Sulla lettera di Hebe Bonafini a papa Francesco

Un commento di Francesco Cecchini (*)

Jorge Rafael Videla, l’ex dittatore morto il 17 maggio 2013 in prigione ammise nel luglio dell’anno scorso alcune responsabilità, fra cui l’eliminazione di circa 7000 o 8000 di persone, sebbene la Comisión Nacional sobre laDesaparición de Personas (Conadep) avesse documentato quasi 9000 casi e le organizzazioni umanitarie contassero 30.000 desaparecidos. Videla parlò anche della collaborazione aperta con la Chiesa cattolica nella guerra sporca del suo regime contro l’opposizione politica e sociale. Informò che il nunzio apostolico Pio Laghi, ambasciatore del Vaticano in Argentina dal 1974 al 1980, e i vescovi «ci consigliarono» su come gestire la faccenda dei desaparecidos.

Videla raccontò che il 10 aprile 1978, i vescovi della conferenza episcopale argentina Raúl Primatesta, Juan Carlos Aramburu e Vicente Zarpe parteciparono a una riunione con Videla alla Casa Rosada. Dopo fu redatta una nota con la quale si informava papa Juan Pablo che coloro che erano spariti non erano imprigionati in qualche luogo segreto ma morti. In questo testo – il cui redattore principale fu Primatesta – si mise in chiaro che «la Chiesa vuole comprendere e cooperare , che è cosciente dello stato caotico nel quale si trovava il Paese». Videla inoltre affermò che la sua «relazione conla Chiesa Cattolica fu eccellente, molto cordiale, sincera ed aperta» e con Primatesta «arrivammo ad essere amici».

Quello di cui mai Videla parlò fu il furto di neonati a mamme prima sequestrate e poi uccise. Si stima che i bambini rubati fossero almeno 500. Il furto avvenne secondo un piano sistematico appoggiato dalla Chiesa cattolica argentina. Strumento di questo piano fu il Movimiento Familiar Cristiano(Mfc) che collaborò attivamente nell’appropriazione di figli di desaparecidos. Il suo operato non era autonomo, era una organizzazione accreditata e legittimata dall’episcopato, cosa che le permise di consegnare in adozione i neonati attraverso un accordo con la Secreteria del Menor. Dunque Mfc agì come un agenzia d’ adozione.

Bergoglio è coinvolto in prima persona, perché gli attuali presidenti del Mfc sono stati nominati da Benedetto XVI membri del Consiglio Pontificio per la Famiglia e l’ex arcivescovo di Buenos Aires è da tempo nel comitato presidenziale di questo organismo.

Il 24 aprile scorso papa Francesco promise a Estela Carlotto, presidentessa delle «Nonne di Plaza de Mayo» che le avrebbe aiutato nella ricerca dei figli dei desaparecidos. «Cuenten commigo» disse, cioè «fate contosu di me».

Anche il presidente della Conferenza Episcopale Argentina, José Maria o Arancedo, arcivescovo di Santa Fési, si è formalmente impegnato affinché la promessa del papa si realizzi.

I risultati sono stati finora scarsi se non nulli. Per fare importanti passi nella ricerca e e individuazione di coloro che da bambini furono rubati è importante che finalmente si aprano gli archivi di Mfc.

La lettera di Hebe Bonafini (presidentessa delle Madri di Plaza de Mayo) pubblicata ieri in questo blog sollecita Francesco I affinché dalle promesse passi ai fatti, senza reticenze. É in armonia con la parola d’ordine che guida il movimento delle madri dei desaparecidos e delle nonne dei bambini rubati: «ni olvido, ni perdon» (nè oblio, nè perdono).

Anche la «lettera aperta» a papa Francesco (a firma Daniele Barbieri, David Lifodi e Francesco Cecchini) che stiamo diffondendo ha, pur con molta meno autorità di Hebe Bonafini, lo stesso scopo.

Per la nonna Estela Carlotto «trovare un nipote è un trionfo per tutta la società, un trionfo molto grande su una dittatura che pensava che non li avremmo trovati e che li avremmo dimenticati».

(*) La lettera di Hebe è qui: Hebe de Bonafini scrive al papa. Mentre qui Lettera aperta a papa Francesco su… c’è invece l’altra che Francesco cita. Ricordo che di Pio Laghi si è scritto varie volte in blog. (db)

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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