Trump, Twitter, libera informazione, dio mercato e …

e altre cosucce

Fabrizio Melodia nella puntata 185 di «Ci manca(va) un Venerdì» si chiede se la Casa Bianca assalti se stessa o se il problema sia altrove

LA “BOTTEGA” SI PERMETTE DI CONSIGLIARVI UN BRANO MUSICALE PER ACCOMPAGNARE LA LETTURA DI QUESTO POST (e oltre: dura quasi 30 minuti): è https://www.youtube.com/watch?v=7NpONnv2V0Q&fbclid=IwAR2djMt1X6AMZs4shH3IloeG8EpuyKVrsOHaXTlveJU02XY-z3Z39xblDTU di William Parker; è bello come il titolo ovvero «Criminals in The White House».


«C’è un problema di fondo, che è al di là e al di fuori di Trump. E’ inaudito che imprenditori privati possano controllare e decidere loro chi possa parlare alla gente e chi no. Doveva esserci un’autorità ovviamente terza, di carattere politico che decide se qualche messaggio che circola in rete è osceno, come certamente sono quelli di Trump» tuona il filosofo Massimo Cacciari alla luce dei fatti di Capitol Hill. Gli fa eco, per radio, il tuttologo – molto amato a destra – Diego Fusaro: «Quello che in Cina viene fatto dallo Stato, nell’Occidente liberale viene fatto direttamente dai gruppi privati, cioè da chi comanda realmente. Viene fatto dalle multinazionali, dalla finanza, dalle piattaforme digitali che spengono e accendono non diversamente da come fa il regime cinese. Finiamola dunque di dire che in Cina c’è la dittatura, mentre noi siamo liberi di esprimerci: non è così».
L’incitamento di Trump a rivoltarsi contro il risultato ottenuto da Joe Biden è un pessimo biglietto da visita per gli Stati Uniti d’America, che da sempre si auto-presentano come i portatori della miglior democrazia, anzi l’unica.

Al di là dei fatti accertabili sembra sia sufficiente spegnere un profilo Facebook, Instagram, Twitter o altro per cancellare un’esistenza. Un po’ come con la tv: ciò che non è sul video sembra quasi non esistere.
Mark Zuckerberg – patron di Facebook e ora proprietario anche di Instagram e di Whatsapp, già più volte multato per il furto di dati personali degli utenti – mette in auto una censura celere. Altri social lo seguono a ruota.

Ma che fare con un fomentatore di piazze come Trump? Da sempre si incita all’odio facendo perno sulla pancia affamata delle persone: negli Usa “covidizzati” di oggi c’è una crisi di lavoro quasi senza precedenti e a cui i presidenti in carica dal 2008 non danno risposte… salvando solamente le banche e i mercati. In questi giorni anche Biden sta formando una squadra “forte” di immagine ma soprattutto con elementi legati ai mercati finanziari e a Wall Street.

Eppure in mezzo a crisi e stragi da Covid, a suprematisti bianchi all’attacco (mica solo a Capitol Hill) e a nuovi focolai di guerra nel mondo suscita più scalpore la censura dei social. Come fanno notare Cacciari e Fusaro, i veri padroni sono i privati che detengono le armi social. Però per regolamento interno dei social uno dei motivi per cui si viene “bannati” (chiuso il profilo, in gergo) è proprio per incitamento all’odio o frasi violente e offensive.

Tanti anni prima il regista italiano Alessandro Blasetti – storico fondatore di Cinecittà e fiancheggiatore del fascismo – disse: «La censura è un male necessario come lo Stato. […] La censura, nei secoli odiosa, sarà per i secoli necessaria specialmente per uno spettacolo a vastissima diffusione popolare come quello cinematografico. Censura per la difesa dello Stato, male inevitabile e dunque accettato, censura per la difesa dei confini morali che un aggiornato senso dell’etica ritiene opportuno non valicare».
Cacciari fa notare che oggi manca una Autorità esterna. Ma queste entità esistono, sia in Italia che negli USA però non intervengono. Come mai?
Federico Fellini ebbe modo di notare: «La censura è sempre uno strumento politico, non certo intellettuale. Strumento intellettuale è la critica, che presuppone la conoscenza di ciò che si giudica e combatte. Criticare non è distruggere, ma ricondurre un oggetto al giusto posto nel processo degli oggetti. Censurare è distruggere, o almeno opporsi al processo del reale. C’è una censura italiana che non è invenzione di un partito politico ma che è naturale al costume stesso italiano. C’è il timore dell’autorità e del dogma, la sottomissione al canone e alla formula, che ci hanno fatto molto ossequienti. Tutto questo conduce dritti alla censura. Se non ci fosse la censura gli italiani se la farebbero da soli».
Essere ossequiosi al dogma oggi significa forse «privato è bello»? Il ritornello del mercato neoliberista è proprio la supremazia del Mercato rispetto ai governi. I soldi comandano, non di certo l’assemblea dei cittadini. Ecco l’autocensura del popolo, che vuole l’ennesimo miliardario (Trump, Berlusconi o Zuckerberg) al governo o al potere perché – si dice – solo chi sa far soldi può sfamare i poveri. Una balla vecchia quanto il Big Bang.
Il serpente si morde la coda. Il potere pubblico favorisce il privato: per esempio ha permesso a Zuckerberg e soci di creare “la vita alternativa” per sfuggire alla realtà sempre più insopportabile. E intanto Zuckerberg-Facebook pullula di persone che ogni giorno incitano a odio, violenza, pedopornografia, intolleranza religiosa, razzismi vari.

