Torino: il Bancomat dei senza casa, il giornalismo che…

che vola basso (come gli avvoltoi) e le proteste di Almaterra e di GuardaOltre.

Alcune puntualizzazioni di Gigi Eusebi zigzagando fra gli articoli

 


Nelle immagini potete vedere “il film” scatenatosi in questi giorni a Torino sul tema dell’appoggio ai senzatetto. Visto che sono stato tirato in mezzo, specie per una foto pubblicata dal quotidiano
La Stampa, spiego i materiali ma sopratttutto espongo le mie considerazioni.

– In primo luogo suggerirei al grancapo della polizia municipale torinese di passare una notte, una sola notte di questo gennaio, in strada. E nel caso dovesse sopravvivere (ne dubito) verificherebbe quanto sia lucrativo, economicamente, fisicamente, psicologicamente “prenotare” una qualunque suite con aria fresca, vista strada, piano marciapiede, nel centro città…

– Il comunicato della “difesa” della nostra associazione (GuardaOltre) pur citandomi ripetutamente come uno dei due soggetti non consenzienti della foto a mezza pagina pubblicata (in realtà era stata usata in un pezzo dell’11 dicembre scritto e illustrato da giornalista e fotografo che si erano affiancati in un turno serale; articolo di altro contenuto pur senza essere una bellezza) non tocca in profondità quanto avrei potuto dire al riguardo. La questione importante non è l’aver riciclato una foto d’archivio a fini redazionali ma aver perseguito in modo premeditato l’ennesima forma di giornalismo spazzatura, che affronta in modo improprio, incompetente, scandalista temi di enorme complessità e su cui nessuno, a cominciare dai diretti interessati homeless, ha risposte certe. Fra i mille paragoni, italiani e mondiali, che mi sono venuti in mente ho ripensato al periodo dei “taxi del mare” e dei “migranti in villeggiatura”, con cui il duo Salvini-Di Maio un paio di anni fa battezzava l’operato delle navi delle ong nel Mediterraneo

– A chi la letto o leggerà adesso gli articoli de «La stampa» (del 27 e 28 gennaio) propongo il confronto da… abbonato in prima fila: fresco fresco dopo l’odierno turno serale, nel quale ho distributo una ventina di pasti (con mousse alla panna, schiccheria del giovedì…) in zone del centro di Torino. Il ragazzo in mutande di cui si (s)parla in un articolo è un ghanese, si esprime solo in inglese, da oltre un mese staziona giorno e notte su una panchina di via Cernaia, gira scalzo, per coprirsi usa un copriletto anche con i meno 8 gradi di alcune notti fa: ogni volta che passo mi chiedo come abbia fatto a sopravvivere fino ad ora. Qualcuno dei suoi “colleghi” dice che ogni tanto rubacchia, in media rifiuta qualunque approccio; per noi è un successo che da qualche settimana accetti almeno il cibo serale, che prima non voleva, cacciando a “fuck you” chi si avvicinasse. Stasera ero solo, ormai sa chi sono, in bici con il cibo passo solo io, ho provato a parlargli visto che era seduto e non sdraiato come sempre. Il cibo lo ha preso con mucho gusto, gli ho chiesto se stesse decentemente, e lui per la prima volta ha comunicato. Mi ha detto che avrebbe bisogno di un sostegno per gli occhi, non solo per due, ma “for 3 eyes” (il mistero del terzo occhio?). Glielo ho fatto ripetere più volte, pensavo di non aver capito, non ha un inglese oxfordiano. Poi gli ho chiesto se cercava degli occhiali. “No”. Delle gocce o un collirio? “No”. Un oculista? “No”. Ho detto che provavo a cercare qualcuno che parlasse wolof o una lingua più familiare. “Ma che fuck dici, ti sto parlando in un inglissccc corretto, ciò che mi serve è scratch for my eyes (grattino per gli occhi)”. Ho balbettato una frase tipo: “vedrò cosa riesco a fare” … Se qualcuno ha consigli benvengano.

