Palestina: «Tears of Gaza» e «Broken»

Le riflessioni di Antonello Boassa e gli appuntamenti (Roma, Napoli, Modena e Torino dal 9 al 14 luglio)

«Tears of Gaza»: i bambini vincono

di Antonello Boassa

Un documentario datato 2010 che ho voluto rivedere. Allora come oggi devastazione. Case distrutte. Penuria di acqua, di cibo, di medicinali. Embargo, riduzione degli aiuti umanitari. Solo i tunnel garantiscono precariamente che la popolazione riesca a sopravvivere alla barbarie di Israele-Usa.UE.

La triplice del male continua a maramaldeggiare ma è importante sottolineare che non ha vinto. Il sogno di Netanyahu-Trump di espulsione dei palestinesi dalla loro terra non riesce ad andare in porto. E non ci riuscirà neanche il ridicolo e patetico “Accordo del secolo”

Il documentario è ben girato da Vibeke Løkkeberg, una ottima regista norvegese: volendo parlarci della vita «difficile…difficile davvero» (nota 1) dei gazawi aveva bisogno di una tesi che potesse dare ordine allo scenario terrificante che si presenta allo spettatore. Un centro da cui far nascere il senso di ciò che accade nella Striscia.

Il senso ci viene dai bambini e dalle bambine che continuano a immaginare il riscatto, a proporre progetti. Sono stati tramortiti dalle bombe, dall’invasione dei sionisti nelle loro case (o in quello che è rimasto di esse) e dalla morte dei loro cari; hanno assistito ai funerali oceanici dove più che l’odio per i carnefici regnava un dolore partecipato e commosso per i “martiri”. Il senso che ci arriva da questa infanzia “non vissuta” – e già consapevole del male e dell’odio che grava inesorabilmente sulle loro vite – è quello della irreversibile sconfitta del sionismo e della vittoria non solo morale del popolo palestinese.
Sionismo, che se aveva l’obiettivo di disgregare un popolo, di ridurlo in una massa disperata di individui colmi di odio, privi di affetti e di solidarietà, tutti l’uno contro l’altro, immemori del loro passato e della loro cultura, ebbene ha ottenuto l’effetto opposto: compattare, dare una forza smisurata con la capacità di amare, di resistere, di sopportare e di progettare un futuro.
Si pensi alle immagini di quel funerale, dove un uomo solleva in aria il corpo di un bambino morto e lo mostra alla grande folla per indicarlo come simbolo della sofferenza di tutto un popolo ma anche come strada maestra per la riaffermazione della propria dignità. alzandolo molto in alto per far partecipare intensamente i presenti. In alto, ben in alto perché possa essere ben visto anche dal loro Dio al quale viene consegnato.

Tre bambini, su cui giustamente la regista insiste con primi e primissimi piani (nota 2) per evidenziare, assieme ad un’infanzia “tradita” dal sionismo, una lucida proposta di partecipazione al dolore onnipresente e una decisa volontà non di fuga ma di coinvolgimento alla vita sociale con i progetti di diventare medici per poter assistere i malati anche sul piano chirurgico oppure di diventare avvocati per poter trascinare Israele in tribunale per dare conto delle sue illegalità, della sua ferocia

Altro che venti miglia. La bambina, con la stampelle. volge lo sguardo verso il mare chiuso (concesse tre miglia dalla ciurma sionista). Non sentiamo odio ma la certezza, la volontà di non abbandonare la propria terra, che è sua da sempre, la certezza di una vittoria che è già nel presente e altresì della sconfitta irreversibile del “Golia” israeliano.

NOTE
1) Così si esprime con controllato dolore una bambina
2) la regista ha insistito sui primi e sui primissimi piani soprattutto dopo che i bambini avevano finito di parlare. Credo lo abbia fatto appositamente perché venisse evidenziato lo stato d’animo di questi straordinari interpreti del loro popolo. Sono i momenti più esaltanti e commoventi del film.

In occasione del quindicesimo anniversario del verdetto sul MURO, proiezioni del film «BROKEN» di Mohammed Alatar

La storia del “Muro dell’ Apartheid” di Israele in Palestina, del suo impatto quotidiano sulle vite dei palestinesi, è stata raccontata da  prospettive diverse ma  la storia della promessa infranta della legge internazionale, deve ancora essere raccontato. Ci ha pensato il regista Mohammed Alatar a narrare cinematograficamente quella storia nel film “BROKEN“, un documentario di prim’ordine che getta molta luce sull’intersezione tra legge e politica in uno dei punti problematici più persistenti del mondo.
Nel 2004 – dichiara il produttore Stefan Ziegler–  la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) ha dichiarato illegale il Muro e ha invitato gli Stati a sostenere il proprio parere consultivo. Sebbene i rappresentanti internazionali abbiano promesso il sostegno dei loro governi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, finora non sono emersi risultati tangibili, al contrario, il Muro è  ormai lungo 700 km e alto il doppio del muro di Berlino. Come delegato del Comitato internazionale della Croce Rossa, e successivamente come capo dell’unità di monitoraggio barriera dell’ONU, e ora come produttore cinematografico, ho lavorato per documentare gli impatti del Muro dal 2005.  Quando la mia unità fu sciolta nel maggio 2013 a causa della mancanza di fondi e della mancanza di volontà, mi sono chiesto, potrei ignorare un argomento che conoscevo in modo più approfondito di quasi chiunque altro? 
Il focus dell’opera che abbiamo realizzato ispirandoci agli  impatti umanitari del muro in Cisgiordania – dice il regista Mohammed Alatar – vuole incentrarsi sul diritto internazionale, le sue promesse non mantenute, l’ICJ, il Muro di Israele in Palestina e i doveri e le omissioni della comunità internazionale: una rete intricata di legge, politica e potere, e di come la storia si rifiuti di voltare pagina continuando ad influenzare drammaticamente la vita quotidiana di molte persone che vivono lì.
Il film, la cui realizzazione ha visto il cineasta viaggiare attraverso tre continenti per raggiungere proprio le persone le cui deliberazioni sono quelle che danno forma al futuro del diritto internazionale, dei diritti umani e, in definitiva, della pace, fornisce testimonianze di esperti di giurisprudenza di fama internazionale, giudici della CIG, diplomatici esperti e ufficiali militari israeliani che hanno costruito il muro.
BROKEN verrà proiettato in prima alla
Sala Zavattini della Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico il 9 luglio, alla presenza del regista, di Monica Maurer e del presidente AAMOD Vincenzo Vita e sarà poi presentato in un breve tour italiano nei giorni successivi a Napoli, Modena e Torino.
Trailer del film: https://www.youtube.com/watch?v=QjiM3XDPqZM
IL REGISTA
Attualmente uno dei maggiori registi di documentari della cinematografia palestinese, Mohammed Alatar è stato addestrato come regista alla fine degli anni ’90 negli Stati Uniti. Le sue precedenti esperienze lavorative includono posizioni come Future Stories Director per CBS News, Media Advisor per l’UNDP e il Ministero per gli Affari di Gerusalemme. Nel 2002, ha fondato e diretto «Palestinese per la pace e la democrazia».
Con un profondo impegno per i diritti umani e la lotta del suo popolo, Mohammed Alatar si definisce più come attivista per i diritti umani che come cineasta. Usa la sua opera per promuovere le sue idee e convinzioni in tutto il mondo, dando spazio alle cause e ai valori che difende. I suoi mentori sono Oliver Stone e il regista egiziano Yousef Chahin, che sono «persone che fanno film con un messaggio, non solo intrattenimento».
Nel 2006, Mohammed Alatar ha pubblicato «The Iron Wall», un film sull’insediamento degli insediamenti israeliani nella West Bank, che copre anche la controversa costruzione del muro israeliano nella West Bank. Il film sostiene che gli insediamenti sono l’aspetto visibile di una strategia per l’occupazione permanente del territorio. «The Iron Wall» segue la cronologia degli insediamenti ed esamina i loro effetti sul processo di pace.
Riferendosi  al film, l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter ha dichiarato: «La migliore descrizione del Muro, il suo  impatto sulla vita della gente è mostrata nel film The Iron Wall».
Nel 2008, Mohammed Alatar ha pubblicato “Jerusalem -the East Side Story”, uno dei documentari politici più visti in Palestina. Presenta gli effetti e le ingiustizie dei 42 anni di occupazione israeliana di Gerusalemme Est.
E’ stato presentato al Cineforum Palestina dell’AAMOD in un Focus su Gerusalemme il 15 maggio scorso, il giorno della recorrenza della Nakba, la “catastrofe”palestinese, scelto da Trump di spostare l’ambasciata USA da Tel Aviv alla Città Santa.
Nel  suo attuale documentario, «Broken», Alatar tenta di spiegare perché non sia stato fatto nulla per impedire a Israele di continuare a costruire il Muro, e perché dopo che l’ICJ l’ha dichiarato illegale nel 2004, non è stato smantellato.
Sito web ufficiale BROKEN: http://broken-the-film.com/

GLI APPUNTAMENTI

In occasione del quindicesimo anniversario del verdetto sul MURO, proiezioni del film
BROKEN di Mohammed Alatar

ROMA
Martedì 9 luglio, ore 18
Sala Zavattini FONDAZIONE AAMOD in via Ostiense 106 (Centrale Montemartini)
Sarà presente il regista, interventi di Vincenzo Vita  e Monica Maurer 
Ingresso libero fino ad esaurimento posti
Prenotazioni consigliate su eventi@aamod.it


A seguire , il regista accompagnerà il film in un tour  nelle seguenti città:
11/7
NAPOLI  ore  20
Ex-Asilo Filangieri – Vicolo Giuseppe Maffei 4
12/7
MODENA ore 20.30
Sala Polivalente Windsor Park – Strada San Faustino 155
14/7 
TORINO ore 20
Casa del Quartiere – San Salvario

https://www.aamod.it/

PER QUESTE INFORMAZIONI grazie a Elisabetta Castiglioni dell’ufficio stampa di AAMOD (Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico)

 

Redazione
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