Tra l’Essenziale e l’Armonia: la Scultura di Silvia Giuseppina Dal Lago
Guardare Silvia Giuseppina Dal Lago al lavoro significa essere testimoni di una creatività che resiste ai mutamenti del tempo.
Le sue sculture prendono forma attraverso gesti sapienti, immersi in un’atmosfera fatta di tecniche che affondano le radici nell’arte concepita nel suo modo più autentico.
Autenticità, questo è il termine esatto per definire il lavoro di Silvia Giuseppina Dal Lago, che dice di sé: “Sento di essere un vulcano che, attraverso la ricerca espressiva, vuole creare nuove forme e sculture, richiamandosi a un linguaggio ancestrale”.
Nella ricerca dell’essenziale, forse la ricerca più profonda a cui un’artista possa ambire, abbiamo incontrato la Dal Lago, scultrice vicentina, per comprendere appieno il significato del suo affascinante lavoro.
- Nell’era della tecnologia digitale, della smaterializzazione dei corpi, dell’etere onnipresente, la scultura è forse una delle forme d’arte più difficili da proporre al pubblico, in special modo una scultura come la sua che si avvale di tecniche tradizionali. Come pensa che le nuove generazioni possano avvicinarsi alle sue opere?
In effetti, ci sono persone che vivono in una realtà virtuale, pericolosissima, a mio avviso; un motivo in più per fornire stimoli proponendo “cose concrete”. Non sono sicura che la scultura sia una forma d’arte difficile da proporre al pubblico, la cosa davvero difficile è piuttosto stabilire quale sia il pubblico. Non sono d’accordo sul fatto che la cultura del digitale debba escludere che le persone apprezzino forme fisiche concrete, tangibili. In fondo la realtà in cui viviamo rimane pur sempre fisica e concreta, no? La mia esperienza artistica parte da presupposti differenti rispetto alla domanda che mi è stata posta. Quanto alle tecniche tradizionali, ben vengano: oltre a essere apprezzate proprio perché a rischio estinzione, possono coesistere con altre.
- La tematica della femminilità è molto presente nelle sue opere. Da cosa dipende questa scelta? Si tratta solo di un interesse personale oppure esiste un intento pedagogico, come se volesse risvegliare un sentimento sopito?
Sarà perché sono una donna … Scherzi a parte, il principio femminile permea molte delle forme che realizzo. Questa è una fase, probabilmente in futuro sarà il principio maschile, che sento altrettanto forte in me, a darmi degli stimoli, anche se considero sublime l’unione dei due principi, come del resto avviene nella realtà. Considero il mito dell’androgino un principio da non escludere, nel processo evolutivo di ogni persona. Intento pedagogico? Non a priori, ma solo della misura in cui un’opera fornisce stimoli a chi la osserva, stimoli di cui ognuno poi fa ciò che vuole.
- Come funziona il suo processo creativo? Da cosa si fa ispirare e soprattutto come crea le sue opere?
Aspettavo con ansia questa domanda! Non lo so, sinceramente. Nella maggior parte delle volte una forma emerge nella mia mente in maniera spontanea, soprattutto nel dormiveglia. Durante la realizzazione posso anche operare delle modifiche in fase di lavorazione. Posso dire che attingo dall’inconscio, prevalentemente. Ovvio, se vedo nella realtà delle forme che mi affascinano, le riprendo e le rivisito, a modo mio, ma sostanzialmente rimango una ricercatrice solitaria. Tecnicamente, il percorso di realizzazione avviene utilizzando la tecnica del colombino: uso un impasto semi-refrattario contenente chamotte, più pregiato e resistente di semplice argilla. In questo modo foggio la struttura del pezzo sul torniello a mano, poi utilizzo delle sagome-guida di legno costruite da me, ma solo per rettificare. Ultimamente ho quasi abbandonato l’uso di smalti vetrosi, preferisco il trattamento con gli engobbi colorati (che mi fanno risparmiare la seconda cottura), che possono essere graffiati a crudo facendo risaltare l’impasto sottostante. Poi, una volta cotto il pezzo, amo a volte utilizzare la cera d’api, che dà un effetto satinato, molto interessante. Questo per i vasi e le forme rotonde. Oppure lavoro su sfoglie, alle quali do forme ondulate che creino effetto di movimento. In ogni caso pongo molta attenzione alla texture delle superfici, utilizzando strumenti tra i più disparati. Sintetizzando il mio lavoro, posso dire che ricerco l’essenzialità, ponendo attenzione al potere evocativo delle forme.
- Più di ogni altro oggetto, ha attirato la nostra attenzione il “Vaso Mammillare”, il quale (verrà allegata foto) presenta forme erotiche presentate però sotto una forma totalmente inattesa. Cosa sta dietro una scultura di questo tipo?
Non riesco a trovare niente di erotico in questo vaso, ma è interessante il fatto che lo troviate voi. È uno tra i primi pezzi che ho fatto. Le mammelle sono cinque, e guardando il vaso dall’alto ricordano il pentacolo. Quando l’ho concepito sentivo che stavo estrapolando una forma proveniente da una dimensione arcaica. Ne ho avuto conferma dal fatto che, qualche tempo dopo averlo realizzato, ho trovato immagini affini nel testo “Il linguaggio della Dea” di M. Gimbutas, ricercatrice lituana nell’ambito della “archeomitologia”, come lei amava definirla. È un testo che esplora le forme artistiche collegate al culto della divinità femminile, attraverso un’analisi di ritrovamenti risalenti al neolitico ed all’età del bronzo.
- Secondo lei esiste ancora la possibilità di un Rinascimento attraverso l’arte? Lei opera per se stessa o vorrebbe che le sue opere contribuissero alla riscoperta di qualcosa che abbiamo perduto?
Questa domanda ne richiama un’altra: e cioè se l’arte possa influenzare o se non sia invece l’arte a risentire dello spirito dei tempi. Su questo al momento non mi sento di esprimermi. Ho un carattere individualista e faccio quello che mi piace, ma ho anche bisogno di condividerlo, con tutto ciò che questo comporta: se qualcuno scopre o riscopre qualcosa di sopito mi fa ovviamente piacere.
- Un’opera come “Scultura Onda” cosa dovrebbe suscitare nell’osservatore? E cosa suscita in lei, durante la creazione?
Posso dire cosa sento io quando sono impegnata nella sequenza di quelle piccole onde che mi piace non siano perfettamente parallele: movimento ed armonia. Penso che anche in chi osserva susciti le stesse cose, ma immagino ci sarà sempre qualcuno a cui provocherà emozioni diverse.
- Se dovesse definire il suo lavoro in una sola frase, che sia un modo per convincere le persone dell’importanza delle sue opere, quale sarebbe?
Io non voglio convincere nessuno, per carità. Quello che deve accadere accade lo stesso. Preferisco lavorare con impegno, mantenendomi fedele a me stessa, sperimentare nuovi materiali e tecniche. Credo che una ricerca condotta con passione ed autenticità venga riconosciuta dal tipo di pubblico a cui voglio rivolgermi.
I lavori di Silvia Giuseppina Dal Lago possono essere trovati sul suo sito personale www.silviagiuseppinadallago.com