Trittico delle riflessioni – 2: Una società di fratelli

(appendice al trittico dell’orgoglio comunista)
di Mauro Antonio Miglieruolo
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Il mondo, ahimé! è governato dall’avidità, dalla propensione al furto, dalla libidine dell’inganno. Punti di vista perversi corrodono gli animi, oscurando la capacità medesima di vedere nelle cose. Cosicché l’inganno moltiplica, il furto si espande, l’avidità diventa virtù: il mezzo per garantirsi la sopravvivenza. Nella società di tutti contro tutti

 l’accumulare mezzi sottraendoli agli altri non è solo ammesso, è necessario. È programmato, stimato, incoraggiato. Per non entrare nella schiera dei non garantiti, cioè a coloro a cui non spetta nulla di diritto, nonostante ogni menzognera proclamazione dei diritti, occorre entrare nella logica asociale dell’ognuno per se e Dio per tutti. Cioè l’arraffa arraffa e tanti saluti alle proclamazioni di principio (quando queste stesse proclamazioni non costituiscono una bestialità esse stesse. Tipo: chi per la patria muor, vissuto è assai). I lavoratori godono soltanto dei diritti che, per mezzo di grandi lotte, mettendo in campo grandi sforzi e sopportando persecuzioni, riescono a far riconoscere agli agenti del capitale. E ne godono finché sono in grado di difenderli, quei diritti. Finché non iniziano a nutrire illusioni sulla disponibilità dei cosiddetti “partiti democratici e partiti socialisti” a sostenere le loro richieste e a mantenere le loro conquiste.

Dimostrazione di soldati

Dimostrazione di soldati

Purtroppo le grande conquiste politiche, economiche, ideologiche, etiche e culturali del passato, conquiste che includevano la costruzione di partiti determinati nelle difesa del lavoro (partiti comunisti), nonché di partiti borghesi che, sia pur con estrema moderazione, facevano loro concorrenza sul piano rivendicativo per sottrarre il più dei consensi possibili (e quindi rendere meno efficace l’azione dei primi), sono ormai state quasi del tutto riassorbite. Al punto che si stenta anche solo a pensare alla possibilità, necessaria e imminente, del loro rilancio. Ma non è con il danno esclusivo del lavoro che tutto questo avviene. È l’intera società a involversi, a procedere verso forme accentuate di barbarie sociale e civile. Poiché la borghesia non è più in grado di assicurare progresso (assicura anzi regresso) e la crescente oppressione dei lavoratori produttivi, unica classe in grado di riprendere il cammino della civilizzazione, tutti i settori soffrono, anche se in misura meno accentuata, delle sofferenze del lavoro. Viviamo nella decadenza e nel declino generale, trascinandoci verso un abisso in cui rischiamo di precipitare, senza che apparentemente vi sia alcun Dio che ci possa salvare. O lo faremo da soli, ignoro per quali vie, se non per quella maestra delle lotte di massa, che però non si sa come innescare. Scaturiranno probabilmente all’improvviso, con germinazione spontanea, dando avvio a una nuova storia e possibilità d’esistenza a nuove formazioni autenticamente comuniste (come è stato per il 1905, il 1917, il Sessantotto e oggi con la Primavera Araba, i cui effetti tardano ad apparire, ma è sicuro appariranno); oppure rimarremo per sempre nelle tenebre, in un ambito nebbioso dove tutto è poco trasparente, ogni evento appare indecifrabile e al rovescio di come sono. Bisognerà pure decidersi, una volta o l’altra, a rimetterle al loro posto.
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Trotsky e l'armata rossa

Trotsky e l’armata rossa

C’è un modo solo per iniziare a farlo. Chiedendo conto del tanto dichiarato e il quasi nulla applicato ai signori rappresentanti del popolo, che invece si sono dedicati esclusivamente a rappresentare gli interessi del padronato. Basterebbe solo questo per avviare processi che ci porterebbero molto lontano. Non facciamoci illusioni sulle possibilità di questo o quell’arrembatore della politica, per quanto possano essere buone le sue intenzioni e sincere la sua indignazione. È all’interno di un progetto di trasformazione radicale degli assetti del sistema (in grado di interpretare le effettive azioni ed intenzioni del padronato, che sappia individuare le frazioni vincenti all’interno del padronato, che dia respiro, idee e ideali, speranze, continuità alle lotte), che potranno essere elaborate politiche in grado di mettere con le spalle al muro gli agenti politici della borghesia e assicurare quelle piccole variazioni alle tendenze attuali che, moltiplicandosi, possono allontanarci dal precipizio.
Contro l’attuale martellante campagna ideologica che prefigura l’uscita dalla crisi (da loro provocata) e l’abbattimento del debito (da loro contratto) attraverso il pauperismo sociale, bisogna alzare alta e forte la voce per dare un altolà all’avida combriccola degli accumulatori di denaro; per affermare che la precedenza spetta al benessere delle persone. Bisogna alzare alta e forte la voce soprattutto per introdurre elementi di egemonia di classe che siano di disturbo per l’egemonia borghese. Che si sappia, gli interessi del proletariato sono i medesimi delle larghe masse. Chiunque sia stanco dell’attuale folle gestione dell’economia, dei valori (sostituiti da disvalori) non può che rivolgersi al proletariato per costruire quella vasta alleanza in grado di imporre una svolta radicale agli eventi, preludio della rottura rivoluzionaria che affiderà nelle mani dei lavoratori, produttivi e non, dei tecnici, degli impiegati, degli studenti e dei lavoratori in quiescenza, la gestione della società.
Per creare una comunità di fratelli, non uno sterminato esercito di individui l’un contro l’altro armati. Per una comunità in cui non solo il frutto complessivo del lavoro sia diviso più equamente, ma siano divisi equamente anche i lavori usuranti e sgradevoli. A quel punto e solo a quel punto il mondo cambierà e vedrà finalmente fiorire l’onestà, la generosità, la sincerità e la concordia. A quel punto inizieranno a fiorire le speranze.
Ma a quel punto noi avremo fatto come la Russia…

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Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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