Tortura e morte di Francesco Mastrogiovanni: per tutti la pena è sospesa

mastrogiovanniIl 15 novembre 2016 la Corte d’appello di Salerno ha emesso la sentenza per la morte di Francesco Mastrogiovanni, il maestro elementare di 58 anni deceduto il 4 agosto 2009 nel reparto psichiatrico dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania, dopo quasi 90 ore di agonia.

La Corte d’appello ha confermato le condanne nei confronti di sei medici e ha condannato anche 11 infermieri che erano stati assolti in primo grado.

Appresa la sentenza, Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
Pur tenendo conto dei diversi ruoli e graduando di conseguenza le pene inflitte, la sentenza non solo ribadisce che a Vallo della Lucania sette anni fa successe qualcosa di estremamente grave ma, a differenza del giudizio di primo grado, riguarda anche gli infermieri, al punto che risultano essere coinvolte ben 17 persone. In quei giorni e quelle notti, quel reparto psichiatrico da luogo di cura divenne in sostanza luogo di tortura. A fronte di questo, non può che lasciare perplessi il fatto che tutti i condannati hanno beneficiato della sospensione della pena e della revoca dall’interdizione dei pubblici uffici”.

La Redazione della Bottega ricorda Francesco Mastrogiovanni ripubblicando gli articoli che hanno parlato della sua passione e morte e proponendovi il trailer del film di Costanza Quatriglio ‘87 ore‘.

Custodia criminale (31 ottobre 2011)

di Mark Adin

Nel Cilento è un pomeriggio di sole. C’è un uomo, alto e magro, che fa il bagno, è in vacanza. Arrivano dal mare, arrivano da terra. Sulla piccola spiaggia allarme e sorpresa. L’uomo è un maestro elementare molto conosciuto, amato dai bambini, alto e magro, ospite del campeggio. I Vigili Urbani, insieme ai carabinieri, vengono da terra. Una imbarcazione della Finanza incrocia nel blu. Lo accerchiano, lui si spaventa, non capisce e resta in acqua, poi si convince e docile si porta a riva, chiede ed ottiene un caffè, si riveste, accetta che gli venga somministrato un calmante, fuma una sigaretta in pace.
Ha forse un presentimento: dice che se lo porteranno a Vallo della Lucania, lì lo uccideranno. Lo accompagnano via in ambulanza, lo portano all’ospedale di Vallo. Si chiama Francesco Mastrogiovanni e sarà fatto morire legato a un letto, in regime di Trattamento Sanitario Obbligatorio, lontano dai pochi affetti, qualche giorno dopo. Tutto ripreso dalle telecamere di sorveglianza.

Morte del maestro elementare Franco Mastrogiovanni (3 agosto 2014)

di Fabrizio Melodia 

Caso di malasanità? Non proprio. Nella notte tra il 3 e il 4 agosto 2004, il maestro elementare Franco Mastrogiovanni muore a seguito delle privazioni a cui era stato sottoposto fin dal suo internamento forzato da parte delle forze dell’ordine (carabinieri) per un TSO ordinato nientemeno che dall’allora sindaco di Pollica, Angelo Vassallo.

Le motivazioni non erano chiare, a quanto sembra Franco Mastrogiovanni soffriva di una forma di schizofrenia che aveva autorizzato il ricovero.
Stando al resoconto dei carabinieri, costoro avrebbero recuperato Franco Mastrogiovanni dalle acque del mare, in cui si sarebbe recato per un bagno, portandolo di peso all’ospedale psichiatrico San Luca di Vallo della Lucania, laddove sarebbe stato legato a un letto di contenzione per ottantaquattro ore filate, potendo bere una sola vola e nutrito con una sola somministrazione di flebo.
Tale trattamento, unito alle percosse subite, avrebbe provocato l’arresto cardiocircolatorio di Franco Mastrogiovanni, una morte a dir poco assurda, degna del miglior Franz Kafka, se non fosse che non si tratta di finzione.
A incastrare i colpevoli, tra medici, infermieri e forze dell’ordine, c’è la telecamera posta proprio nell’ospedale, che in modo imparziale e molto chiaro ha ripreso tutte le ore di trattamento a cui Franco Mastrogiovanni è stato sottoposto.
Un film dell’orrore senza bisogno di mostri e trovate splatter ad alto contenuto adrenalinico, ma la rappresentazione è scioccante, soprattutto priva di ogni ragione che anche solo potrebbe giustificare una morte tanto atroce quanto umiliante e violenta. Il processo istituito per direttissima si è svolto in tempi rapidissimi, ricostruendo plausibilmente i fatti sopra riportati.
Franco Mastrogiovanni, il giorno prima del ricovero, fu segnalato dai vigili per guida su un’isola pedonale, mentre si dirigeva verso il campeggio dove stava trascorrendo le vacanze.
Sulla sua fedina penale figurano due incarcerazioni, entrambe giudicate in secondo grado ingiuste e per le quali Mastrogiovanni era stato assolto e risarcito, la prima quando aveva contestato una multa ingiusta e la seconda quando ancora militava nel movimento anarchico, carcerazione che comunque avrebbe lasciato un profondo segno nell’animo del maestro elementare.
A seguito della segnalazione dei vigili, che risulterà dopo le indagini essere palesemente fasulla, il sindaco Vassallo ordina perentoriamente il TSO obbligatorio, eludendo tutta la procedura che prescriverebbe la perizia di due medici diversi, ma tant’è. I carabinieri, il 31 luglio, si precipitano a prelevare Mastrogiovanni, il quale per due ore resiste all’arresto immergendosi in acqua, dal quale viene appunto prelevato di peso.
Subisce percosse e trattamenti violenti non solo quando viene legato al letto di contenzione, la sua condizione sarà ben riassunta dal medico legale Luigi Palmieri che avrebbe affermato con prove alla mano che Mastrogiovanni mostrava chiarissimi segni di essere stato colpito da infarto, che l’elettrocardiogramma è stato eseguito solo post mortem, che i valori dei suoi enzimi erano gravemente alterati, che non aveva bevuto a sufficienza, che non doveva essere imprigionato e che tutte le linee guida sulla contenzione in vigore in Italia o all’estero sono state ignorate dal personale dell’ospedale San Luca.
Come se non bastasse, ad aggravare ulteriormente la posizione degli accusati, anche i consulenti chiamati a difesa hanno confermato l’assurdità della contenzione di Mastrogiovanni, come il dottor Francesco Fiore, ordinario di psichiatria all’ospedale Federico II di Napoli, il quale avrebbe affermato che Mastrogiovanni “un non violento e soffriva di sindrome bipolare affettiva su base organica, un disturbo del tutto compatibile con una vita normale e con l’assunzione di responsabilità. Non condivido la contenzione”, affermò il dottore in aula.
La condanna fu presto emessa ma i tecnicismi della giustizia ancora una volta hanno fatto vacillare lo spirito stesso delle leggi. Si può contestare il capo d’accusa di sequestro di persona, con pena detentiva fino a 10 anni se questo è eseguito da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni.
Codice alla mano, sequestro è la privazione forzata della libertà personale.
In questo caso, tale privazione sarebbe stato legalmente autorizzata dal sindaco Vassallo, mai indagato per quel TSO autorizzato, assolutamente fuori dalle procedure canoniche.
Forse per una sorta di giustizia poetica, Vassallo, poco tempo dopo, morirà in un attentato rimasto senza colpevoli.
La Procura non ha tentato la carta dell’omicidio colposo o preterintenzionale, quella delle lesioni aggravate è stata abbastanza efficace, in quanto anche dal video risulta l’azione di un’infermiera che avrebbe pulito una larga pozza di sangue causata dal sangue colato dai polsi martoriati dai lacci di contenzione che trattenevano Mastrogiovanni.
Purtroppo nel nostro codice non è previsto il reato di tortura, una vecchia battaglia che era stata portata avanti dal Partito Radicale di Marco Pannella a seguito di casi simili, quali Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva.
Alla fine furono chiesti tre anni per il primario e i medici, due anni per gli infermieri, facendo leva proprio sull’omicidio colposo, visto che di sequestro di persona non si poteva parlare per i motivi sopraelencati.
La giustizia segue corsi determinati da una fredda amministrazione, che come un contabile tiene conto solo di ciò che può essere per l’appunto computabile, come un registro di “dare” e “avere”.
Qui sinceramente è stato dato ben poco, per un reato di tale portata, se Mastrogiovanni non avesse avuto una famiglia combattiva alle spalle e un buon avvocato di parte civile, il processo si sarebbe concluso con una sola evidenza: non è successo niente.

E nelle carceri solitamente non succede mai niente… di buono.

Ricordando Mastrogiovanni (8 novembre 2014)

Francesco Masala ricorda Mastogiovanni con le canzoni di Alessio Lega e Pierpaolo Capovilla ed il video sulla sua agonia.

alexik

2 commenti

  • A meno che non abbia capito male io, c’è forse un’incongruenza nel titolo del pezzo. Pena sospesa? Non più, direi.

  • La sentenza di primo grado aveva condannato i medici per sequestro di persona, morte come conseguenza di altro reato e falso ideologico, per non aver annotato le contenzioni nella cartella clinica: quattro anni per Raffaele Basso e Rocco Barone, 3 anni e mezzo per il primario Michele Di Genio, 3 anni per Amerigo Mazza e Anna Angela Ruberto, 2 anni per Michele Della Pepa (l’unico che aveva beneficiato della condizionale ). Assolti gli infermieri.

    Con la sentenza di appello i giudici hanno ridotto le pene per i medici e ritenuto gli infermieri responsabili di non avere prestato la dovuta assistenza al malato.
    I medici sono stati condannati a pene che vanno dai 13 mesi ai due anni, gli infermieri dai 14 mesi ai 15 mesi.
    Tutti, però, hanno usufruito della sospensione condizionale della pena.

    La sospensione condizionale della pena può essere infatti concessa per condanne alla reclusione non superiori a due anni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *