Tiempos de estallidos sociales
Scrittori, giornalisti, economisti e intellettuali scrutano il futuro prossimo del continente latinoamericano. La recensione di DAVID LIFODI al libro di Alainet (America latina en movimiento) e il link per scaricarlo
In Perù è in corso un Proceso Destituyente, sostiene l’economista Hugo Cabieses, affrontando il tema della corruzione presente nel suo paese, la piaga dell’estrazione mineraria e della proliferazione delle centrali idroelettriche e gli attacchi ai diritti dei lavoratori, delle donne e dei popoli indigeni. Si tratta di una nuova colonizzazione.
Le sue riflessioni fanno parte della pubblicazione della rivista Alainet – América latina en movimiento, che nell’ultimo numero del 2019, Tiempos de estallidos sociales, si concentra sulle rivolte di piazza in Ecuador, Cile e Colombia. La puntuale descrizione di Cabieses del suo paese potrebbe essere applicata, senza alcun problema, a Santiago del Cile, Quito e Bogotá. L’America latina si trova nel mezzo ad una disputa globale per lo sfruttamento delle sue risorse, basti pensare alla ricchezza delle riserve di litio (uno tra i motivi scatenanti del colpo di stato in Bolivia), rame, petrolio e acqua dolce. Come sottolinea Mónica Brukman, docente di Scienze politiche all’Università federale di Rio de Janeiro, l’intero continente rischia di vedersi imposto, “a sangue e a fuoco, il programma economico del neoliberismo 2.0”, nonostante il fallimento delle politiche neoliberiste nel XX secolo. Al tempo stesso, nelle piazze latinoamericane cresce la rabbia della popolazione contro il furto dei diritti sociali e l’imposizione di democraturas dal pugno di ferro. Si spiega così l’autunno caratterizzato dall’aperta ribellione ai paquetazos in Ecuador, Cile e Colombia.
A cominciare la mobilitazione sono stati gli ecuadoriani, dopo che Lenín Moreno aveva provato ad imporre per primo la dittatura del neoliberismo 2.0, fatta da un pacchetto di misure economiche truffa e sorpreso dalla sollevazione che lo ha costretto, solo per ora ed esclusivamente a livello formale, a fare un passo indietro, impaurito da un’insurrezione che non gli ha comunque impedito di proseguire nella sua battaglia per la descorreización del paese.
Il tentativo di tornare al passato, cioè quando l’egemonia neoliberale dominava nell’intero continente, lo ha sperimentato in prima persona la Bolivia, non solo per il colpo di stato che ha estromesso Evo Morales da Palacio Quemado, ma anche per la virulenza di una narrazione razzista e discriminatoria accompagnata dal fondamentalismo religioso, osserva il sociologo Eduardo Paz Rada, caratterizzata dai massacri di Senkata (El Alto) e Sacaba (Cochabamba) in occasione degli scontri di piazza tra l’11 e il 25 novembre, quando Jeanine Añez si è autoproclamata presidenta del paese senza alcuna legittimazione elettorale con il sostegno di Fernando Camacho, tra i dirigenti delle organizzazioni neofasciste di Santa Cruz. Dietro al tentativo di restaurazione neoliberale, denuncia con preoccupazione Eduardo Paz Rada, Jorge Quiroga, già ex vicepresidente del dittatore Hugo Banzer e Carlos Mesa, delfino di un altro ex mandatario poco raccomandabile, quel Gonzalo “Goni” Sánchez de Lozada fuggito negli Stati uniti.
Il ritorno alla carica delle elites tradizionali è avvenuto anche il Cile, il settimo paese più diseguale del mondo secondo l’Indice di Gini e dove l’1% della popolazione detiene il 26,5% delle entrate totali del paese, secondo i dati della Cepal, la Commissione economica per l’America latina. Silvia Arana, collaboratrice di Rebelión, cita il giornalista cileno Paul Walder per mettere in evidenza che i movimenti sociali lottano contro un presidente, Piñera, che conta su uno scarso sostegno elettorale, ma che ha dalla sua parte forze armate, potere economico e religioso. Travolto, almeno apparentemente, dalle proteste, Piñera ha finto di cambiare rotta, tramite un rimpasto di governo e la promessa di una nuova Costituzione allo scopo di dividere le organizzazioni sociali, che per adesso restano sulle barricate al grido di Chile no se vende!
La pubblicazione di Alainet dedica, inoltre, spazio alla Colombia, tra il forte desiderio di democrazia e la soffocante presenza del tradizionalismo politico, religioso ed economico, che ne fa uno dei paesi dove maggiori sono le violazioni dei diritti umani, civili, sociali e sindacali, e cerca di ragionare sul futuro di Argentina e Uruguay. Alla Casa Rosada, la dipartita del macrismo ha lasciato un paese ridotto in macerie, con una popolazione impoverita ed una politica economica orientata, nel periodo 2015-2019, solamente sui bisogni e sulle necessità delle multinazionali, come testimonia la monocoltura della soia e la privatizzazione dei servizi pubblici. La dupla F rischia comunque di essere fortemente condizionata dal Fondo monetario internazionale e da un modello produttivo difficile da modificare nel breve periodo. In Uruguay, la sconfitta frenteamplista, dopo tre vittorie consecutive, denota l’urgenza di recuperare nuovi militanti, come aveva sottolineato, prima del ballottaggio che ha premiato le destre, Lucía Topolansky, già vicepresidenta e moglie di Pepe Mujica.
Nel breve periodo sapremo se l’America latina sarà riuscita a cacciar via nuovi e vecchi fantasmi, dai valori conservatori della famiglia tradizionale all’avanzamento del neoliberismo 2.0 passando per il furto delle risorse naturali e le dittature di nuovo tipo.
Tiempos de estallidos sociales (scaricabile qui)
AA.VV.
Agenzia di notizie Alainet – America latina en movimiento, dicembre 2019