cioè lo farà il Ds. Tutti quei 15 punti (o quasi) richiedono risorse aggiuntive in termini di personale. Al comma 5 arriva la doccia gelata: “L’ufficio scolastico regionale valuta la proposta di piano presentata dai dirigenti scolastici in termini di compatibilità economico-finanziaria”, che tradotto vuol dire che se non ci sono soldi ti tieni le classi pollaio, o meglio certe scuole avranno classi “umane” e altre scuole avranno classi “pollaio”. Non ci sarà una regola che dirà ogni classe avrà al massimo tot alunni, o che per ogni studente Bes o con il diritto al sostegno il tetto sarà X. Il c.5 dice”vedremo”, e questo lascia tutti molto tranquilli.

Al c.9 non si finge, si dice che”il Piano triennale è elaborato dal Ds, sentito il collegio dei docenti e il consiglio d’istituto, nonché i principali attori economici, sociali e culturali del territorio”, ecco che è chiaro che nel ddl l’istituzione scolastica e il Ds sono la stessa cosa, e l’alternanza dei due termini è una questione di stile, altrimenti si accorgono tutti che il Ds lo si cita troppo, nella redistribuzione del potere.

Al c.11 (sempre dell’art.2) ecco l’incoronazione dell’autocrate: “I dirigenti scolastici, una volta definito il Piano triennale dell’offerta formativa, scelgono il personale da assegnare ai posti dell’organico dell’autonomia”

All’art.4, c.8, riappare l’uomo solo al comando, per i percorsi di alternanza scuola-lavoro (introdotti al c.1 dello stesso articolo): “Il Dirigente scolastico individua le imprese e gli enti pubblici e privati disponibili alla attivazione dei percorsi di cui ai commi precedenti e stipula apposite convenzioni anche finalizzate a favorire l’orientamento scolastico e universitario dello studente”, in pratica una forma di somministrazione di lavoro.

 

Non poteva poi mancare, all’art.5, c.5, lettera a), l’ingresso del Made in Italy: “orientamento della didattica e della formazione ai settori strategici del Made in Italy, in base alla vocazione produttiva di ciascun territorio” (ma sanno che il 67% del Made in Italy viene prodotto all’estero?, lo dice Mediobanca, qui, naturalmente le leggi lo consentono, chissà se quelli del ddl sulla scuola conoscono il legislatore)

 

Alla lettera c) appare l’apertura della scuola al territorio, di sera, evidentemente: “apertura della scuola al territorio e possibilità di utilizzo degli spazi anche al di fuori dell’orario scolastico”. sanno che qualcuno deve anche chiuderla, la scuola?

Ma il ddl non parla molto del personale non docente, anzi no, nella bozza che circolava in rete dopo le videate al CdM del 3 marzo (all’art 7, c. 2) viene scritto che in tutte le scuole “è individuato un assistente tecnico con funzioni di supporto allo innovazioni tecnologiche.” Lo stesso comma è cancellato, si veda qui, non è satira.

L’articolo 7 è un capolavoro, il titolo è: Competenze del dirigente scolastico.

Al comma 1 si dice: “Nell’ambito dell’autonomia della Istituzione scolastica, il dirigente scolastico ne assicura il buon andamento. A tale scopo, svolge compiti di gestione direzionale, organizzativa e di coordinamento ed è responsabile delle scelte didattiche, formative e della valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti”. Solo il Creatore aveva un compito più grande, qui ci siamo vicino.

Al comma 2 si dice: “Il dirigente scolastico propone gli incarichi di docenza per la copertura dei posti assegnati all’Istituzione scolastica cui è preposto sulla base del Piano triennale di cui all’articolo 2, ai docenti iscritti negli albi territoriali di cui al comma 4, nonché al personale docente di ruolo già in servizio presso altra Istituzione scolastica.”

In termini marxiani è la creazione di un esercito di riserva, a cui attingere se e come serve.

Loro vogliono far pensare che questo sia il Mercato, in realtà sarà un mercato.

Si dichiara che ogni riferimento a fatti avvenuti o che potrebbero avvenire è puramente casuale, la satira esige degli esempi un po’ estremi, si sa. “Viene nella mia scuola? Quanto mi dà? Ma lei è il figlio di…? meglio figlio che nipote, se no diciamo che qui si fa nepotismo! Ma a lei (signora o signorina?) piacerebbe venire nella mia scuola? Ma la mia disciplina non c’è nella vostra scuola! Sapesse cosa non votano nel collegio dei docenti, se glielo chiedo io, e cosa sarà una disciplina in più, è l’autonomia, bellezza! Io vorrei venire nella sua scuola Signor Dirigente, ho un curriculum speciale, ha visto le referenze? Mi hanno detto però che negli ultimi due anni ha scioperato quattro volte! Ma è un diritto costituzionalmente garantito! Vabbè, ma è un articolo obsoleto, lo cambieranno fra pochi mesi, non lo sa?”

Potete aggiungere esempi a piacere, sempre pensando che ogni riferimento a fatti avvenuti o che potrebbero avvenire è puramente casuale, anche se a voi sono successi davvero.

 

Al comma 3, lettera c) si dice: “utilizzo del personale docente di ruolo in classi di concorso diverse da quelle per la quale possiede l’abilitazione, purché possegga titolo di studio valido all’insegnamento”. All’articolo 2, c. 14 e 15, si prevede che gli insegnanti di inglese, musica ed educazione debbano essere abilitati, nelle rispettive discipline, per tutte le altre discipline non è necessaria l’abilitazione, basterà un esame di qualcosa anche 30 anni prima, all’università.

È veramente strana questa differenza di trattamento sulle abilitazioni, ma chi ha scritto il ddl non deve avere dei princìpi saldi.

Che questo svilimento di competenze e professionalità degli insegnanti sia iniziato da qualche anno lo dimostra un recente esempio (leggine qui, dove si può leggere “…Il Miur sostiene che l’applicazione della Nota 1666/14 ha consentito una riduzione degli insegnanti soprannumerari della 19/A. È un ragionamento paradossale e disonesto, se si riducono i sovrannumerari della classe di concorso 019, nella stessa misura si fanno crescere quelli della classe di concorso 017…”).

il MIUR, con delle note ministeriali, ripetute nel tempo, (cambia solo il numero di protocollo, che fantasia!), cambia le norme di legge esistenti, nonostante recenti pronunciamenti del TAR.

In una di queste note ministeriali, citata prima, la 1666/14, si scrive, senza pudore, “…a seguito delle richieste pervenute per un riesame delle classi (di concorso) attribuite…” ( leggi qui). Chi fa le richieste? Ma questo è un modo di operare trasparente?

Sarà una coincidenza, ma il 5 marzo Maria Chiara Carrozza (ex ministro del MIUR) parlava di lobby (leggi qui), anche al MIUR esistono, evidentemente.

 

Segnalo all’art.8, c.5, questa frase ” in caso di indisponibilità di posti per gli albi territoriali indicati, non si procede all’assunzione”, che qualcosa vorrà dire, ma si capirà nel tempo.

 

All’art.10, c.1, appare un altro capolavoro, la mancetta di 500 euro per autoaggiornamento: “Al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le relative competenze professionali, è istituita la Carta per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. La Carta consiste in un voucher dell’importo di 500,00 euro che può essere utilizzato per l’acquisto di libri e testi di natura didattico-scientifica, pubblicazioni e riviste riferite alle materie di insegnamento e comunque utili all’aggiornamento professionale, acquisto di hardware e software, iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e qualificazione delle competenze professionali, rappresentazioni teatrali e cinematografiche, ingresso a musei, mostre ed eventi culturali in genere, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del Piano dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione di cui al comma 3.”

I 500 euro sembrano essere una tantum, 50 euro all’anno se si utilizzano in 10 anni, 25 euro all’anno se si utilizzano in 20 anni.

Immaginate la burocrazia che andrà a generare, ci sarà un ufficio al quale portare la documentazione di spesa? Ogni mese oppure ogni anno, anno solare o anno scolastico, e ci sarà un ufficio che dovrà decidere quali spese possono essere riferite alle materie di insegnamento e comunque utili all’aggiornamento professionale”? Se un insegnante di letteratura visiterà un museo della scienza e della  tecnica o un insegnante di matematica visita un museo archeologico cosa  succederà? Esisteranno delle tabelle di riferimento per decidere?

 

Al c.3 si dice  che “La formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale”, e al c.4 che per questo “è autorizzata la spesa di euro 40 milioni annui a decorrere dall’anno 2016”.

I conti sono presto fatti; 40 milioni diviso 800000 docenti (circa) fa 50 euro a docente. Con corsi da 15 docenti ciascuno questi 15 docenti stanno esaurendo la loro quota di aggiornamento e il corso costerà 750 euro. Se metà della spese andranno per l’organizzazione e un’ora di docenza verrà pagata 75 euro, un docente avrà il diritto/dovere a un corso di 5 ore di lezione, la metà o meno di quelle degli studenti per i quali viene attivato un corso di recupero, per lorocon un massimo di 10-12 alunni per classe.

