«The Host»

di Gian Filippo Pizzo

«The Host» (Usa 2013, 125 minuti, colore). Regia di Andrew Niccol. Sceneggiatura di Andrew Niccol dal romanzo «L’ospite» di Stephenie Meyer (2008), Rizzoli 2008. Con Saoirse Ronan, Max Irons, Diane Kruger, Jake Abel, William Hurt.


Stephenie Meyer è diventata famosa con
«Twilight», che alla sua prima uscita meritò una recensione favorevole persino da una pubblicazione sofisticata come il Domenicale de «Il Sole24ore». Poi vennero i seguiti, i film, le imitazioni e la conseguente banalizzazione dell’idea di partenza. Con «L’ospite» la Meyer cambia genere e si rivolge alla fantascienza, ma senza perdere l’attenzione per il mondo adolescenziale soprattutto femminile e mantenendo uno stile talmente minimalista da risultare infine irritante. L’idea, non proprio originalissima per un appassionato, è inizialmente presentata in modo nuovo e intrigante, ma l’autrice si dilunga talmente in sotto-trame e nell’evidenziare gli aspetti sentimentali da finire con l’annoiare (sebbene la curiosità per il finale costringa alla lettura). In sintesi: il nostro pianeta è stato conquistato da una razza di alieni che vengono innestati nel corpo umano e ne prendono il controllo assoluto, ma l’aliena Viandante non riesce a vincere la resistenza dell’umana Melanie Stryder, che resta sempre ben presente anche se impotente. Le due personalità finiscono per fare amicizia e convivere nello stesso corpo, con tutti i problemi che la situazione comporta e che si aggravano quando la protagonista viene catturata da un gruppo di ribelli in cui vivono il fratello e l’uomo di Melanie. Col tempo Viandante, ribattezzata Wanda, forgiata dalla doppia convivenza con la personalità di Melanie a livello psichico e con gli esseri umani a livello fisico, finisce per acquisire una certa umanità e riesce a convincere i suoi compagni del fatto di non essere loro nemica. Alla fine, troverà anche il modo di restituire il suo corpo a Melanie e di abitarne un altro questa volta vergine, scoprendo che altri alieni hanno compiuto un percorso simile e si sono inseriti nella comunità terrestre (sia pure, per il momento, ancora clandestina). Il film segue fedelmente la trama, con i necessari adattamenti: eliminazione di episodi meno significativi, spostamento di altri, spettacolarizzazione delle scene in esterno. Per il resto la segue quasi pedissequamente, al punto di riproporne testualmente i dialoghi, ma ereditandone anche la lentezza, pur se mitigata dalle immagini. Ma il rapporto uomo/alieno non viene esplorato a fondo,il dualismo corpo/mente (con Melanie, il corpo, amata e che ama Jared e Wanda, la mente, amata e che ama Ian) resta a livello epidermico. Tutta colpa del testo originario certo ma dal regista di «The Truman Show» e di «Gattaca» ci aspettavamo di più.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *