«The Antifascists»: c’è una guerra a bassa intensità in Europa

Ora il documentario è on-line (*)

Dalla sua prima apparizione nel 2017, il documentario “The Antifascists” è stato proiettato centinaia di volte in tutto il mondo: nei cinema, nelle scuole, nei teatri, negli spazi sociali e culturali. Ha ricevuto l’acclamazione della critica ed è stato selezionato per partecipare a 5 festival del cinema. Dopo questo enorme successo i registi, Patrik Öberg and Emil Ramos, hanno deciso di renderlo disponibile on-line per diffonderlo il più possibile.

The Antifascists” racconta di una guerra a bassa intensità che si sta svolgendo nelle strade d’Europa tra gli antifascisti e i neonazisti europei. I registi si concentrano su due Paesi: Svezia e Grecia. Quello che li accomuna è la pesante crisi economica. Il documentario dura un’ora e un quarto e attraverso testimonianze dirette, interviste a giornalisti e osservatori descrive le aggressioni e gli omicidi avvenuti negli ultimi anni. In Svezia, Showan Shattak, un attivista di Malmo (**) è stato lasciato in fin di vita dopo la manifestazione internazionale femminista dell’8 marzo 2014. Mentre, in Grecia, il rapper antifascista Pavlos Fyssas è stato assassinato dai membri della Golden Daw.

Gli attivisti svedesi e greci si organizzano quotidianamente per autodifendersi. L’unico modo per sopravvivere è garantire la loro presenza nei quartieri e autogestire palestre dove imparano a difendersi dalle aggressioni. “E’ impossibile affidarsi alle istituzioni o alla polizia” affermano. In Svezia si contano ben 14 omicidi dal 1999 a oggi. Le istituzioni hanno legittimato i neonazisti concedendogli spazi pubblici dove fare comizi e sfilare in corteo, mentre le aggressioni sono state lasciate impunite. In particolare in Grecia, la polizia annovera tra le proprie fila una percentuale importante di agenti iscritti ai gruppi di estrema destra. Nel documentario si possono vedere le immagini di una manifestazione antifascista a Stoccolma organizzata per impedire uno dei principali raduni nazisti in Europa, durante la quale la polizia antisommossa divide il corteo con uomini a piedi e a cavallo e blocca la folla in un tunnel senza uscita.

La crisi economica che ha portato tagli alla spesa pubblica e impoverimento generale ha permesso ai vari Golden Dawn, Front National, Swedish Defence League, Forza Nuova, Casapound di affermare la loro presenza con i loro slogan di razzismo e odio. Queste organizzazioni non hanno, secondo il documentario, un’ideologia ma mirano esclusivamente alla costruzione di un nemico che possa dividere la popolazione: l’immigrato, l’antifascista, una persona Lgbt.

Anche il nostro Paese si scontra da tempo con i fascisti del terzo millennio e anche in Italia si contano decine di aggressioni e omicidi da parte dei gruppi neonazisti. 6 omicidi dal 2003 ad oggi. I militanti di Casapound attualmente rilasciano dichiarazioni in tv, girano per le strade del Paese abbandonando stivali e bomber d’ordinanza, si presentano in giacca e cravatta, parlano con tono pacato e coprono accuratamente i loro tatuaggi nazisti sotto pesanti cappotti. Fanno i “ripuliti”, insomma, ma il vizio è rimasto.

E’ notizia di qualche giorno fa dell’aggressione a Genova ai danni di un gruppo di antifascisti intenti ad attaccare manifesti sui muri della città. Uno dei ragazzi è stato accoltellato senza riportare, per fortuna, grossi danni. L’anno scorso, invece, un video riprende i militanti di Casapound mentre nel quartiere Tiburtino III a Roma, si prendono a cinghiate tra di loro scambiando un loro militante per un antifascista.

Il documentario suggerisce tre direttrici lungo la quale bisognerebbe contrastare l’avanzata dell’estrema destra: decostruire i loro slogan, impedire di terrorizzare le persone nelle strade e nelle piazze, impedire di accedere alla sfera pubblica e istituzionale. Spunti importanti su cui riflettere anche rispetto allo spazio che certa stampa riconosce ai gruppi neofascisti alle nostre latitudini.

Il documentario ha il merito di aver messo in collegamento diversi gruppi antifascisti di Europa e di aver stimolato ragionamenti e dibattiti. Ma lascia aperte anche delle domande: quali sono le prossime frontiere degli antifascisti europei? Secondo gli attivisti intervistati, il lavoro fatto fino ad ora è prezioso ma non ancora sufficiente. Come afferma bene il sopravvissuto, Showan Shattak nell’intervista: “Non bisogna essere un’attivista o un teorico marxista per dire: non voglio fascisti e omofobi nella mia città”. In molti e molte rifiutano la loro violenza. Coinvolgere tutti e tutte in questa battaglia, trovando il modo migliore per farlo, potrebbe essere la chiave per vincere questa guerra.

(*) Pubblicato su da InfoAut e ripreso da «Osservatorio repressione»

(**) cfr Showan Shattak – EasyTagCloud – Sport alla rovescia,

 

 

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