Testa Vuota

di Pabuda

 

dai tempi di Trinidad

ho ancora la musica delle steel band

ficcata nelle orecchie,

però nella testa ho più niente.

nei piedi io

ho memorizzati

i complicati passi di sempre

e – checché se ne dica –

ballo tuttora da dio.

sui polpastrelli m’è rimasto

tutto il liscio e il morbido

che ogni cavaliere durante la danza

sui fianchi della dama

normalmente cerca, trova e sente,

ma, come ti dicevo, nella zucca

m’è avanzato proprio un bel niente.

sul collo la sberla della fatica pei remi

ha lasciato una striatura bruciante,

forse per sempre.

ma nella sfera irregolare

che in equilibrio instabile

ci tengo appoggiata

mi sembra sia rimasto

un accidente di niente.

nello stomaco

una pressione come un calco

richiama, portata dopo portata,

gli eccessi dell’ultimo pranzo

e di quella gran bevuta.

all’inverso, nel cranio

manco un’impronta fossile

dei sapori, del gusto e della goduria

ritrovo.

negli occhi, nonostante tutto,

mi son rimasti

tre-quattro ritagli di cielo caraibico

e d’un pittore suicida di laggiù

i contorni del suo più grande dipinto,

ma nella testa mia qualcuno

s’è divertito a riprodurre

il vecchio esperimento

del vuoto spinto.

 

https://www.youtube.com/watch?v=ReNbZFKKX7c

 

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Pabuda
Pabuda è Paolo Buffoni Damiani quando scrive versi compulsivi o storie brevi, quando ritaglia colori e compone collage o quando legge le sue cose accompagnato dalla musica de Les Enfants du Voudou. Si è solo inventato un acronimo tanto per distinguersi dal suo sosia. Quello che “fa cose turpi”… per campare. Tutta la roba scritta o disegnata dal Pabuda tramite collage è, ovviamente, nel magazzino www.pabuda.net

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