– In uno degli articoli meno fetenti, si parla anche di Maria, una salernitata logorroica che “frequento” da oltre un anno. Con piccole sviste la sua storia è correttamente raccontata nel pezzo: di fatto le sue urgenze sono sgomberare il monolocale, dove stava con il marito defunto da tempo, pieno di cose in parte da buttare e in parte da salvare, capire se e a quali misure di reddito potrebbe accedere (quelli di S. Egidio dovrebbero occuparsene), trovare un posto che non sia distante come Moncalieri (cintura di Torino) dove dormire la notte, visto che ha un accordo con una coppia di anziani che le danno un letto ma nulla più.  Da mesi staziona di fianco al teatro Regio, che da quando è chiuso diffonde nella zona musica classica. “Mi tiene compagnia” conferma Maria. Parecchie delle cose che veste, vestiti quasi nuovi – e non malmessi come si dice nel pezzo – arrivano da mia sorella e da amiche solidali. Ogni tanto le faccio un bucato e le stiro la biancheria, mi dà solo roba bianca perchè le cose colorate se le lava da sé; le piacciono dolci e frutta, quando possibile la riforniamo. E’ una delle più “normali” del circuito, anche se quando comincia a parlare non la fermi più e dice sempre le stesse cose. Ma in un dormitorio o struttura pubblica tipo i container invernali della Schellino (vicesindaca tanto incompetente quanto arrogante, venendo da una “carriera sociale” con la Fondazione San Paolo è convinta di saperla lunga) non ci andrà mai. Persino l’arcivescovo della città, un ultra-moderato che si chiama Cesare Nosiglia e non sub-comandante Marcos, li ha definiti più adatti alle bestie che agli umani.

Mi fermo qui, lascio agli intrepidi la lettura e i relativi confronti. Solo sul denaro facile mi trovo parzialmente concorde con il capobranco poliziesco e la vicesindaca: molti non lo sanno gestire e se lo bevono o fumano. Qualcuno ogni tanto sparisce per andare in una stanza economica al caldo, in pensioncine sgarrupate vicino alla stazione. Anche su abiti e cibo a volte scarseggia “cognisiùn” (*): un po’ perchè spesso passano di giorno vigili and similar e buttano via tutto per salvare il decoro urbano; un po’ perchè in media si dà poco valore alle cose, anche a quelle che ogni tanto ciascuno di loro si compra con gli spiccioli che raggranella.

Ogni storia è una storia, c’è di tutto. Sulla strada come fra i “normali” esistono anche “classi” di appartenenza a seconda che il senzatetto sia italiano o straniero, di lungo corso o di recente arrivo, con qualche sostegno economico o logistico oppure solo e confuso, uomo, donna, trans, coppie ecc.

Come diceva Bergoglio a inizio papato a proposito dei gay? “Chi sono io per giudicare!”. Amen.


LE REPLICHE DI «GUARDAOLTRE» E DI «ALMATERRA»
V
i contattiamo a seguito della pubblicazione dell’articolo di Federico Genta intitolato “Niente elemosina agli homeless. Per loro il centro è un bancomat“, pubblicato il 27/01/2021 sul vostro quotidiano.
Vi chiediamo spiegazioni in merito all’utilizzo dell’immagine raffigurante due nostri volontari impegnati nella distribuzione del pasto serale a corredo dell’articolo di cui sopra.

 La foto, infatti, è stata scattata il 10/12/2020 dal fotografo Maurizio Bosio durante l’intervista che il giornalista Filippo Femia stava realizzando per il vostro quotidiano. Riconosciamo pertanto la proprietà intellettuale dell’immagine, che è stata però scattata in un’occasione in cui l’approccio nei confronti delle persone senza dimora era in linea con quello della nostra iniziativa, così come dimostra l’articolo pubblicato l’11/12/2020. 

I nostri volontari si sono sentiti offesi, altrettanto le realtà che portano avanti GuardaOltre (Il Gusto del Mondo Srl Impresa sociale, Ass. culturale Eufemia APS, Cucine Confuse) non comprendono questa associazione: si vuole forse denigrare la nostra iniziativa perché ritenuta superflua e/o controproducente? Qualsiasi parere è lecito, ma in tal caso riterremmo importante essere coinvolti per approfondire insieme la questione, attraverso il dialogo e la condivisione. Il sig. Genta e il comandante della PM Emiliano Bezzon sono assolutamente benvenuti a svolgere il servizio una sera insieme a noi, affinché possano anche intervistare le persone che preferiscono restare in strada anziché usufruire dei containers di via Traves: potrebbe essere un’occasione di reale approfondimento, utile per una narrazione di maggior qualità. 

