Trasparenza sui dati epidemiologici? Poca

Lettera aperta di Vito Totire alla Ausl, Prefettura, Ordine dei Medici e alla cittadinanza bolognese

Il 19 marzo e poi nuovamente il 30 marzo abbiamo chiesto chiarimenti alla Ausl di Bologna sui dati epidemiologici pubblicati a tutt’oggi. Il 5 aprile abbiamo chiesto una relazione epidemiologica sul carcere. Nessuna risposta in nessun caso.

Abbiamo inviato la richiesta per conoscenza anche alla Prefettura.

Nessun contatto neanche telefonico da parte della Ausl.

I dati epidemiologici non sono di proprietà della Ausl e dei funzionari regionali.

Eppure il “commissario” signor Venturi ha ritenuto di rivelare che la persona deceduta a Modena era portatrice di pregresse patologie: è stato autorizzato dalla persona stessa quando era in vita o è una sua iniziativa che rischia di attenuare – inconsciamente – eventuali responsabilità omissive di terzi in materia di prevenzione?

Pure una rappresentante del Garante nazionale delle persone private della libertà ha rivelato dati clinici relativi alla persona detenuta a Bologna e deceduta in ospedale il 2 aprile; era autorizzata a farlo? Da chi ?

Fatte queste premesse andiamo al tema generale della leggibilità dei dati pubblicati:

  1. L’Ausl di Bologna pubblica i dati relativi a una parte (quella preponderante) dei casi “occupazionali”; e sono molto significativi; ne abbiamo già parlato e torneremo sull’argomento; qui va detto tuttavia che non pare che gli stessi dati siano reperibili per altre aree territoriali extra-Ausl Bologna;
  2. I dati di mortalità: a nostro avviso devono indicare in quanti casi il virus sia stato causa, concausa determinante, concausa secondaria o mero correlato biologico; in verità non sappiamo in che misura i morti “ufficiali” siano rappresentativi del numero effettivo di morti; questi approfondimenti sono possibili anche senza autopsie e a prescindere dunque da quello che si decide caso per caso sulla autopsia (se farla o no); i dati devono essere disponibili e non a disposizione di commissari e funzionari che li rendono noti quando lo ritengono e per fini che sono da chiarire; i dati sono utili non perché nel caso di persone molto anziane consideriamo l’evento “meno grave” ma perché è necessario riflettere su eventuali variabili anagrafiche e territoriali;
  3. Ci pare confuso il quadro desumibile dai dati pubblicati in tre coorti (positivi, isolamento fiduciario e quarantena e isolamento fiduciario). In particolare: a) non è chiaro come si intrecci la coorte dei positivi con quella dell’isolamento fiduciario; vale a dire: anche alcuni positivi possono essere in isolamento fiduciario, quindi quelli indicati positivi sono i “soli positivi” e nessuno di quelli in isolamento fiduciario lo è ? O tra le persone in isolamento fiduciario vi sono positivi già però inclusi nella prima coorte ? b) l’interrogativo nasce dal fatto che secondo i parametri proposti dall’ISS nella coorte “isolamento fiduciario” possono essere compresi anche positivi asintomatici o paucisintomatici; c) la terza coorte ricomprende tutti quelli in isolamento fiduciario più quelli in quarantena dunque asintomatici e non positivi ma ancora nella fase di potenziale incubazione post-contatto (certo o sospetto che sia)?
  4. La pubblicazione dei “numeri” così come gestita è fonte di confusione; dove si manifestano picchi, in particolare se si manifestano a più di 14 giorni di distanza dalla adozione di misure restrittive adottate per tutta a popolazione, questi picchi devono essere “spiegati”; devono essere spiegati anche per evitare sentimenti di frustrazione nella popolazione che vede aumentare i casi di positività nonostante le restrizioni; occorre dunque chiarire la genesi di questi picchi: se ad esempio i picchi, come in alcuni casi parrebbe assolutamente evidente o apertamente dichiarato (San Lazzaro di Savena) sono correlati a ricerche attive in ambiti lavorativi o assistenziali (case di riposo per esempio); “chiarimenti” di questo tipo fugherebbero il dubbio di una inefficacia delle misure di distanziamento sociale e garantirebbero maggiore trasparenza e partecipazione più attiva da parte della popolazione ;
  5. Parimenti occorre fare maggiori approfondimenti su alcuni dati che potrebbero apparire anomali e che devono essere approfonditi dal punto di vista anamnestico; si è discusso ad esempio nella comunità scientifica sulla possibilità che il virus possa essere diffuso dall’inquinamento ambientale; sarebbe dunque importante valutare le differenze territoriali tra Comuni della bassa (in particolare Anzola, Castenaso, Medicina , Molinella, Casalecchio…) e Comuni dell’Appennino; la citazione che facciamo di Castenaso è relativa alla presenza del’inceneritore e alla ipotesi rilanciata di recente da singoli ricercatori e anche dalla Società italiana di medicina ambientale; se poi invece il profilo anamnestico dei “casi” da Anzola Emilia a Castenaso fosse simile a quello di tutti gli altri Comuni, tanto “meglio” in quanto – non avendo tesi da dimostrare a priori – avremmo semplicemente una disconferma della ipotesi di diffusione del virus a distanze eccedenti il raggio delle droplets e delle goccioline di areosol;
  6. Anche la ipotesi dell’attecchimento di un particolare e più aggressivo fenotipo del coronavirus nel comune di Medicina – ipotesi inquietante per quello che significherebbe sia per Medicina che per la capacità di mutazione del virus – deve essere sottoposta a rigoroso confronto con i criteri della valutazione anamnestica differenziale:
  7. Grande importanza anche la anamnesi differenziale fra positivi e positivi evoluti verso evento infausto; anamnesi che non si esaurisce nella età e nella differenza di genere ma in cui occorre includere altri fattori di rischio (oltre a patologie importanti o predisponenti) come tabagismo e pregresse esposizioni professionali; numerosi richiami sono stati fatti, senza esiti concreti, su questo argomento dalle associazioni degli ex-esposti ad amianto;
  8. La Ausl dovrebbe acquisire, in tempo reale, i dati Inail per meglio collocare i dati occupazionali nel contesto generale dei soggetti positivi, malati e deceduti; al punto 1) abbiamo fatto riferimento ai dati occupazionali, ma non è possibile che i dati occupazionali riguardino SOLO il comparto socio-sanitario, precisato che quanto già evidente sui casi occupazionali (per “fortuna” almeno a Bologna questi dati, sia pure parziali, esistono) contribuisce a chiarire molto la dinamica dell’epidemia e la sua evidente correlazione con la omissione colposa delle più elementari misure di prevenzione nei luoghi di lavoro; una approfondita valutazione anamnestica darebbe importantissimi dati sulla efficacia di ogni singolo sistema di protezione utilizzato (“nulla”? mascherina chirurgica? N95? FFP2? FFP3 ? Altro?).

