Ttip: l’11 ottobre fermiamolo insieme

di Monica Di Sisto

Cittadini e movimenti si preparano in tutta Europa per la «Giornata d’azione» contro il Trattato di liberalizzazione degli scambi e degli investimenti fra Usa e Ue. Sotto attacco non soltanto servizi pubblici e beni comuni, a rischio di privatizzazioni e svendite selvagge, ma quegli standard come la sicurezza dei cibi, dell’ambiente, dei luoghi di lavoro, della chimica, gli stessi contratti di lavoro, rispetto ai quali Europa e Stati Uniti hanno idee e pratiche molto diverse. (*)

Società civile, sindacati, contadini, movimenti e attivisti di tutta Europa hanno lanciato una «Giornata d’Azione» decentrata per l’11 ottobre 2014, con l’obiettivo di promuovere quante più azioni possibili e rendere visibile questo tema alla maggior parte dell’opinione pubblica, anche italiana, per bloccare i negoziati di liberalizzazione commerciale in corso fra Europa e Stati Uniti. Si chiama Ttip, cioè Transatlantic Trade and Investment Partnership (partenariato transatlantico su commercio e investimenti) ed è l’ennesima minaccia alla democrazia che vorrebbero venderci come una delle soluzioni più efficaci per uscire dalla crisi permettendo alle imprese europee di fare più affari negli Stati Uniti. Il 14 ottobre alle 16 a Roma, a piazza Loreto, mentre Renzi accoglie Confindustria e ministri al commercio di tutta Europa per raccontare il contributo, la «Campagna Stop T-Tip Italia» convoca un presidio per cominciare a far emergere anche in piazza la contrarietà di tante e tanti che si ribellano all’ennesima svendita annunciata di diritti e beni comuni.

Perché ci dobbiamo preoccupare? Perché il trattato, in realtà, vuole creare una sorta di spazio comune di mercato fra noi e gli Usa, bypassando il più possibile non tanto dazi e quote – mediamente già bassi fra loro e noi – ma tutte quelle regole che fra le due sponde dell’Oceano abbiamo liberamente posto ai nostri consumi, alle nostre produzioni, al nostro vivere quotidiano. Sotto attacco sono infatti non soltanto servizi pubblici e beni comuni, a rischio di privatizzazioni e svendite selvagge, ma tutti quegli standard come la sicurezza dei cibi, dell’ambiente, dei luoghi di lavoro, della chimica e gli stessi contratti di lavoro, rispetto ai quali fra Europa e Stati Uniti non abbiamo soltanto legislazioni differenti ma idee e pratiche molto diverse.

Il trattato innanzitutto viene negoziato in segreto fra la Commissione europea e il ministero del Commercio Usa: non c’è accesso alle bozze dei testi dell’accordo – nemmeno per i membri del Parlamento europeo o dei Parlamenti nazionali – quindi la maggior parte delle cose che sappiamo arrivano da documenti che non avremmo mai dovuto avere. Con la scusa di migliorare il commercio fra le due sponde dell’Atlantico insomma, i regolamenti disegnati per difendere l’ambiente, i diritti dei lavoratori, i servizi pubblici e gli standard pensati per proteggere i consumatori, saranno ridotti nel minor tempo possibile al minimo comune denominatore. Questo si tradurrà, ad esempio, in una riduzione della regolazione sugli investimenti negli Stati Uniti e in standard più bassi di sicurezza alimentare o per l’utilizzo dei prodotti chimici in Europa.

Le corporation avranno il diritto di chiamare in giudizio gli Stati che introducessero leggi o regolamenti che potrebbero danneggiare i loro profitti. Questo accadrebbe attraverso meccanismi di arbitrato internazionale che bypasserebbero completamente la giustizia ordinaria. Questa forma di giustizia privata metterebbe a rischio l’intera giurisprudenza.

Movimenti, comitati, realtà della società civile e attivisti di tutta Europa si stanno opponendo a questi accordi da più di un anno:

–             Raccogliendo, producendo e condividendo informazioni attraverso siti web, piattaforme, media alternativi, incontri grandi e piccoli;

–             Organizzando campagne e proteste a livello locale e nazionale;

–             Organizzando petizioni e partecipando alle consultazioni pubbliche;

–             Contattando e coinvolgendo i membri dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo

–             Mettendo sotto pressione i governi europei perché respingano questi accordi.

Come «Campagna STOP Ttip Italia» – cui aderiscono oltre 80 organizzazioni, gruppi, sindacati, associazioni e partiti – chiediamo a tutti i cittadini italiani di organizzarsi e di lavorare con creatività: incontri, volantinaggi, azioni simboliche, campagne social, tweet storming, mozioni di sfiducia presso Comuni e regioni, lettere di pressione per i parlamentari ed europarlamentari eletti nel proprio territorio: vale tutto, per sventare l’ennesimo pericolo di svendita dei nostri diritti, del nostro domani.

Per segnalare le vostre iniziative: stopttipitalia@gmail.com

La mappa di chi dice no in tutta Europa (con i primi appuntamenti e tutti i materiali da scaricare) è qui: http://www.stop-ttip-ceta-tisa.eu/it/

(*) Monica Di Sisto è vicepresidente dell’associazione Fairwatch (fra i promotori della «Campagna Stop Ttip Italia»). Ho ripreso il suo articolo da «Comune Info» che non mi stanco di consigliarvi. Sulla campagna contro il Ttip qui in blog trovate altri interventi e dossier. (db)

 

Redazione
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