A nome dei nostri due volontari immortalati nelle foto scattate lo scorso 10 dicembre, vi chiediamo di non usare immagini che li ritraggano senza il loro esplicito consenso. Eventuali richieste in merito potranno essere inviate a questo indirizzo mail affinché la comunicazione sia puntualmente inoltrata ai diretti interessati. 

Certi della vostra comprensione, vi ringraziamo per l’attenzione e attendiamo un vostro gentile riscontro.

Stefano Castello per GuardaOltre


Esprimiamo profonda indignazione per quanto è stato pubblicato su
La Stampa (Torino) di ieri.
Lavoriamo con persone senza fissa dimora da anni, le vediamo sulle nostre strade e parliamo con loro. Il titolo della Stampa “
Sbagliato dare soldi ai senzatetto per loro il centro è un bancomat” è vergognoso, aggravato dal fatto che le parole dell’intervista siano quelle del comandante dei vigili che dovrebbe lavorare sul territorio e conoscere le problematiche di chi, in forme diverse, abita Torino.
Gli articoli di approfondimento sull’ “emergenza freddo” della
Stampa, parlano delle persone senza fissa dimora come se non avessero bisogno di servizi poiché preferiscono “guadagnare” diversamente (?) o stare nei déhors, come se stessero in centro per bere uno spritz, “attaccate al marciapiede”. Invece dovrebbero, secondo il vigile,  appoggiarsi alle pie opere di un terzo settore laico e religioso che viene citato in modo strumentale.
Noi sappiamo che se una persona preferisce stare all’aperto al freddo può essere una scelta – legittima, perché individuale e che non nuoce a nessuno, sentendosi libera in quel modo – oppure una costrizione, perché i servizi garantiti da città e terzo settore non garantiscono dignità o condizioni che permettano di evitare la paura del contagio da Covid-19. In questo articolo vergognoso le persone senza fissa dimora vengono incolpate delle loro scelte o costrizioni perché sporcherebbero con i loro rifiuti (o con la loro presenza?) lo spazio pubblico. Il comandante fa appello alla gente “perbene” che paga le tasse, invitandole a allontanare e non aiutare direttamente queste persone che, a quanto pare, non vivono già abbastanza discriminazione o abbandono. Viene nominato, ovviamente, il degrado. Del resto, tra i principali problemi citati nei vari articoli vi è il fatto che i senzatetto finiscano proprio in centro.
È necessario, per
La Stampa, parlare con il direttore della Caritas per ammettere che, forse, “se ancora in tanti preferiscono i marciapiedi ai dormitori, un motivo c’è”. E comunque, anche secondo lui, alcun* provano a fare i/le furb* con i soldi delle elemosine. Forse al centro della riflessione dovrebbe essere il tipo di servizio che viene offerto alle persone e non ridursi a dare istruzioni su come la gente perbene dovrebbe interagire con questi soggetti oscuri che abitano il loro panorama quotidiano .
Il degrado è etico, di questa testata e di chi porta avanti questi discorsi. Discorsi in cui nessuno muore di freddo per strada. Discorsi in cui qualcuno viene salvato in extremis, ma si tratta solo di “un polacco”.
Noi ricordiamo l’inizio di maggio dello scorso anno, quando un centinaio di persone sono state espulse dal campo emergenza freddo di Piazza d’Armi, in piena emergenza sanitaria, lasciate in strada con il solo supporto di volontar* e attivist*, sgomberate e ricollocate in modo disomogeneo, in dormitori blindati e con posti ridotti per le condizioni sanitarie. O pochi giorni fa, quando una palazzina è stata sgomberata adducendo motivazioni di sicurezza ma in deroga alla sicurezza abitativa delle famiglie che vi vivevano.
Rifiutiamo queste narrazioni che distorcono la realtà di persone che cercano spesso con molte difficoltà di vivere vite dignitose, accusandole non solo di abitare illegittimamente lo spazio del centro città, ma di lucrare sulle monetine delle elemosine. Rifiutiamo l’uso strumentale del nostro lavoro e le logiche del decoro sulla pelle delle persone.

Almaterra

(*) “cognisiùn” è un piemontesismo ma il senso si intuisce dal contesto.

 

Redazione
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