In definitiva occorre, a nostro parere, garantire possibilità di comunicazione con gli operatori di sanità pubblica e la possibilità sia di porre quesiti che di accedere ai dati sanitari (ovviamente su base anonima con garanzia della privacy).

Siamo convinti che la trasparenza giovi alla partecipazione attiva, alla democrazia , alla coesione sociale e alla salute della collettività.

Le zone grigie, la divulgazione di dati di difficile o impossibile interpretazione, la chiusura e autoreferenzialità delle strutture pubbliche, rischiano di indurre confusione che sarebbe evitabile, sfiducia e ansia reattiva.

Infine: ho/abbiamo dato la mia/nostra disponibilità ai sindaci della Unione Comuni Idice-Savena e al comune di San Lazzaro di Savena (nella ipotesi di una sperimentazione locale) a fornire consulenza gratuita per la valutazione e interpretazione epidemiologica dei dati locali.

Nell’Ottocento – ai tempi delle epidemie di colera – nel comitato di sanità era presente un medico, l’ufficiale sanitario o il medico condotto. Oggi nei comitati comunali è garantita la presenza di un medico con esperienza in epidemiologia?

Non abbiamo ricevuto nessuna risposta; è sufficiente il flusso di informazioni proveniente dalla Ausl con conseguente diffusione delle tabelle pubblicate quotidianamente?

Prendiamo atto del disinteresse e facciamo comunque i migliori auguri di buon lavoro a tutti.

Ovviamente andiamo avanti: il nostro obiettivo rimane, come appartenenti alla comunità, di avere accesso – riteniamo nell’interesse di tutti – ai dati “anonimi e biostatistici” che vanno interpretati e che per poter essere interpretati devono essere il più possibile esaustivi.

(*) Vito Totire, medico chirurgo, è portavoce del Coordinamento per l’ecologia sociale (circolo Chico Mendes, centro Francesco Lorusso e AEA, l’associazione esposti amianto)

L’IMMAGINE – scelta dalla “bottega” – E’ DI GIULIANO SPAGNUL

Redazione
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Un commento

  • Caro Totire
    non credo che in Emilia-Romagna la gestione della pnademia sia diversa da quella che abbiamo visto all’opera in altre regioni … è ormai assodato che i dati ufficiali siano fasulli cioè in forte difetto sia perché le struttire sanitarie disastrate non potevano far fronte alla pandemia, sia perché le autorità vogliono contenere il numero die morti di cui sono responsabili … probabilmente i morti sono fra 3 e 5 volte quelli ufficiali e i contaminati anche 10 volte per non parlare degli asintomatici o paucisintomatici che saranno ancora di più
    lo scandalo è l’avr conferito la gestione della pandemia alla protezione civile che di fatto non fa nulla se non gestire dati fasulli e legittimare la gestione militare-poliziesca e il confinamento esasperato tranne che per i lavoratori obbligati a lavorare quindi a contagiarsi e diventare contagiosi …
    saluto
    turi palidda

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