Dopo la sentenza Thyssenkrupp

di Alexik Cari e care. Posso immaginare cosa stiate provando dopo il verdetto della Cassazione sulla strage alla Thyssenkrupp, che nega l’omicidio volontario e rinvia gli atti alla Corte d’Assise d’Appello per la «rideterminazione delle pene». Dolore, rabbia. Per quanto mi riguarda, l’unica sensazione che mi manca è lo stupore. La sostanziale impunità dei colpevoli di morti operaie o disastri

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I pesi e le misure (parte terza)

di Alexik Concludiamo oggi il nostro viaggio fra le nocività industriali di questo strano paese. Un paese bislacco, dove gli operai vengono uccisi dai gamberoni, la legna dei camini inquina più delle centrali a carbone e i Tarantini muoiono perché fumano più dell’Ilva. Uno strano paese, dove la devastazione ambientale si compie per legge, e dove combatterla diventa “eversione dell’ordine democratico”. Per ripercorrere

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I pesi e le misure (parte seconda)

di Alexik  (la prima parte è stata pubblicata qui). Nei processi per disastri ambientali o stragi di fabbrica le dirigenze e le proprietà dell’industria italiana sfoggiano avvocati di grido, costosi “principi del foro” pagati coi denari risparmiati sulle misure di sicurezza. Sicuramente da questo punto di vista non bada a spese il conte Marzotto, attualmente imputato per le morti operaie

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