Dobbiamo temere di più il potere del privato o l’atto di guerra civile promosso da un presidente perdente (però 4 anni fa eletto)?

Federico II di Prussia si lasciò andare così: «Quel che mi stupisce è che il mondo non diventa mai più avveduto. Anche dopo che si è visto quel che valgono le guarentigie scritte, la gente si fa ancora gabbare dai trattati: gli uomini sono una genìa di stupidi».

Nell’immagine il post in cui Trump continuava ad accusare Biden di aver rubato le elezioni: prontamente eliminato dai moderatori di Twitter in base al regolamento del social network.

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

3 commenti

  • Quando ho visto il ban di trump da tutti i social ho avuto una strana sensazione. Come avessi avuto un deja vu che non avrei voluto vedere. Per cercare di chiarire questa sensazione ho fatto un esperimento sostituendo la parola Trump con la parola Obama. Se a Obama fosse successo quello che è successo a Trump, se fosse stato buttato fuori da tutti i social che contano, come avrei reagito? Mi son anche risposto che tanto non essendo io sui social che contano da un pezzo, in fondo chi se ne frega. Che il problema sono i social e non la democrazia.

    Eppure questa cosa l’avevo vista già di recente. Quando Gab cambiò la sua piattaforma, e la spostò su mastodon in activitypub, ricevette due reazioni. La prima: molte istanze Mastodon bloccarono Gab (cosa secondo i miei standard imperfetti di democrazia quasi accettabile) e Fedilab, l’app che de-facto permette di vedere i contenuti Mastodon – quindi anche Gab – fu sbattuta fuori dal Google Play Store per non aver esplicitamente bloccato Gab. Ok, non era censura, era soltanto una decisione privata di una azienda privata. Ma generata da quale retro pensiero? I nostri si, i loro no? Noi siamo democratici, loro sono antidemocratici? Nella “coalition of the willing” c’era anche la democraticissima Gran Bretagna del democraticissimo Tony Blair. I bombardamenti alla Yugoslavia per abbattere quel criminale di Slobodan Milosevic vennero ingaggiati dal democraticissimo Bill Clinton. E così via i pensieri si accavallavano uno dopo l’altro.

    Poi ho pensato a qualcosa che, scrivendo un libro (spoiler) ho trovato relativo alla internet dei primi anni 2000. Se ti ricordi, Yahoo quando apparve Google cominciò a perdere quote di mercato, e cercò rifugio in Cina. E Yahoo siglò un patto col diavolo: il governo cinese avrebbe permesso al gigante della dotcom di entrare nel suo territorio solo a patto di poter ispezionare, a richiesta, la navigazione degli utenti. Avvenne che il giornalista cinese Shin Tao, nel tentativo di diffondere un meeting per commemorare la tragedia di Piazza Tienanmen, utilizzò un suo account email sotto il dominio Yahoo. Il giornalista venne trovato, indagato, processato e incarcerato per 10 anni.

    Quello che continuo a domandarmi è: perché la Cina che blocca Shin Tao è brutta e cattiva, mentre Facebook – Twitter – Amazon che bloccano Trump sono buoni e democratici? Non ci eravamo detti che Internet doveva permettere la libertà di parola a tutti e che sarebbe stata la gente, il popolo, il processo democratico a emarginare le posizioni sbagliate? Che l’intelligenza collettiva sarebbe stata la soluzione? Perché abbiamo cominciato a delegare, e abbiamo cominciato a dire che sia cosa buona e giusta? Son troppo vecchio per ricordarmi i discorsi che facevamo negli hackmeeting e nei linux day?

  • Corrado Seletti

    AL DI LÀ DI OGNI CONSIDERAZIONE SU TRUMP OGGI E DI EVENTUALI SUCCESSIVE SU BIDEN DOMANI, HA RAGIONE CACCIARI.
    MI SPIEGO MEGLIO, AI “COLOSSI” DELLA COMUNICAZIONE GLOBALE, FINANCO DELL’ECONOMIA E DELLA FINANZA GLOBALE, IL SOSPETTO È CHE + O – SIANO SEMPRE GLI STESSI, SE COSÌ NON FOSSE ESISTE DI CERTO UN INTRECCIO, SERVE ORA + CHE MAI UNA SOCIETÀ OMOLOGATA.
    A PENSARCI BENE, IL DADO DA TANTO TEMPO ERA STATO TRATTO, TUTTI NOI DISTRATTI!
    (PP. Pasolini docet)

  • Gian Marco Martignoni

    Zuckerberg dopo aver sostenuto Trump e quindi le sue falangi armate – guardandosi bene dal rimuovere in questi anni i contenuti incitanti odio e quant’altro – , oggi , a tempo scaduto, ci ripensa . A pensar male ci si azzecca : nulla contro Cacciari e Fusaro ,ma poichè si profila aria di regolamentazione ( ? ) delle multinazionali digitali, il muro contro muro non paga più .

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