Svolazzando da “Un posto al sole” al linguaggio inclusivo

Conoscete il mansplaining? E lo schwa? Ve lo spiega Maria Teresa Messidoro (*)

Lo ammetto.
Quando posso, dal lunedì al venerdì compreso, dalle 20,45 alle 21,15, mi siedo comoda sul divano di casa e mi godo “Un posto al sole”.
Perché al di là degli innamoramenti, tradimenti, assassini e complicate storie a volte inverosimili, questa soap opera tratta con leggerezza temi di attualità.
Una prova? Eccola: nell’episodio del 22 novembre una giovane donna, sentendosi appellare ‘magistrato’, ha ribattuto decisa «No, magistrata».
Poco importante? Superficiale?
Non credo.
Perché, come bene afferma Graziella Priulla in un articolo apparso su Vitamine vaganti , “le parole e le immagini sono le porte e le finestre della nostra percezione” (1)
E ancora, citando Wittgenstein: «Ciò che non si nomina non esiste» (2)
Ma non mi accontento di “Un posto al sole”.
No no.
Nel mio ruolo da insegnante in pensione, occhiali da leggere bene inforcati (un paio di occhiali con le stanghette di colori diversi per affermare con orgoglio una anormalità che tanto mi piace), svolazzo e mi soffermo su un articolo di Pikara, “El infinito es el dolor: las poetas filosofas” (3)
Bene, in questo articolo, quando Olvida Andúar, ci ricorda che “la filosofia non è una lingua indecifrabile e quando lo è, non è filosofia”, ecco apparire un vocabolo nuovo, almeno per me: “ (la filosofia) non è nemmeno un mansplaining proveniente da un Olimpo canonico e mascolino, perché, quando lo è, nemmeno in questo caso è filosofia”
Giusto!!
Ma cos’è il mansplaining?
(4)
 La definizione: è: “spiegare qualcosa ad una donna in forma accondiscendente, presumendo che lei non abbia nessuna conoscenza del tema”
Ah ecco. E se preferite c’è questa altra spiegazione grafica, molto efficace:

(5)
Chiaro.
Ma in italiano?
In italiano ci viene incontro Michela Murgia, che lo traduce così: “Il mansplaining (o minchiarimento) è quella cosa per cui un uomo spiega qualcosa di cui non sa niente a una donna che invece la sa benissimo. Quando succede, la reazione più ovvia è ridergli in faccia, proprio come fa Valeria Parrella” (6)
Brava Michela.
E brava anche per aver introdotto nel suo libro Morgana, L’uomo ricco sono io (7) un atto di sperimentazione linguistica, come lei stessa lo definisce nell’introduzione.
Cioè?
Cioè, invece di utilizzare il maschile sovraesteso, che tradizionalmente pretende di rappresentare anche il genere femminile, lo ha sostituito con la schwa.
Eh?
La schwa, «ə», è una parola di origine ebraica (8), e può dare vita ad un plurale neutro.
Perché la ə appare come una forma intermedia tra la “a” e la “o” che tradizionalmente identificano proprio i due generi, maschile e femminile.
In secondo luogo, a differenza dell’asterisco, o della chiocciola, a volte utilizzati in testi considerati inclusivi, si può pronunciare.
Quindi: tuttə prontə ad utilizzarlo. (9)
Perché, come recita il comunicato del comune di Castelfranco Emilia per annunciare che da adesso in avanti userà lo schwa (ə) “Il linguaggio non è solo uno strumento per comunicare, ma anche per plasmare il modo in cui pensiamo, agiamo e viviamo le relazioni”. (10)
NOTE:
    2. Idem
    3. https://www.pikaramagazine.com/2021/11/el-infinito-es-el-dolor-las-poetas-filosofas/ da cui è tratta anche l’immagine sottostante.
    7. Morgana, l’uomo ricco sono io, con Chiara Tagliaferri, 2021, Mondadori Editore
    8. Sulla storia del significato ci sono versioni differenti: alcuni ritengono che l’etimologia risalga alla parola ebraica “shav” che significa niente, altri che sia legata al concetto di “uguale”, “pari”. Oggi lo schwa nella lingua ebraica è utilizzato per identificare i due puntini posti sotto una consonante che indicano una vocale brevissima che quasi non è pronunciata
    10.  Dall’articolo di Micromega della sociologa Vera Gheno, https://www.micromega.net/vera-gheno-intervista-schwa/
(*) Vicepresidentessa associazione Lisangà culture in movimento Odv
Teresa Messidoro

2 commenti

  • Trovo interessante questo articolo, anche perchè tocca un nervo scoperto di molte donne con un compagno saputello, un capo ufficio pieno di sè, e volendo, anche con parenti maschi che solo perchè sono maschi credono di avere il potere e la gloria direttamente da Dio.
    Grazie a Maria Teresa e a tutte

  • Ciao Maria Teresa! Sul mansplaining niente da dire, condivido e basta. Invece sullo schwa… preferisco continuare a nominare il femminile e il maschile, perché altrimenti non esistono più, cancellati da un neutro inesistente nella nostra lingua.

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