 

All’art.15 si dice che: “…i contribuenti che intendono destinare la quota del cinque per mille delle imposte alle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione, indicano l’istituzione scolastica del sistema nazionale di istruzione alla quale devolvere la somma”

Si capisce bene il carattere regressivo e l’iniquità di questa norma, una deriva “federalista”, nella peggiore delle accezioni. Lo Stato dà alle scuole il minimo, a volte neanche quello, poi ci pensa il mercato (le imprese e le famiglie degli studenti, una specie di contributo volontario). Arriveranno più soldi aggiuntivi al liceo classico del centro, o all’istituto professionale dell’hinterland? A prima vista sembra una gara truccata, ma è il mercato, ci dicono.

 

All’art.21 si delega il Governo a ridisegnare il “Sistema Nazionale di Istruzione e Formazione”, vale a dire a cambiare la scuola come vuole, con dei princìpi e dei criteri direttivi che consentano, tra l’altro (cito solo alcuni punti, per il resto rimando al ddl):

-incoronazione del Ds autocrate (art.21, c 2, lettera b, punto 2);

-tutti potranno insegnare quasi tutto: “riordino delle classi disciplinari di concorso, con attribuzione degli insegnamenti nell’ambito della classe disciplinare di afferenza, secondo principi di semplificazione e di flessibilità, fermo restando l’accertamento della competenza nella disciplina insegnata” (art.21, c 2, lettera c, punto 4), è veramente folle l’ultima riga, “fermo restando l’accertamento della competenza nella disciplina insegnata” veniva accertata da un concorso, e relativa abilitazione, adesso deciderà il Ds, o il suo staff, chissà;

-creazione del ruolo unico dei docenti, criteri di flessibilità all’interno delle classi di concorso, principi e criteri generali della mobilità territoriale e professionale (art.21, c 2, lettera d, punto 1,2,3);

-nascono i consigli di amministrazione o le fondazioni, dove i docenti conteranno sempre meno. il collegio dei docenti va al suo posto (in un angolo).

 

Termino qui.

Provate a leggere questo disegno di legge, se ne avete il coraggio, ma bisogna trovarlo, il coraggio.

 

C’è poi il non scritto, che è importante quanto quello che è presente nel ddl.

 

Il non scritto è quello che avevano detto e scritto prima del ddl, Renzi, il ministro, e i cortigiani, per pudore qui non c’è, ma rientrerà attraverso i decreti legislativi di cui parla l’art.21 (per esempio, come sbattere fuori i docenti che non vanno bene, come famiglie e studenti giudicheranno i docenti, quali saranno i criteri per accedere al merito, promuovere tutti, non contrariare il Ds, fare la spia, lavare la macchina al Ds, non ammalarsi, numero di ore di corsi di aggiornamento, ma solo quelli utili per l’istituzione scolastica, chissà cos’altro, chi vivrà vedrà)

 

Ma il non scritto è anche che non si parla di contratto (non rinnovato da quasi 10 anni), e scatti di anzianità, il Governo non potrebbe intervenire neanche se volesse, ci diranno, c’è l’ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche amministrazioni) che fa i contratti, mica si può intervenire sull’autonomia dell’ARAN.

Comunque il contratto, per la parte normativa, ci sarà, per travasare quei decreti che appariranno “entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge” (art.21, c.1), e i sindacati firmatari li firmeranno, anche se non vogliono (mi sembra già di sentirli, ma è legge, come si fa, e poi “tengo” i distacchi, e se ce li tagliano?)

 

Buona fortuna a tutti.

 

*evito di analizzare la parte sulle “assunzioni” dei precari, non dovevano stare in questo ddl, ma ancora non sanno bene cosa fare, sui precari cambieranno ancora qualcosa, e la loro immissione in ruolo sarà l’arma di ricatto per far approvare tutto il resto.

Intanto ecco un esempio su come saranno giudicati gli insegnanti, mutandis mutandis:

https://www.youtube.com/watch?v=f84rDZdmMbw

 

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

Un commento

  • Sì, me lo immaginavo, d’altronde la scuola, che ultimamente però ha dormito!, è sempre stata una specie di roccaforte del pensiero critico e non unico. In questo caso è la società che sta trascinando la scuola, e non viceversa come accaduto in passato, un passato un po’ troppo lontano però, una scuola che sta diventando, malgrado molti, ma non so se ancora la maggioranza, a tutti gli effetti la palestra per i nuovi sudditi, un’istituzione senz’anima, una sorta di diplomificio in stile stalinliberista, dove il liberismo è quello imposto dal TTIP e i metodi rasentano lo stampo sovietico in versione soft.

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