La Bolivia laboratorio della contrainsurgencia

La presidenta Jeanine Añez concede le elezioni presidenziali il prossimo 6 settembre, ma il governo confida nella strategia della tensione e nell’emergenza sanitaria (gestita malissimo) per frenare Luis Arce, il candidato del Mas avanti nei sondaggi. L’estrema destra boliviana, divisa e rissosa al pari di quella venezuelana, guarda proprio al golpismo antibolivariano e al duqueuribismo colombiano per scongiurare il ritorno

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America latina alla prova di Covid-19

Due articoli di Laura Vales e una panoramica di David Lifodi La quarantena nei quartieri popolari argentini, dove quattro milioni di persone vivono in sovraffollamento e senza possibilità  di lavorare a casa. Provvedimenti repressivi in Uruguay, Bolivia, Colombia, Cile. La pandemia utilizzata dai governi di destra per ristabilire l’ordine pubblico. E crescono gli omicidi contro i lottatori sociali.

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Bolivia: «Noi donne indigene abbiamo…

… sentito il golpe nel corpo» di Alessandro Peregalli (*) In dialogo con Adriana Guzmán e Diana Vargas, femministe aymara attive in uno spazio politico chiamato Femminismo Comunitario Antipatriarcale, che in questi anni ha partecipato, seppur con una visione critica dei governi di Morales, al cosiddetto proceso de cambio. L’autore le ha incontrate a El Alto, nella zona metropolitana di

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Bolivia: lo scempio

Evo Morales da tempo non era più l’indio ribelle che toglieva il sonno a Washington. L’ultradestra ha sfruttato nel modo migliore le sue enormi contraddizioni, e quelle del Movimiento al Socialismo, per dare vita ad un colpo di stato apertamente programmato e capeggiato da fondamentalisti religiosi quali l’autoproclamata presidenta Jeanine Añez e il picchiatore Luis Fernando Camacho. In gran parte

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